Oggi ho discusso in Aula l’interpellanza urgente al ministro degli Esteri sul caso di Julian Assange. Questa vicenda vergognosamente ingiusta coinvolge un giornalista che ci ha permesso di conoscere, non dopo decenni ma in tempo reale, con prove documentate, dei crimini commessi dai governi – come le torture a Guantanamo, i rifiuti tossici versati nei nostri mari, le vere facce delle guerre in Iraq e Afghanistan, la propaganda per addomesticare l’opinione pubblica a favore dell’escalation militare, le lettere diplomatiche tra gli Stati Uniti e l’Italia in cui è evidente la nostra sudditanza agli Usa.

Il 5 aprile 2010 Julian Assange ha pubblicato un video segreto dal titolo Collateral Murder, in cui si vedeva un elicottero americano Apache sterminare civili inermi a Baghdad, mentre l’equipaggio rideva. Il filmato risaliva al 12 luglio 2007 ed era un file del Pentagono. Le riprese erano state effettuate in tempo reale da uno dei due elicotteri Apache che quel giorno sorvolavano la città a caccia di ribelli e documentavano la strage senza filtri o censure. Una quindicina di civili, tra cui un apprezzato fotografo di guerra di ventidue anni e il suo assistente e autista di quaranta, che lavoravano entrambi per l’agenzia di stampa internazionale Reuters, furono fatti a pezzi da proiettili calibro 30 millimetri in dotazione all’Apache, mentre due bambini iracheni furono feriti in modo gravissimo.

Il loro padre, alla guida di un furgone, si era fermato per soccorrere l’autista del fotografo della Reuters che giaceva a terra gravemente ferito, ma l’elicottero crivellò di colpi lui e finì il superstite. Solo i due piccoli di cinque e dieci anni, che sedevano nella parte posteriore del veicolo, si salvarono per miracolo, riportando però ferite molto gravi.

A quanto pare, tutto lo spettacolo doveva aver provocato soddisfazione tra l’equipaggio, viste le conversazioni catturate dal video. “All right – diceva uno di loro ridendo – li ho colpiti”. E ancora: “Guarda quei bastardi morti”. Inizialmente le autorità americane avevano dichiarato che quelli uccisi erano guerriglieri e poi che l’attacco era avvenuto nell’ambito di un’operazione di combattimento con forze ostili. Poi si è scoperto che erano tutte menzogne.

Nel giugno 2010 il magazine americano Wired rivelò che, in Iraq, un ragazzo statunitense di appena ventidue anni era stato arrestato dopo aver raccontato in chat di essere stato lui ad aver passato a WikiLeaks il video Collateral Murder e altre centinaia di migliaia di documenti segreti del governo Usa. Il ventiduenne si chiamava Bradley Manning ed era un analista dell’intelligence dell’esercito degli Stati Uniti in missione in Iraq, che ha pagato duramente questo suo gesto di coscienza e giustizia. Sempre grazie ad Assange conosciamo gli Afghan War Logs, pubblicati il 25 luglio 2010, che mandarono il Pentagono su tutte le furie. Si trattava di 76.910 report segreti sulla guerra in Afghanistan compilati dai soldati americani sul campo tra il gennaio del 2004 e il dicembre del 2009, uno squarcio senza precedenti in quel conflitto lontano e ignorato.

Questi file rimangono l’unica fonte pubblica che permette di ricostruire attacchi, morti, assassini stragiudiziali avvenuti in Afghanistan tra il 2004 e il 2009. Julian Assange ha smontato la macchina delle bugie delle guerre che non esportano democrazie né tutele per i diritti umani, ma servono a finanziare il comparto militare industriale, il business delle armi e del riciclaggio di denaro, l’escalation militare. Un livello di potere invisibile che non vuole la luce ma vuole operare nelle tenebre in modo da avere le mani libere.

Come Assange ci ha detto, l’obiettivo della guerra, con riferimento per esempio, all’Afghanistan, non è vincerla, l’obiettivo è una guerra duratura perché più dura e più soldi provenienti dalle tasse dei cittadini europei e americani usciranno dalle nostre tasche per finanziare il comparto militare industriale, le fabbriche di armi e tutto il business di denaro e potere che ruota attorno.

E lo sappiamo bene anche noi, in Italia, dove quel livello di potere non è stato mai toccato e dove sono ancora oscuri i mandanti, gli organizzatori, i finanziatori delle stragi che hanno insanguinato il Paese e ostacolato e depistato la verità e la giustizia fino a oggi.

Julian Assange ha avuto il coraggio di sfidare quel potere e di metterlo alla luce del sole e per questo motivo da 14 anni non cammina più da uomo libero per la strada, la sua vita è stata distrutta e ora, se verrà estradato, rischierà fino a 175 anni di carcere negli Stati Uniti. In quello stesso Paese in cui la CIA, la più potente Agenzia di Intelligence al mondo, aveva preparato un piano per ammazzarlo. Come si può pensare che possa essere estradato lì? Che giusto processo è questo? Lo Stato non può e non deve avere segreti e in galera ci deve finire chi i crimini di guerra li commette, non chi si oppone mediante l’informazione.

L’informazione libera non è reato, svelare crimini non è un reato e le persone per bene lo sanno, viste le tante manifestazioni in piazza per Assange, le associazioni che mantengono alta l’attenzione su di lui, come Free Assange Italia, i giornalisti che denunciano i pericoli di ciò che sta accadendo, come Stefania Maurizi, i comuni italiani che hanno conferito la cittadinanza onoraria al fondatore di Wikileaks.

Julian Assange è un giornalista, non un criminale: deve essere liberato.
Libertà per Julian Assange.

Articolo Precedente

Nuova gaffe per Biden: l’egiziano al-Sisi diventa il presidente del Messico – Video

next
Articolo Successivo

Gaza, Netanyahu ordina l’evacuazione dei civili dall’area di Rafah: ma ci sono quasi 2 milioni di sfollati. Anp: “Sarebbe una nuova Nakba”

next