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Sanremo 2024, la nostra analisi dei testi: ecco la frase che ci ha ‘colpito’ di più (in negativo)

Da Mahmood ai Ricchi e Poveri, passando per Il Volo. Analizziamo (senza prenderci troppo sul serio) i testi

di Davide Turrini

Potevamo stupirvi con la solita ricerca delle parole “sole, cuore, amore” nei testi dei brani di 74esimo Festival di Sanremo (ce ne sono, ma sempre meno). E invece prenderemo cinque brani emblematici per capire cosa sta succedendo tra i versi cantati in gara.

Partiamo dal pop fuso all’hip hop. Strofa, ritornello, inciso addio. Impazzano allusioni, assonanze, anglismi in uno zibaldone disarticolato da messaggini su Whatsapp e proclami da scivoli per gli skate. Capoclasse? Mahmood. Il già due volte vincitore di Sanremo in Tuta Gold sventola il segreto di Pulcinella: dove tiene i “5 cellulari nella tuta gold” il protagonista del suo omonimo brano? L’iniziazione del giovane wertheriano passa dal ricordo del “ballavamo nella zona Nord/quando mi chiamavi fra” e ha un ostinato tentativo di non riprendere il telefonino (ma che dico uno, ben 5!) in mano per richiamare qualcuno che sembra nel recente passato averlo fregato e non poco. Il testo però merita il premio Sanremo revolution 2024. “La tenda moonlight” fa rima quattro righe dopo con “testa in un night”. Si usa l’assonanza tra finali di righe “rave” e “fake” e si osa con assonanze sparse “non paragonarmi a una bitch così” seguito da “non era abbastanza noi soli sulla jeep”. Le nuove linee melodiche a Sanremo corrono sul filo dei singulti fino agli angoli bui dove l’italiano è insufficiente per mostrare stati d’animo e palpitazioni chiedendo aiuto ai fumetti onomatopeici.

I Ricchi e poveri sono rimasti in due. Addio Franco Gatti. E addio Marina Occhiena da quel dì. Tornano però in gara 32 anni dopo con un brano dance, dicono. Per carità, gli crediamo. Il titolo però – Ma non tutta la vita – sembra intanto una romanza bocelliana cantata al funerale di nonna. Un testo chilometrico, fitto, denso, probabilmente pure parlato, chissà. Intanto l’intro è omaggio, a se stessi: “Che confusione il sabato”. La leggerezza sentimentale di “Che confusione sarà perché ti amo” ci saluta per una riga sibillina: perché c’è “confusione il sabato?”. Il parcheggio per andare in centro è pieno? Lo struscio e le vasche da Zara esasperano la ricerca della rucola bio? No. La confusione del sabato “è quasi peggio di quello che dicono/con te però/c’è un non so che di magico”. Un lui attende una lei in discoteca (e chi ci va più? esiste?) mentre il tempo metaforicamente passa. “Dammi retta scendi adesso in pista/gira, gira, girerà la testa/non ti vedo dove sei finita/tanto lo sai che ti aspetto/ma non tutta la vita”. Speriamo si balli, almeno, con il su le mani di Fiorello.

Dalle parti del mahmoodismo ci sono i Bnkr44. Già i componenti della band si chiamano come dei ragazzotti californiani – Faster, Fares, Jxn, ecc… – poi il loro brano Governo Punk sembra precipitato da una gara su chi è più ganzo a rappare su TikTok . Diciamolo subito: Meloni, Salvini, Schlein, Conte non c’entrano niente. Il pessimismo da “bordi periferia” (“in giro non c’è niente di che/in provincia la nebbia è la stessa del 2003”) è lo stesso di Eros, ma qui le condizioni esistenziali sono alla Steve Jobs (“scrivo dentro un garage/la mia testa è un collage”) e bisogna scansare strambi ossimori volanti alla Clint Eastwood (“ti pettini i capelli con una calibro 9”). I Bnkr44 comunque battono l’esterofilia della rima sbaciucchiata dove il dente duole. “Stamattina io mi lavo i denti col gin/metto i soliti jeans/sono un nomade in un attico chic”. Insomma, Articolo 31 scansateve.

Non pensavamo che Alberto Moravia e Franco Califano potessero influenzare un testo di Sanremo. Eppure a leggere i versi del brano La noia di Angelina Mango tornano in mente sia l’ipocrita borghesia che attornia il Dino moraviano, ma anche le pennellate del Califfo: “tutto il resto è noia, no, non ho detto gioia”. Angelina canta “muoio senza morire/vivo senza soffrire” o si issa cristologicamente “una corona di spine sarà il dress-code per la mia festa”. Il disagio esistenziale sembra forte, ma sta sul chi va là dopo una complessa vestizione (“e mi hanno detto che la vita è preziosa/io la indosso a testa alta sul collo”) o dopo uno strano scambio di bigiotteria (“la mia collana non ha perle di saggezza/a me hanno dato le perline colorate”). È però nel ritornello che Mango prorompe nell’assillo reiterato (“che a stare ferma a me mi viene/ a me mi viene/la noia/la noia (4 volte)”) e nell’introduzione per un nuovo ritmo da ballare, nonostante la noia, appunto: “è la cumbia della noia/è la cumbia della noia/total”, “cumbia, ballo la cumbia/se rischio di inciampare almeno fermo la noia”.

Finiamo con una strofa. Di quelle che producono quel brividino nella schiena per l’imbarazzo. “Io che sto seduto dentro a un cinema/a sognare un po’ d’America e un po’ di casa tua”. Sembra Paolo Conte che fa un frontale con un camion di banalità. Sembra Pasquale Panella che finalmente chiarisce a Lucio Battisti che l’aveva preso in giro per anni. Il titolo del brano è Capolavoro. Cantano Il volo. Speriamo si atterri presto.

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