“Sono quattordici anni e mezzo che aspettiamo questo momento, per ottenere un brandello di giustizia per 32 persone che sono morte bruciate vive nella sicurezza delle proprie case. Siamo stanchi, ma questa battaglia andava combattuto, non soltanto per le vittime, ma per ogni italiano. Perché questa è una battaglia di dignità“. In attesa della sentenza davanti alla Cassazione a Roma, questo è l’appello lanciato da Daniela Rombi, vicepresidente dell’associazione “Il mondo che vorrei onlus”, che riunisce i familiari delle vittime della strage di Viareggio del 29 giugno 2009.
Il 30 giugno 2022 l’ex ad di Fs, Mauro Moretti è stato condannato a cinque anni per disastro ferroviario colposo. Moretti, che in un primo momento aveva rinunciato alla prescrizione salvo cambiare idea, è uno dei sedici imputati nel processo. Con lui sono stati condannati Vincenzo Soprano, ex amministratore di Trenitalia, e Michele Mario Elia, ex ad di Rfi, a 4 anni, 2 mesi e 20 giorni; Mario Paolo Pizzadini, manager di Cima Riparazioni, a 2 anni, 10 mesi e 20 giorni; Daniele Gobbi Frattini, responsabile tecnico Cima riparazioni, a 2 anni, 10 mesi e 20 giorni; Mario Castaldo, ex direttore divisione di Cargo Chemical, a 4 anni. Condannati i dirigenti e tecnici di aziende ferroviarie austriache e tedesche addette al controllo e alla manutenzione dei carri merci a pene fino ai 6 anni. Assolti Francesco Favo, ex responsabile certificazione sicurezza di Rfi, Emilio Maestrini, ex responsabile sicurezza di Trenitalia; Joachim Lehmann, supervisore di Junghental. Per Moretti i giudici d’appello avevano comunque individuato una responsabilità penale “irrevocabile”, senza comunque attribuirgli la mancata riduzione della velocità del treno merci.
A piazza Cavour, nella speranza che arrivi il verdetto finale a un processo complesso e lungo, sono state esposte le foto delle vittime, oltre a striscioni per chiedere verità e giustizia. ”Speriamo che questa volta sia l’ultima, 14 giudici hanno emesso sentenza e noi dobbiamo ancora aspettare la ratifica delle condanne”, spiega pure Claudio Menichetti, padre di Emanuela, 21enne morta nel disastro. “Gli imputati si aggrappano a qualsiasi cosa pur di non espiare la pena, ma noi andremo avanti, fino alla fine”, rilancia. Presente al presidio anche Marco Piagentini, che perse la moglie e i due figli, di 2 e 4 anni. ”Abbiamo sofferto per 14 anni, ora ci aspettiamo la conferma delle condanne. Per noi non cambierà nulla, perché abbiamo già perso tutto. Ma per i nostri figli vorrebbe dire dare un esempio: chi ha sbagliato deve pagare“.
Eppure, ricorda Rombi, “il processo è stato svuotato dal tempo, tre dei reati contestati, lesioni gravi e gravissime, incendio colposo e omicidio colposo, sono stati cancellati dalla prescrizione. È rimasto soltanto il disastro ferroviario. Ora gli avvocati dei condannati stanno cercando di far cadere anche questo e andare alla Consulta. Va bene che nessuno vuole andare in galera, ma qui non ci sono nemmeno gli specchi ai quali aggrapparsi”, attacca. E ancora: “Se il processo non si chiudesse oggi sarebbe un segnale di fallimento della giustizia, una perdita di tempo e denaro immane”. “Non accettiamo che questo processo finisca tutto in prescrizione”, rivendica anche Menichetti.
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