Ora è solo una questione di risorse. Il governo Meloni, in difficoltà per le proteste degli agricoltori che da giorni stanno manifestando anche in Italia, è pronto a rivedere una decisione presa solo pochi mesi fa. E riproporre – dando via libera a uno degli emendamenti parlamentari al Milleproroghe o con un provvedimento ad hoc – l’esenzione Irpef per i redditi agrari e dominicali concessa da Renzi nel 2017 e da allora sempre prorogata fino a quando, con l’ultima legge di Bilancio, la maggioranza di centrodestra ha scelto di non rifinanziarla. C’è proprio questa decisione al primo punto del cahier de doleances dei “trattori” italiani: un motivo di malcontento creato dall’esecutivo, che poco ha a che fare con le motivazioni dietro i presidi e blocchi stradali che stanno andando in scena negli altri Paesi europei dove nel mirino ci sono lo stop ai sussidi per l’acquisto di gasolio, alcune misure della Politica agricola comune e del Green Deal, il trattato Mercosur (su cui la Commissione per ora ha fatto sapere di non voler proseguire) e le importazioni di grano ucraino.

La premier sa bene che non intervenire significa offrire una sponda al vice Matteo Salvini, impegnato da settimane a farle opposizione interna e pronto a cavalcare anche le rivendicazioni dei trattori. Non è un caso se sabato, nel corso della sua visita al 3Sun gigafactory, ha cercato di presentare come una novità un fatto noto dal mese di novembre: la revisione del Pnrr approvata dalla Commissione prevede un aumento della dotazione finanziaria per l’agroalimentare da 3,68 a 6,53 miliardi di euro. Sommando anche i fondi del Piano nazionale complementare si arriva a circa 8 miliardi di euro. Nessuna novità, appunto, ma è evidente il tentativo di placare la rivolta di un mondo tradizionalmente vicino a Fratelli d’Italia, i cui buoni rapporti con Coldiretti sono noti.

Di qui anche la probabile marcia indietro sull’azzeramento dell‘imposta sui redditi dominicali (quelli generati dalla proprietà) e agrari (generati da attività agricola) riguardava i terreni dichiarati da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali. Stando alla relazione tecnica della legge di Bilancio per il 2023, costava 248 milioni all’anno. Per il 2024 la replica non è arrivata: è una delle tante tasse aumentate o ripristinate per recuperare coperture per altri provvedimenti. Insieme alla tassazione ordinaria sono tornate in vigore anche le regole per cui coltivatori e gli imprenditori agricoli devono applicare ai redditi dominicali e agrari che risultano dal catasto una rivalutazione pari all’80% per il reddito dominicale ed al 70% per il reddito agrario. Già a novembre Coldiretti, in audizione sulla manovra, aveva chiesto di inserire una nuova proroga oltre a rifinanziare l’esonero contributivo per i giovani imprenditori agricoli, coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali neo insediati.

A poco più di un mese dall’entrata in vigore della legge finanziaria, il ripensamento è in corso. Per ridurre il costo si studia però la possibilità di garantire l’esenzione solo alle categorie più deboli, escludendo le imprese agricole che hanno grandi estensioni di terreno con cui “fatturano milioni” – ha detto due giorni fa il ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida – “e non hanno pagato l’Irpef in questi anni”.

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