di Ilaria Muggianu Scano

Alessandra Todde: STEM woman, deputata pentastellata, candidata alla presidenza de governo sardo. Camilla Soru: artista teatrale con alle spalle anni di energica esperienza all’opposizione cagliaritana dell’amministrazione comunale Truzzu (pupillo di Giorgia Meloni, dalla Premier candidato alla presidenza della Regione, sullo scalpo dell’uscente e recalcitrante Solinas, sardo leghista, capo del governo più ossimorico di sempre). Luisa Giua Marassi, brillante avvocata amministrativista, protagonista di primo piano per i diritti di genere.

La campagna elettorale febbraio ’24 per il rinnovo del consiglio regionale della Sardegna sembra affidato alle donne di Sardegna Unita, il campo largo dissodato con perizia da Alessandra Todde, ex amministratrice delegata di Olidata e fondatrice di Energeya. Se la semiotica non è un’opinione, a parlare al femminile sono anche le gigantografie elettorali affisse in giro per l’isola in cui la disputa è, con ogni evidenza, tra Alessandra Todde e Giorgia Meloni che si sfidano a colpi di sguardi cerulei, dove gli uomini dell’agone paiono essere vittime di una qualche iconoclastia volta a limitare i danni di un’indecisione di schieramenti protratta fino all’inevitabile termine della chiusura liste. Come sostiene anche l’osservatore politico di fama Vito Biolchini: «A chiedere il voto ai sardi non sarà il sindaco di Cagliari ma direttamente la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni», tanti indizi, altrettante prove.

Dopo la riconversione del Partito Sardo d’Azione al centrodestra con il dietrofront di Solinas, e l’ingresso nel polo soriano di Italia Viva di Matteo Renzi che dichiara di «non riconoscersi nella destra sovranista né nella sinistra massimalista» e infine la new entry dei progressisti Pd nel campo largo, gli scenari della campagna regionale sarda sembrano definiti, dopo esser passati sulla graticola dei più implacabili pulpiti satirici nazionali e non, da Fiorello alle vignette di Giannelli, Rai, Mediaset, nessuno risparmia la mannaia all’indecisionismo sardo, autentico o funzionale che sia. Ciò che viene da arguirne, tuttavia, e con un certo nitore, è: ma se la riverginazione del Pd partisse dall’isola dei nuraghi, se il nuovo vigore al Partito Democratico, claudicante per numeri e strategia e scarsamente defibrillato anche dalla povera Elly Schlein, vittima della sindrome di Ronaldo che arrivando all’Inter nel ’97 cadde vittima di una delle più memorabili somatizzazioni da eccesso d’aspettativa.

E se la ricomposizione del Pd (rifondazione, politicamente, è un lemma che non porta bene) avvenisse attraverso la triade femminile Todde-Soru-Giua Marassi? É sufficiente la primizia di campagna elettorale delle tre protagoniste indiscusse della campagna elettorale per intuire che la retorica femminista è lasciata al palo: obiettivo di Todde è globalmente il territorio; traguardo di Camilla Soru è continuità con gli impegni politici già intrapresi nel mettere fine all’atavica e drammatica assenza di pediatri in Sardegna e dar voce alla sofferenza endemica delle zone interne; aspirazione di Luisa Giua Marassi è mietere il grande impegno profuso negli anni nell’attenzione educativa delle fasce scolari della popolazione e portare avanti i valori dello Sport, certo con grande riguardo per il riequilibrio di genere.

Neppure scomodare guerre parricide in casa di Camilla sembra frenare la delfina Soru, del resto anche Enrico Berlinguer e Francesco Cossiga erano parenti stretti e le loro carriere di primo livello, parallele e diametralmente opposte, rispettivamente in Partito Comunista e Democrazia Cristiana, sembrano aver mai fatto venire il mal di pancia alle blasonate famiglie del Capo di sopra.

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