Quassù in Piemonte si avvicinano le elezioni regionali, mai come stavolta il vincitore c’è già. Molto della campagna elettorale si sta giocando sulla sanità: liste d’attesa, situazione delle strutture ospedaliere, servizi in crisi per mancanza di personale e risorse. Nel 2023 la sanità ha pesato per il 70,7% del bilancio regionale, cioè per 9,5 mld di euro. Impossibile tacere dei danni del centrodestra, al governo dal 2019, in discreta continuità con i suoi predecessori di centrosinistra. Ora una novità: la “secessione” dell’Ospedale Infantile Regina Margherita, appena costituito in azienda autonoma.

A Torino c’è la Città della Salute e della Scienza (CSST), la più grande Azienda Ospedaliera Universitaria (AOU) d’Italia e d’Europa. Raggruppa quattro ospedali: Molinette, Ospedale Infantile Regina Margherita (OIRM), maternità e ginecologico Sant’Anna e il Traumatologico CTO. Nel 2021 aveva 2098 posti letto, oltre 9 mila dipendenti. Ha fornito quasi 4,5 milioni di prestazioni ambulatoriali, oltre 52mila ricoveri, 150mila accessi al pronto soccorso, il tutto per un fatturato (risorse trasferite + valore della produzione) pari a 1,133 mld di euro. Una realtà che per dimensione, concentrazione di competenze, mediche, scientifiche, tecnologiche e finanziarie avrebbe dovuto essere una macchina eccezionale per produrre prestazioni e ricerca in quantità e qualità senza precedenti.

A distanza di anni dalla sua costituzione, i risultati sono ben lontani dalle attese. Dei risultati scientifici è difficile dire, visto che l’AOU non sembra molto interessata a valorizzare quello che viene fatto. Le uniche informazioni che giungono ai piemontesi sono gli articoli di cronaca pubblicati in occasione di interventi molto particolari eseguiti in qualcuno dei suoi presidi ospedalieri.

Dei conti suoi conti ne ho scritto poco tempo fa, richiamando dati che, messi a confronto con quelli di altre realtà dello stesso tipo, la dicono lunga circa i problemi dell’Azienda. L’indicatore preso in esame è l’indice della efficienza, ovvero il rapporto fra i trasferimenti pubblici ottenuti e la produzione realizzata. Nel 2021 quello della CSST è di 1,32 euro di produzione per ogni euro trasferito: 490 mln di euro incassati hanno generato un valore della produzione di 644 mln. Nello stesso anno l’indice del Sant’Orsola di Bologna è stato 2,89. Anche l’Umberto I di Roma è andato molto meglio: 2,57 euro di produzione per ogni euro di trasferimento. C’è o no ragione di preoccuparsi? Specialmente perché, pur a fronte di ingenti risorse stanziate, i tempi di attesa continuano ad essere molto lunghi, così c’è chi rinuncia e chi paga per farsi curare.

Risposta della politica regionale al disastro conclamato e certificato: l’Assessore alla Sanità Icardi ha appena fatto approvare dal Consiglio regionale lo scorporo dell’Ospedale Infantile dalla Città della Salute per dar vita alla nuova Azienda Ospedaliera “Regina Margherita”. La secessione in versione ospedaliera è fatta con l’aggiunta dell’attribuzione del coordinamento di tutta la pediatria piemontese alla professoressa Fagioli, attuale direttrice del dipartimento di pediatria d’urgenza dell’OIRTM. Le motivazioni addotte sono riconducibili alla necessità di potenziare la ricerca scientifica del Regina Margherita e recuperare la mobilità pediatrica passiva che dal Piemonte si dirige in Lombardia e Liguria. Motivazioni risibili e anche un po’ azzardate, specie perché sembrano ignorare ancora una volta le osservazioni dell’Ordine dei Medici sulla location della Città della Salute, a suo dire inidonea per ospitare una simile concentrazione ospedaliera.

Per stare alla ricerca, in mancanza di dati si può fare riferimento ai bene informati: fatta 100 la produzione scientifica della CSST, quella riconducibile al Regina Margherita è 5. Separare il pediatrico dalla CSST significa rinunciare al valore aggiunto dato dall’innovazione che scaturisce anche dalle interazioni che intervengono tra ricercatori che operano negli stessi spazi fisici.

Per quanto riguarda la mobilità passiva della pediatria piemontese, essa si concentra nelle aree del nord est VCO e novarese verso Milano, nell’alessandrino verso il Gaslini di Genova; si tratta di un problema di distanza. Gli ossolani e i novaresi sono più vicini a Milano che a Torino, stessa cosa per gli alessandrini rispetto a Genova. Pensare di poter recuperare un milione di euro annui di mobilità passiva creando a Torino una nuova Azienda Ospedaliera appare poco credibile. Un contributo in questo senso avrebbe invece potuto darlo il nuovo ospedale di Ornavasso, ne ho scritto, hanno rinunciato a farlo.

L‘OI Regina Margherita è stato ultimato nel 1961 e, come gran parte degli ospedali piemontesi, non è a norma. Gli addetti ai lavori stimano in 80-100 mln il costo degli adeguamenti minimi necessari a cui vanno aggiunti i costi della secessione, quelli per separare le reti (elettriche, telematiche, gas medicali ecc) e i servizi attualmente condivisi (ristorazione, centralino, mobilitazione assistiti, accoglienza e altro), rinunciando ad ogni economia di scala. Circa il conto economico della nuova Azienda, l’ipotesi di scorporo prevede una perdita di 20/25 mln annui che non si capisce come sarà coperta.

Non sono riuscito a trovare un solo dato che conforti lo scorporo del Regina Margherita. So che la secessione dell’Ospedale Infantile depotenzia il progetto di Parco della Salute della Ricerca e della Innovazione (PSRI) e introduce per la pediatria un modello di funzionamento che, se esteso, potrebbe far deflagrare la sanità piemontese. Di tutta questa vicenda resta la posizione di assoluto rilievo della prof. Fagioli. Però, se il problema era quello di riconoscerle i meriti di cui è certo portatrice non sarebbe stato meno dannoso nominarla assessore alla sanità al posto dello scarso Icardi?

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