Questa mattina presso la Corte d’Assise del tribunale di Milano si è tenuta la prima udienza del processo ad Alessandro Impagnatiello, l’ex barman trentunenne che lo scorso 27 maggio a Senago, nel milanese, ha ucciso con trentasette coltellate la sua compagna ventinovenne Giulia Tramontano incinta di sette mesi. Impagnatiello è accusato di omicidio volontario aggravato da premeditazione, crudeltà, futili motivi e vincolo di convivenza. Al giovane che aveva tentato in due diversi momenti di dare fuoco al corpo esanime della fidanzata per poi disfarsene nascondendolo nell’intercapedine fra due box è contestata anche l’aggravante dell’occultamento di cadavere e, dato che di lì a poco sarebbe venuto alla luce il piccolo Thiago, la sua posizione si complica ulteriormente per via dell’interruzione non volontaria di gravidanza.

L’ex barman, accompagnato in aula dagli agenti della polizia penitenziaria del carcere di San Vittore, ha sempre tenuto lo sguardo basso e un’aria dimessa e non ha voluto rispondere alle domande dei numerosi cronisti che lo incalzavano in merito ad un possibile pentimento ma, successivamente, ha rilasciato alcune dichiarazioni spontanee davanti al giudice. E’ sorprendente notare come le parole usate da Impagnatiello siano molto simili a quelle di Filippo Turetta, lo studente che lo scorso novembre ha ucciso a coltellate nell’area industriale di Fossò, in Veneto, la sua ex fidanzata Giulia Cecchettin per poi occultarne il cadavere nei pressi del lago di Barcis e intraprendere una fuga in auto terminata dopo l’arresto in Austria. Nel corso dell’interrogatorio di garanzia Turetta ha rilasciato alcune dichiarazioni spontanee: “Sono affranto per la tragedia che ho causato, non so cosa sia scattato in me quella sera” come a far supporre che il gesto che l’ha portato ad aggredire e uccidere la povera Giulia fosse stato causato da un impulso inspiegabile, una rabbia incontrollata, un raptus.

Nello stesso modo questa mattina Impagnatiello, dopo essere stato fatto uscire dalla gabbia in cui sedeva in silenzio muovendo nervosamente le gambe ed essere stato accompagnato di fronte alla Corte d’Assise, ha dichiarato spontaneamente: “Sono stato preso da qualcosa che risulterà sempre inspiegabile e da una grande disumanità. Ero sconvolto e perso. Quel giorno ho distrutto il bambino che ero pronto ad accogliere”. In ambedue i casi è ipotizzabile che ci si trovi davanti ad una strategia difensiva adottata dai legali dei due omicidi rei confessi per tentare la strada del delitto d’impeto e del totale o parziale vizio di mente che escluderebbe la premeditazione ma, in entrambi i casi, soprattutto in relazione all’uccisione di Giulia Tramontano, non sembrano esserci molti dubbi sul fatto che l’atroce assassinio fosse stato pianificato da tempo da un soggetto lucido e pienamente consapevole.

Mentre attualmente Turetta è accusato di sequestro e omicidio volontario aggravato ma non si esclude che si possa aggiungere la premeditazione per una serie di elementi che sono ancora al vaglio degli inquirenti, nel caso di Impagnatiello le prove raccolte nell’informativa degli investigatori, poi confermate in sede di esame autoptico sulla madre e sul feto, hanno dimostrato che già dal mese di dicembre del 2022 il barman avesse effettuato ricerche online riguardo a “quanto veleno per topi è necessario per uccidere una persona”, “per quale motivo il veleno non fa effetto, quanto tempo ci vuole” e anche riguardo a risposte sull’ effetto letale che si sarebbe ridotto in seguito allo scioglimento del topicida nelle bevande calde.

La povera Giulia Tramontano già a dicembre in alcuni messaggi ad un’amica aveva lamentato stanchezza, stordimento e bruciori di stomaco a cui non riusciva a dare una spiegazione ma purtroppo era ignara delle intenzioni del suo carnefice che, tramite l’avvelenamento, stava già progettando di disfarsi di lei e del loro bambino per poter vivere liberamente la relazione parallela che portava avanti da tempo con una collega. Ora la sorella, il fratello e i genitori di Giulia Tramontano chiedono giustizia e una pena esemplare che non può essere diversa dall’ergastolo per chi con lucida crudeltà e senza alcuna remora ha privato della vita una giovane donna e una creatura che non ha mai visto la luce.

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