Otto mesi fa la Corte costituzionale aveva chiesto con una sentenza di non differire più il Tfr e Tfs, Trattamento di fine servizio, dei dipendenti pubblici. Ma il governo si è dimenticato di attuare la sentenza. Ora a ricordarlo alla premier sono i segretari generali della Uil – Fpl, Domenico Proietti, Sandro Colombi segretario UIL PA e Giuseppe D’Aprile della Uil Scuola che, in queste ore, in maniera congiunta, hanno chiesto a Palazzo Chigi di dare una risposta concreta all’intervento della Consulta del giugno scorso.

All’inizio della scorsa estate, infatti, la Corte aveva precisato in un comunicato ufficiale che “il differimento della corresponsione dei trattamenti di fine servizio spettanti ai dipendenti pubblici cessati dall’impiego per raggiunti limiti di età o di servizio contrasta con il principio costituzionale della giusta retribuzione, di cui tali prestazioni costituiscono una componente; principio che si sostanzia non solo nella congruità dell’ammontare corrisposto, ma anche nella tempestività della erogazione. Si tratta di un emolumento volto a sopperire alle peculiari esigenze del lavoratore in una particolare e più vulnerabile stagione della esistenza umana”.

I giudici avevano ben definito i compiti del governo: “Spetta al legislatore, avuto riguardo al rilevante impatto finanziario che il superamento del differimento comporta, individuare i mezzi e le modalità di attuazione di un intervento riformatore che tenga conto anche degli impegni assunti nell’ambito della precedente programmazione economico-finanziaria”.

Fino ad oggi, infatti, i lavoratori che vanno in pensione devono attendere tre o anche quattro anni per vederselo accreditato pure a rate. “A distanza di otto mesi dal pronunciamento della Corte costituzionale che dichiarava anticostituzionale il differimento e la rateizzazione del Tfr e del Tfs dei dipendenti pubblici – spiegano D’Aprile e Proietti – è molto grave che il governo non abbia ancora dato attuazione alla sentenza. Le categorie del settore pubblico della Uil hanno da subito chiesto la rimozione immediata di questo vulnus, che rappresenta una grave penalizzazione per i lavoratori pubblici e una vera e propria appropriazione indebita da parte dello Stato”.

Una denuncia che è supportata dallo stesso parere della Consulta che a proposito della tempistica precisava: “La discrezionalità del legislatore non è temporalmente illimitata. E non sarebbe tollerabile l’eccessivo protrarsi dell’inerzia legislativa, tenuto anche conto che la Corte aveva già rivolto al legislatore, con la sentenza numero 159 del 2019, un monito con il quale si segnalava la problematicità della normativa in esame”.

Per la Uil la sveglia è suonata da tempo e il governo deve al più presto trovare le modalità per dare ciò che spetta ai lavoratori pubblici: “Si tratterebbe – specifica il numero uno della Uil Scuola, D’Aprile – di un’azione importante da parte del governo per dare una mano ai cittadini che, lavorando per una vita intera, vedrebbero un sacrosanto diritto riconosciuto che metterebbe nelle tasche degli italiani denaro immediato da poter spendere contribuendo a muovere l’economia del Paese. Come Uil stiamo preparando una serie di iniziative e mobilitazioni, per l’applicazione immediata della sentenza”. Intanto, è iniziato in commissione Lavoro alla Camera l’iter della proposta di Legge a prima firma M5s per ridurre a massimo tre mesi i termini per la liquidazione del trattamento di fine servizio dei dipendenti dello Stato.

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