È iniziato nell’Aula del Senato il voto sul ddl Nordio, il primo (e finora unico) tassello della riforma penale promessa dal ministro della Giustizia. Con 99 voti a favore, quelli della maggioranza più Azione e Italia viva, cinquanta contrari (Pd, Movimento 5 stelle e Verdi-Sinistra) e otto astenuti, è stato approvato l’articolo 1 del provvedimento, cioè l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio previsto dall’articolo 323 del codice penale: una scelta che, come hanno avvertito quasi tutti gli addetti ai lavori, rischia di creare spazi di impunità e di porsi in contrasto con il diritto europeo e sovranazionale. Ma non è l’unica previsione controversa: il testo – approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso giugno – depotenzia il traffico d’influenze, impone limiti alla pubblicazione delle intercettazioni e introduce l’interrogatorio preventivo dell’indagato, obbligatorio prima di disporre qualsiasi misura cautelare. L’esame del provvedimento è stato interrotto nel pomeriggio per via di un impegno della relatrice, la leghista Giulia Bongiorno: riprenderà giovedì alle 9:30. Subito dopo, l’assemblea di palazzo Madama ha ripreso l’esame della legge di delegazione europea, in cui alla Camera è stato inserito un emendamento di Azione per impedire ai giornalisti la pubblicazione dell’ordinanza di custodia cautelare.

Martedì erano state respinte le questioni pregiudiziali (presentate da Pd, Movimento 5 stelle e Alleanza Verdi e Sinistra) e si era svolta la discussione generale: mercoledì si è iniziato a votare gli emendamenti e i singoli articoli. In mattinata è stata respinta, con 107 no e 56 sì, la richiesta del Pd di non passare all’esame degli articoli, tornando in commissione. È quindi iniziata l’illustrazione e l’esame degli emendamenti, su 17 dei quali è stato concesso il voto segreto. Il primo di questi, una proposta del senatore M5s Roberto Scarpinato (ex magistrato antimafia) che chiedeva di non abolire l’abuso d’ufficio, ma rimodularlo sulla base dell’indirizzo prevalente della Cassazione, ha ottenuto solo trenta voti a favore, quelli del gruppo pentastellato: il Pd ha votato contro. Martedì in discussione generale Scarpinato ha sostenuto l’incostituzionalità del ddl: in particolare, ha detto, “la norma che, cancellando il reato di abuso d’ufficio, legalizza lo sfruttamento ai fini clientelari e nepotistici del potere pubblico, normalizza il conflitto di interessi, autorizza l’abuso del potere contro i cittadini per odiosi fini ritorsivi, è in palese contrasto con i valori di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione tutelati dall’articolo 97 della Costituzione, e viola l’articolo 24 che garantisce ai cittadini la possibilità di agire in giudizio per la tutela dei loro diritti” (il video dell’intervento integrale). Una tesi non condivisa dal presidente dell’Associazione nazionale magistrati (il “sindacato” di giudici e pm) Giuseppe Santalucia: “Non vogliamo usare paroloni come “attentato alla costituzione” a ogni pie’ sospinto. Ci sono però norme sbagliate, anche se non toccano la Costituzione”, ha detto stamattina, ospite di Omnibus su La7.

Mercoledì in Aula Scarpinato è tornato all’attacco: “Aboliscono l’abuso d’ufficio agitando la cosiddetta paura della firma, ma noi abbiamo fatto notare loro che il governo Conte nel 2020 ha cancellato dal sindacato del giudice tutti gli atti discrezionali degli amministratori pubblici. È abuso d’ufficio la violazione di regole tassative previste dalla legge dalle quali non residuino margini di discrezionalità. Dov’è la paura della firma? Non rispondono, silenzio. È abuso d’ufficio anche quando un pubblico amministratore viola il dovere di astenersi in presenza di interesse personale o quando abusa del suo potere per danneggiare i cittadini. Dov’è la paura della firma? Anche qui non rispondono. Affermano che ce lo chiedono i sindaci? Ma quel reato riguarda anche o innanzitutto i magistrati, i medici, i poliziotti, genericamente migliaia di pubblici amministratori. Nemmeno su questo ci rispondono. Governo e maggioranza non rispondono, perché la verità è che la loro è una scelta politica di giustizia classista che vuole salvare i potenti”.

Il via libera al testo è atteso con ampia maggioranza: oltre al sì del centrodestra, arriverà sicuramente anche quello dei senatori renziani e calendiani. “Abrogazione abuso d’ufficio, tutela dei terzi nella diffusione delle intercettazioni, giudice collegiale per la custodia cautelare, interrogatorio prima dell’arresto: sono nostre proposte in Parlamento che il ddl Nordio ha recepito. Per questo voteremo a favore”, rivendica su Twitter Enrico Costa, deputato e “falco garantista” di Azione. Il suo leader Carlo Calenda, invece, si scaglia contro il Partito democratico, che ha annunciato il no al provvedimento: “Il modo in cui si sta arrampicando sugli specchi per spiegare perché è contrario all’abolizione dell’abuso di ufficio contro il parere di tutti i suoi amministratori è oggettivamente imbarazzante. Un partito che per inseguire i 5s è approdato al populismo giudiziario”, scrive sui social. Anche Renzi in Aula attacca il proprio ex partito, accusandolo di eccessiva vicinanza al Movimento 5 stelle e in particolare al senatore Scarpinato: “Il fatto che in quest’aula il Pd abbia scelto di sostenere le tesi di Scarpinato e non dei sindaci del Pd, mi impone di prendere la parola per dire che in questo paese i tanti sindaci e assessori del Pd oggi hanno una risposta politica alle loro richieste, peccato che arrivi dall’altra parte politica“.

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