È stata la sola donna, in ben 74 anni di Festival di Sanremo, ad aver ricoperto le carica di Commissario (o Commissaria?) artistico (o artistica?) della manifestazione canora più seguita d’Italia. Fu nel ’97. Carla Vistarini, paroliera (ha scritto, fra molti altri, testi di canzoni per Ornella Vanoni, Patty Pravo e Mina collaborando con decine fra i maggiori artisti musicali), è anche sceneggiatrice (ha vinto il David di Donatello nel ’95 per Nemici d’infanzia di Gigi Magni) ed è stata autrice televisiva fin dagli anni 70, oltre che organizzatrice del concerto Pavarotti & Friends. È figlia d’arte: suo padre era l’attore Franco Silva, una trentina di film al suo attivo, dalla fine degli anni Trenta a metà Ottanta, fra cui alcuni peplum, scelto anche per il suo fisico scolpito; e sua sorella è Mita Medici (nome d’arte di Patrizia Vistarini, attrice iconica per gli adolescenti anni ’60 in Pronto… c’è una certa Giuliana per te di Massimo Franciosa).

Insomma, un curriculum di tutto rispetto quello di Carla Vistarini che, però, a Sanremo non fu mai più richiamata. I Commissari artistici della rassegna canora più nota del Paese sono stati (fino ad oggi) sempre maschi. Un caso? Ma non basta: come ricorda in Anche Mozart copiava e plagiava i Beatles (Minerva, 2023), titolo volutamente paradossale del recente saggio di Michele Bovi, giornalista che da trent’anni si occupa di musica, la Vistarini venne anche beffata da Franco Califano (che fu, peraltro, compagno della sorella Mita): la Vistarini aveva scritto il testo de La nevicata del ’56 per Mia Martini. Peccato che il Califfo ne modificò il testo, traslandolo al maschile, e l’autrice fu costretta a ricorrere a vie legali. Ricorda ancora Bovi che in 73 edizioni del Festival di Sanremo, fra le “circa duemila vertenze in materia di illeciti, brogli, accuse di plagio, soltanto due donne sono riuscite a spuntarla, ovvero a ottenere piena soddisfazione e adeguati risarcimenti”. Un altro caso?

Già nel ’70 l’autrice musicale Maria Pia Donati Minelli aveva denunciato la canzone Taxi, cantata a Sanremo nel ’70 da Antoine. E vinse la causa solo dopo ben 14 anni di carte bollate quando, nel 1984, la Corte d’appello di Milano ordinò un risarcimento di 110 milioni di lire. Lei aveva scritto il suo brano, copiato in Taxi, che si intitolava Valzer brillante nel lontano 1948! Ci fu poi la vicenda dell’architetta genovese Chiara Biancheri: le sue scenografie vennero utilizzate senza autorizzazione dell’autrice per l’edizione 2016 del Festival, quella condotta da Carlo Conti, Mădălina Ghenea e Virginia Raffaele (chi presenta viene sempre ‘affiancato’ da donne, secondo una trita tradizione maschilista…). L’architetta ha impiegato circa sette anni per ottenere dalla Rai un risarcimento di 50mila euro.

Non che gli uomini non si siano imbattuti in cause di plagio: sono migliaia le cause (anche riguardo a successi mondiali, dal Frank Sinatra di Strangers in the night a George Harrison, alla causa arcinota fra Albano e Michael Jackson fino alla sigla dell’Eurovisione, a Bella Ciao e Bandiera rossa, agli inni delle squadre di calcio, e L’Arca di Noè di Sergio Endrigo accusata di aver scopiazzato l’inno nazionale della Slovacchia). Ma questo è un altro discorso (Bovi, nel suo libro, riporta centinaia e centinaia di casi).

Tornando a Sanremo, e alle donne, si parte dalla preistoria del Festival quando, nel ’51, esordio festivaliero, Ornella Ferrari (in arte Biri, autrice musicale per Tonina Torielli, il Quartetto Cetra, Gino Latilla, fino a Milva e Dalida) fu accusata di aver scopiazzato il testo della seconda classificata, ovvero La luna si veste d’argento presentata da Nilla Pizzi e Achille Togliani. Le venne imputato di aver plagiato addirittura la poesia di Guido Gozzano che tutti abbiamo studiato a scuola, L’amica di nonna Speranza. E la povera Jula De Palma, oggi 92enne, fu bacchettata per essere troppo sexy nell’interpretare con le sue movenze in Tua (Sanremo ’59). Tant’è che in televisione non ci andò.

Stesso atteggiamento ridicolmente censorio, anche se declinato in senso politico (e molti anni dopo…) per la cantautrice e cantastorie siciliana Rosa Balistreri che, nel ’73, prima edizione in tv a colori, fu esclusa dalla competizione (c’era il governo Andreotti) in quanto la sua canzone di denuncia sociale, Terra che non senti, venne considerata vagamente sovversiva (la motivazione ufficiale fu, invece, che il brano non era inedito). E ancora Jo Squillo che, nel ’92, venne esclusa in zona Cesarini dalla gara per il suo sexy Me gusta il movimento (anche qui si sentenziò che non era inedito). Ricordava Mario Luzzatto Fegiz gli interventi censori su A me mi piace vivere alla grande di Fanigliulo (le foglie di cocaina trasformate in bagni di candeggina), il testo di 4/3/43 di Dalla: ‘Giocava alla Madonna con il bimbo da fasciare’ che divenne ‘giocava a far la donna…’, mentre ‘e quando bestemmio e bevo vino per i ladri e le puttane sono Gesù Bambino’ fu corretto in ‘E quando gioco a carte e bevo vino per la gente del porto sono Gesù Bambino’.

Certo che da allora alla farfallina inguinale di Belen nell’edizione 2012 del Festival molte cose sono cambiate (lei stessa dichiarò: “Ho esagerato”). O no? Ai posteri l’ardua sentenza.

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