In una Europa e una Italia in crisi di identità, che risponde a questa crisi con politiche di guerra e contro i poveri e i lavoratori, la Sardegna non poteva essere da meno. Se si chiede a qualunque sardo, che non abbia da difendere qualcuno per partito preso, qual è la situazione economica e sociale della propria terra, ti risponderà che l’isola è senza guida e alla deriva. Sulla pelle di chi emigra, dei giovani con un lavoro precario, degli anziani senza cure, il dramma si sente ogni giorno.

Serve una soluzione straordinaria.

Siamo in tempo di elezioni. Fra quattro settimane circa si vota per la scelta del Presidente della Giunta e per chi dovrà fare le leggi in Consiglio Regionale. Le proposte in campo sono quattro. E’ chiaro ed evidente che l’unica vera novità è Renato Soru e la Coalizione Sarda. Paolo Truzzu, candidato di destra al posto di Solinas, si presenta dicendo che sarà una campagna elettorale veloce, chiede aiuto a Roma (i bus di Cagliari sono pieni delle foto di Giorgia Meloni) e presenta il suo slogan “nessuno slogan”. Come intuito da Biolchini, il sottotesto è “nessun programma, fateci vincere e poi vediamo”. E’ una proposta accettabile?

Renato Soru, già Presidente della Giunta dal 2004 al 2008, in questi mesi ha costruito la Coalizione Sarda, una proposta politica e di governo inedita. I sardi possono scegliere una proposta politica nata in Sardegna, fatta da sardi, plurale e potenzialmente maggioritaria. Dai centristi a Rifondazione Comunista, passando per Progetto Sardegna, Liberu e Vota Sardigna, il programma della coalizione è limpido, chiaro, relativamente breve. Straordinario. Perché a problemi straordinari servono soluzioni straordinarie.

La proposta di Alessandra Todde è una onesta proposizione di una alleanza Pd-5 Stelle, imbeccata da Roma, che mette dentro fuoriusciti del centrodestra e liste civiche. Il lungo programma ricorda quello di Prodi di molti lustri fa, nel senso che permette di inserire tutto e il contrario di tutto. L’obiettivo è la (finta) alternanza con il cosiddetto “centrodestra”, una volta a te e una a me, nel nome del “battere le destre”. Nulla di male, ma è un film già visto.

Lucia Chessa, candidata coraggiosa, testimonia l’esistenza di un’area politica, per quanto piccola, che si allea solamente con chi la pensa esattamente come se stessa. Legittimo, ma la politica è un’altra cosa.

Emblematici sono i primi due capitoli del programma di Renato Soru: “la seconda autonomia” e “un’emergenza demografica”. La “seconda autonomia” significa dare una risposta sistemica a ciò che non ha funzionato in questi 70 anni: l’autonomia speciale. La Sardegna, dal 1948 ad oggi, non ha complessivamente reso felici i suoi abitanti. Si cambi.

Il secondo capitolo, “un’emergenza demografica” segnala l’altro elemento sistemico a cui dare risposta. La Sardegna deve produrre, accompagnare e sostenere tutti (solidarietà) e dare un senso alla propria parabola storica, altrimenti il destino è, bene andando, diventare il luna park precario e spopolato di turisti forestieri ed eserciti che provano nuove armi.

Per realizzare questo programma serve una nuova classe dirigente, e serve chi ha fatto dell’autodeterminazione, e cioè gli indipendentisti democratici e progressisti, la propria bussola. Vota Sardigna è questo. In larga misura sono una vasta schiera di trentenni e quarantenni, preparati e vicini al popolo, che hanno deciso di tornare e vivere in Sardegna. Altri sono sempre rimasti e producono, studiano, sono impegnati nel volontariato. Non sarà il caso di mettere loro in consiglio regionale? O volete farci arrivare chi fa politica per lavoro da 10/20/30 anni?

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