I via libera necessari per legge ci sono tutti: Comune, Provincia, ma anche Arpa e ben due aziende sanitarie. Così lo storico cementificio di Calusco d’Adda potrà far ingoiare al suo forno di cottura il triplo di rifiuti solidi non pericolosi, in “parziale sostituzione dei combustibili fossili convenzionali”: da 30mila tonnellate a 110mila tonnellate all’anno. Una decisione che ha fatto infuriare sei sindaci di tre Province: quelli di Merate, Paderno d’Adda, Robbiate e Imbersago in provincia di Lecco, quello di Cornate d’Adda in provincia di Monza e Brianza e quello di Solza in provincia di Bergamo. Insieme alla Provincia di Lecco e al Parco Adda Nord – che comprende i territori di pianura attraversati dal fiume Adda, a valle del ramo lecchese del lago di Como – hanno presentato due ricorsi al Tar.

Il motivo è la preoccupazione “per la salute di tante persone”, dice a ilfattoquotidiano.it Massimo Augusto Panzeri, alla guida del Comune di Merate. L’impianto, spiegano al Giorno gli attivisti dei comitati La nostra aria e Rete Rifiuti Zero Lombardia, che già nel 2015 avevano raccolto oltre 10mila firme contro il progetto – si trova in una delle zone più inquinate d’Italia e in pieno centro abitato. Le informazioni disponibili sullo stato di salute dei cittadini residenti in zona sono già drammatiche: i tumori allo stomaco negli uomini del 20 per cento superiore, il mesotelioma per gli uomini del 42, il linfoma non Hodgkin per uomini e donne del 40, il carcinoma mammario dell’87 per cento in più”.

La storia dello stabilimento inizia nel 1907: nel primo Dopoguerra entrò a far parte del Gruppo Italcementi spa e nel 2015 è stato acquistato da HeidelbergCement, che quadruplicherà, quasi, la quantità di rifiuti bruciati. Il nuovo progetto, ha assicurato la società nei mesi scorsi, “prevede l’incremento dei quantitativi di combustibili alternativi” in modo da “ridurre le emissioni di anidride carbonica e soprattutto, sostituire fonti fossili non rinnovabili con materiali come carte e cartoni non più riciclabili, tessuti, plastiche non riutilizzabili, senza impatti per l’ambiente e la salute”. Una garanzia che si sente di confermare il Comune di Calusco d’Adda, nel cui territorio si trova la cementeria. “L’utilizzo di combustibili alternativi a quelli fossili è auspicabile che migliori la situazione – sostiene a ilfattoquotidiano.it il sindaco Michele Pellegrini – E poi il Comune non aveva strumenti interpretativi migliori rispetto a quelli di enti con competenze specifiche come Arpa Bergamo, Ats di Bergamo e Monza e Brianza per valutare”. Contattata da ilfatto.it, l’azienda sanitaria di Bergamo spiega che “in attesa degli esiti del ricorso al Tar non procede nel fornire informazioni sulla vicenda”. I due ricorsi al Tar contestano alle due Ats di Bergamo e della Brianza di non aver fornito risposta alla richiesta di accesso agli atti e alla Provincia di Bergamo di aver sospeso e annullato le autorizzazioni all’incremento del carico di Combustibili Solidi Secondari ammissibili da bruciare.

La storia delle autorizzazioni di questo stabilimento è iniziata vent’anni fa. Nel 2005 a Italcementi fu dato l’ok per l’impiego di Combustibile da rifiuti. Poi nel 2014 l’azienda presentò istanza alla Provincia per la modifica sostanziale dell’Autorizzazione di impatto ambientale che prevede non solo la quasi quadruplicazione del quantitativo di combustibili costituiti da rifiuti solidi non pericolosi, ma anche “la diversificazione delle tipologie di rifiuti utilizzabili”. Oltre al combustibile da rifiuti vengono previste plastiche e gomme, pneumatici fuori uso, coriandolo di matrice plastica, biomasse legnose, fanghi biologici essiccati, fanghi dal trattamento biologico delle acque reflue industriali essiccati.

Nel 2016 l’Ats di Bergamo presenta una serie di osservazioni allo studio di impatto ambientale trasmesso da Italcementi e rileva delle criticità sanitarie anche alla luce di un rapporto della stessa azienda sanitaria dell’anno prima sullo “Stato di salute della cittadinanza di Calusco d’Adda” che analizza “mortalità, incidenza di patologie tumorali, ricoveri”. Alla richiesta di integrazione nel 2021 Italcementi ha presentato una valutazione d’impatto sulla salute realizzato dal dipartimento di Biomedicina e prevenzione dell’università di Tor Vergata. Così, dopo una serie di approfondimenti, la Provincia ha dato l’ok.

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