Una vera e propria rivoluzione giurisprudenziale: un tribunale ha dichiarato che i finanziamenti garantiti dallo Stato sono nulli se la banca chiude gli occhi, non verifica la solvibilità del debitore e, nel contempo, sfrutta le garanzie pubbliche solo per rientrare dall’esposizione. Erano anni che, conoscendo quelle “dinamiche” dall’interno, sostenevo che l’erogazione dei finanziamenti alle imprese, indipendentemente dal fallimento dell’azienda, spesso configurava il reato della concessione abusiva del credito anche al di fuori della procedura concorsuale. E forse ci siamo.

Andiamo con ordine.

Qualche mese fa avevo sostenuto che era una narrazione di comodo, avallata anche dai media, la favola delle banche magnanime che avevano aperto il rubinetto del credito alle piccole imprese negli ultimi tre anni. La verità era un’altra: quelle banche avevano allargato le maglie della concessione creditizia solo perché, grazie soprattutto alla legislazione emergenziale dovuta al Covid, erano garantite, mediamente per un 80% del totale del finanziamento concesso, dal Fondo di Garanzia gestito da MedioCredito Centrale alimentato prevalentemente da fondi pubblici comunitari ovvero tramite risorse apportate da soggetti pubblici.

In sintesi mi pareva evidente che, verificando la contrazione delle erogazioni ( -4%) nel momento in cui lo Stato aveva deciso di ridurre la copertura del rischio e soprattutto tenendo presente che il tasso di deterioramento del credito alle imprese fosse aumentato dal 2,2% (2022) al 3,1% (2023) superando per la prima volta i valori pre-Covid e prevedendo addirittura un picco al 3,8% nel 2024, le banche italiane avevano dato soldi a quelle imprese che non potevano probabilmente accedere al credito se non fossero state garantite dallo Stato. Dei veri e propri braveheart del rischio creditizio!

E, a tal proposito, ci chiedevamo: poiché stiamo verificando che le banche prestano soldi a imprese che non potrebbero ottenere credito mantenendole in vita in maniera artificiosa solo sulla base della garanzia statale e inquinando i mercati e la concorrenza, se si configurasse anche l’ipotesi allargata di una sorta di concessione abusiva del credito?

Ebbene il Tribunale di Asti ha sancito, con sentenza dell’8 gennaio 2024, la nullità di un contratto di mutuo bancario assistito da garanzia pubblica (fondo di garanzia MCC per le PMI) in ragione della consapevolezza, da parte della banca, dello stato di insolvenza del finanziato. In altri termini la banca deve restituire i soldi al garante. Infatti, la condotta della banca è apparsa così distante dalla diligenza professionale tipica del banchiere, da desumermene, in via presuntiva la piena consapevolezza delle reali condizioni di insolvenza del cliente, o, in ogni caso, il completo disinteresse per le stesse, con la consapevole accettazione del rischio di concedere un finanziamento ad una impresa insolvente.

Secondo il Tribunale, ciò è avvenuto unicamente in ragione della possibilità, in concreto, di accedere alla garanzia statale MCC per il finanziamento concesso. E quindi senza preoccuparsi di preservare il garante (anche se era lo Stato) da possibili perdite.

A ben leggere la sentenza, mi sono ritrovato a vivere ciò che ancora oggi si verifica frequentemente allorquando una banca, se opportunamente ed ampiamente garantita da un terzo, al fine di concedere il prestito, chiude gli occhi (spesso anche per incompetenza) di fronte a bilanci falsi ricchi di ipervalutazioni di rimanenze e crediti di difficile realizzo (meglio chiamarle perdite su crediti), rivalutazioni gonfiate degli immobili aziendali, crescita “allegra” dei ricavi e operazioni di finanza creativa sui finanziamenti autoliquidabili come l’anticipo di fatture su operazioni non perfezionate (inventate, false) sostituite da successive fatture per consegne effettivamente eseguite.

Come dicevo all’inizio, si tratta di un vero e proprio big bang giurisprudenziale che apre la strada a possibili valutazioni negative della diligenza bancaria anche in casi più sfumati in cui non vi sia un dolo palese, il garante non sia lo Stato e indipendentemente dal fallimento o di altra procedura concorsuale. I fideiussori possono difendersi. Basta muoversi.

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