“Giù le mani da Sinner”, verrebbe da dire davanti all’assalto che il giovane tennista sta subendo in questi giorni dopo la vittoria agli Australian open. Per un momento lasciamo perdere il fisco e Montecarlo per parlare dei fiumi di retorica, delle lodi a non finire, degli svariati inviti a presenziare, perfino Amadeus che lo avrebbe voluto a Sanremo (e meno male che ha detto di no!). Non ultima c’è la premier, che lo invita sgarbatamente a palazzo Chigi ancor prima che vada al Quirinale, per scattare il solito selfie e dettare ai cronisti frasi memorabili, del tipo: “questa è l’Italia che ci piace”. Un più sobrio messaggio di auguri dopo il successo sarebbe stato certamente più appropriato e meno passibile di letture strumentali.

E poi lo shooting al Colosseo, dove i ministri Sangiuliano e Santanchè, ci mancavano pure loro, non hanno perso l’occasione di mostrarsi accanto al campione. Sinner, che è persona educata, non si è sottratto, ma tutta questa sarabanda da parte dei tanti protagonisti della sfera pubblica mediatizzata, di chi magari è interessato più a surfare su l’onda che a guardare una partita ed ora s’imbuca nella festa, dà veramente la nausea. Andrebbe lasciato più in pace il ventiduenne riccioluto, al suo tennis, agli allenamenti, alla sua festa e a quella degli appassionati, ai suoi affetti, alla sua vita.

Tre anni fa proprio su questo blog, da appassionato e modesto giocatore, pubblicai un post sul ragazzo di Sesto Pusteria, prima che diventasse così famoso: era l’aprile del 2021 e, dopo aver vinto il suo primo ATP (250) a Sofia, a Barcellona si era fatto notare per avere battuto Bautista e Rublev. Scrivevo che aveva talento e testa e che sarebbe di certo riuscito, anche se ancora mancava della prima di servizio e di una certa varietà di gioco (chi vuole può controllare). Non soffro dunque di snobismi. Penso allora di essere più che legittimato ad indignarmi verso la tempesta stucchevole di elogi, celebrazioni, blandizie e adulazioni che si è scatenata verso questo ragazzo, che per fortuna si dimostra abbastanza solido da poter resistere alle seduzioni mondane.

Ma le mani su Sinner ahimè le hanno messe anche tutti quegli imprenditori del successo altrui, pronti a capitalizzare con contratti, sponsorizzazioni e quant’altro, tutto ciò che è utile per sfruttare un nome vincente come il suo. Anche qui Sinner non si è sottratto alle esigenze del copione, che in questi casi ti mette nelle mani di un agente che ti dice cosa fare della tua immagine e gestisce i rapporti commerciali. Gli effetti già si vedono da tempo (naturalmente Jannik non ha colpe essendo solo l’ultimo arrivato in questo circo): il Rolex da mettere al polso prima ancora di asciugarsi il sudore a fine partita, il capo Gucci da esibire, questa e quell’altra promozione pubblicitaria.

Sommessamente gli direi soltanto di fare un po’ di attenzione, per non correre il rischio di inflazionare la sua presenza, finire in ogni minestra, come la Ferragni: resti, se ci riesce ed ha tutte le qualità umane per farlo, un passo indietro rispetto allo show business, anche quando le sirene tentatrici cantano a squarciagola. Il rifiuto di andare a Sanremo e l’allergia ai social fanno ben sperare.

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Mattarella a Sinner: “Ora nessuna pressione né a lei, né agli altri. Quello che conta è l’impegno”

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