di Gaetano Benedetto*

L’11 febbraio sarà il secondo anniversario della legge che, modificando l’articolo 9 della Costituzione, ha introdotto “la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni” tra i principi generali della Costituzione stessa; con la stessa legge è stato modificato l’articolo 41 che ha posto anche la salvaguardia dell’ambiente e della salute quale limite allo sviluppo economico. Ci saremmo aspettati maggiore coerenza rispetto alla formale esplicitazione di questi valori e principi più volte richiamati anche dalla Corte Costituzionale, ma non è stato così. Un esempio eloquente potrebbe essere quello delle concessioni balneari che il governo vorrebbe aumentare in modo significativo sottoponendo le nuove a gara (e quindi a libera concorrenza) concorrenza, ma al tempo stesso blindando quelle già rilasciate (già ripetutamente scadute e più volte prorogate). Qualcuno può negare che una spiaggia costituisce un bene ambientale? Qualcuno ha sentito il tema ambientale trattato in questa diatriba sulle concessioni? L’interesse economico prevale su quello ambientale con buona pace delle nuove norme costituzionali. Vedremo se questa risposta sarà ritenuta accettabile dall’Unione Europea, ma il dato politico e culturale che sottende questa scelta è disastroso.

Quasi in occasione dell’anniversario costituzionale che scolpisce la tutela ambientale, il 16 gennaio arriverà in Aula al Senato il disegno di legge sul cosiddetto regionalismo differenziato e ancora una volta l’ambiente entra nel tritacarne della politica.
La modifica degli articoli 9 e 41 della Costituzione è nel 2022, quell’articolo 116 che prevede il regionalismo differenziato risale al 2001. È dunque vero che l’art. 116 prevede che anche la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema possa essere oggetto delle intese tra Regioni e Stato per riconoscere particolari forme di autonomia, ma la modifica avvenuta nel 2022 avrebbe dovuto imporre una procedura quanto meno diversa e differenziata rispetta a quella prevista per tutte le altre materie. Con uno specifico documento il WWF aveva richiamato la questione alla Commissione Affari Costituzionali del Senato che ha discusso e modificato il testo predisponendolo per il voto d’Aula, ma il punto è rimasto inascoltato. È quindi da ritenersi che la questione o non viene colta o volutamente viene ignorata.

Il testo sottoposto ora al voto conclusivo del Senato (il provvedimento poi passerà alla Camera) usa l’art. 116 della Costituzione come un grimaldello per riproporre sotto mentite spoglie una forma di federalismo anestetizzato. Tra le materie su cui le Regioni potranno chiedere e ottenere “forme e condizioni particolare di autonomia” non si è voluta cogliere la necessità di distinguere proceduralmente quelle di competenza esclusiva dello Stato rispetto a quelle di competenza anche regionale; tra quelle di competenza esclusiva dello Stato non si è voluto approfondire lo scenario aperto dalla riforma costituzionale del 2022 che per certi versi potrebbe mettere in discussione la possibilità di far rientrare la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema tra quelle trasferibili alle regioni con il meccanismo del regionalismo differenziato.

Le condizioni poste per il riconoscimento delle nuove autonomie regionali sono più formali che sostanziali. In materia ambientale abbiamo pluriennali procedimenti d’infrazione con l’Unione Europea ed un contezioso costituzionale per cui la Suprema Corte è stata costretta a ribadire molteplici volte principi basilari messi ripetutamente in discussione dalla Regioni. Né sarà la definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni, molto difficile per la materia ambientale ma soprattutto per quella degli ecosistemi, che sembra possa evitare lo spezzatino della tutala e quindi dei diritti dei cittadini a questa connessi. Il tutto con buona pace delle generazioni future. Sembrerebbe che si sia pienamente posta in essere la posizione di Woody Allen secondo cui “cosa hanno fatto per noi le generazioni future per cui noi dovremmo fare qualcosa per loro?”. Lui però era caustico e ironico, altri fanno sul serio.

* Presidente Centro Studi WWF Italia

PERCHÉ NO

di Marco Travaglio e Silvia Truzzi 12€ Acquista
Articolo Precedente

“Cellophane e altre microplastiche sui ghiacciai di Lombardia e Valle d’Aosta”. Sotto accusa anche gli impianti sciistici

next
Articolo Successivo

“La vita è più importante della crescita economica”: attivisti di Greenpeace disegnano sulla neve il messaggio ai potenti di Davos

next