È facile prevedere che la partita del Mes andrà avanti finché anche l’Italia non sarà ricondotta a più miti consigli e si deciderà a ratificare la riforma del fondo salva stati (che dovrebbe diventare anche salva banche). Lo si “annusa” dalle dichiarazioni rilasciate prima e dopo l’Eurogruppo che si è riunito a Bruxelles, a cui partecipano i ministri economici della zona euro. Martedì secondo round all’Ecofin. Il ministro italiano Giancarlo Giorgetti era atteso per una sorta di rapporto sull’accaduto. “Giorgetti ha fornito una panoramica molto fattuale dei recenti sviluppi all’interno del Parlamento italiano. Ci siamo impegnati a continuare a collaborare con lui“, ha detto il presidente dell’Eurogruppo, Paschal Donohoe, terminato il consesso aggiungendo che “al momento l’unico impegno che c’è è di riflettere sulle conseguenze della decisione” dell’Italia “e tornare su questo tema in futuro”. Donohoe ha però anche rimarcato che la mancata ratifica da parte dell’Italia “significa che i nostri sforzi per costruire un’unione bancaria continuano a mancare di un sostegno comune al Fondo di risoluzione unico e continuano a mancare di uno strumento potente per aiutarci ad affrontare gli effetti delle difficoltà bancarie”.

Si cerca una soluzione che permetta di salvare capra e cavoli. “Certamente c’è rammarico per la decisione” sul Mes “ma, come si dice, il Parlamento è sovrano. Penso che però il rammarico debba tradursi anche nella spinta per trovare il modo per risolvere questa questione, perché non possiamo evitare una possibilità di utilizzo di queste risorse che peraltro è sostenuta dalla quasi totalità dei Paesi”, ha detto il commissario Ue per l’Economia, Paolo Gentiloni prima dell’avvio della riunione. Un poco più esplicito era stato il ministro delle Finanze belga, Vincent van Peteghem. “La prima opzione resta che l’Italia ratifichi la riforma del Mes, è lo scenario maggiormente preferibile”

Dopo la bocciatura della ratifica italiana il direttore generale del Mes, Pierre Gramegna e Paschal Donohoe avevano usato toni piuttosto duri: “Il Mes non sarà in grado di fornire il sostegno comune al Fondo di risoluzione unico dell’Unione bancaria, di cui beneficerebbero tutti i Paesi dell’area euro”. Resta il dubbio di capire quale possa essere l’escamotage per mettere l’Italia in condizioni di fare retromarcia.

“Tecnicamente è molto difficile separare e procedere con un club più piccolo” aveva spiegato alla vigilia dell’incontro un alto funzionario Ue in merito all’ipotesi del Mes senza l’Italia. “Il backstop (ossia l’utilizzo dei soldi del Mes per risolvere crisi bancarie qualora non fossero sufficienti le risorse del fondo Srf finanziato dagli stessi istituti di credito, ndr) doveva attivarsi accanto al Fondo unico di risoluzione bancaria e il Fondo unico di risoluzione copre tutta l’unione bancaria. È impensabile che il backstop possa essere fornito da un sottoinsieme più piccolo di Paesi. Quindi non penso che sarà in cima alla lista delle opzioni”. “Avevamo un ‘piano A’: la domanda ora è se ci atterremo al ‘piano A’ o se prepareremo un ‘piano B'”. Di certo non piace l’idea di apportare qualche modifica alla riforma del Mes che renda giustificabile un nuovo voto del Parlamento. Si tratterebbe di una concessione a Roma che potrebbe essere percepita come una debolezza di Bruxelles, con il rischio che altri paesi si facciano tentare da fare altrettanto in altre circostanze.

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