Il premier più giovane di sempre, ma cresciuto a immagine e somiglianza di Emmanuel Macron. Le donne sparite dai ruoli chiave, facendo otto salti indietro rispetto a quando si esultava per la prima ministra donna degli ultimi 30 anni. Poi l’arrivo, agli Esteri, del numero uno del partito macroniano. E soprattutto l’ufficializzazione dello spostamento ancora più a destra dell’esecutivo con l’ingresso di due politiche vicinissime a Nicolas Sarkozy. A 24 ore dal rimpasto voluto dal presidente della Repubblica francese, è diventata virale l’attrice Anna Mouglalis: intervistata da Tf1 in diretta da una manifestazione, all’annuncio che alla Cultura andrà l’ex ministra della Giustizia dei Repubblicani Rachida Dati, si lascia andare a un “naaaa” a bocca aperta. Uno stupore condiviso dai più di 2 milioni di utenti che hanno visualizzato il suo video. Non che i segnali non ci fossero stati: la legge sull’immigrazione approvata con i voti di Marine Le Pen è stata la sterzata più grande e da quel momento in poi la strada si è aperta da sola.

Vero è che Attal ha un passato da socialista, così come Macron del resto, ma il presente va in tutt’altra direzione. La strategia di Macron di fronte alla continua crescita nei sondaggi dell’estrema destra è quella di presentarsi lui come la destra moderata. E inseguire Le Pen e i suoi sul loro terreno. Peccato però che il presidente della Repubblica, era solo il 2022, le elezioni presidenziali le ha vinte parlando anche all’elettorato di sinistra: ha invocato il voto in nome dello spirito repubblicano e assicurato che avrebbe rappresentato tutti. Promessa che ora appare più che mai dimenticata. A preoccupare, e non poco, il futuro: le elezioni Europee di giugno prossimo è la prima tappa. Ma si guarda già alle prossime presidenziali, quando gli appelli al voto utile è già chiaro che non saranno sufficienti per scongiurare le vittorie delle destre.

Macron di fronte ai consensi in picchiata, sceglie di cambiare qualcosa e si affida ad Attal. Ma niente di radicale, anzi. “Il nuovo volto del vecchio mondo”, titola Mediapart interpretando umori e preoccupazioni delle opposizioni. Sarà infatti il primo ministro più giovane di sempre, ma anche il più giovane di tutti i componenti del suo esecutivo. E soprattutto non sarà di certo il nuovo, bensì la riaffermazione della linea Macron che incarna da sempre. E in questo quadro di continuità, agli Esteri esce Catherine Colonna e arriva Stéphane Séjourné, tra i più vicini al presidente della Repubblica, capo di Renaissance e prima ancora di Renew Europe (quando era eurodeputato a Bruxelles). Séjourné è stato unito civilmente proprio con Attal: la notizia della loro separazione, avvenuta nei mesi scorsi, è stata confermata proprio mentre veniva annunciata la sua nomina. Il cambio alla guida della diplomazia francese arriva in un momento delicatissimo per quanto riguarda la politica estera della Francia e del mondo intero: nel weekend, come prima cosa, Séjourné andrà a Kiev a incontrare il presidente Zelensky.

Ma il nome a fare più rumore è quello di Dati: il suo partito, i Repubblicani, l’ha espulsa subito dopo la notizia. Eppure, stando alle ricostruzioni di le Monde, la partita in gioco è molto più grande: la politica, finora impegnata come sindaca del VII arrondissement nella capitale, ha accettato di tornare a fare la ministra in cambio del supporto di Macron per la sua corsa alle Comunali di Parigi del 2026. Una corsa che, dicono, sarebbe sostenuta da un’alleanza tra Repubblicani e macroniani. Presto per dirlo? Intanto, non a caso, una delle prime a commentare la notizia è stata la sindaca socialista di Parigi Anne Hidalgo: “Auguri ai protagonisti del mondo della cultura visto quello che li attende nei prossimi mesi”. E non ci sono solo le polemiche politiche: Dati dal 2021 è indagata per corruzione e traffico di influenze. I fatti contestati risalgono a quando era eurodeputata e ricevette 900mila euro da Renault: l’accusa è che i soldi servissero per ripagare la sua attività di lobbying. Per Macron, fanno sapere, per ora vale la “presunzione d’innocenza”.

Tra le poche novità del governo, c’è poi la riduzione a soli 14 ministri e l’accorpamento di alcuni settori. Vengono infatti uniti quello della Salute, considerata una delle preoccupazioni principali dei francesi stando ai sondaggi, e quello del Lavoro: i due dicasteri vanno nelle mani dell’ex portavoce di Sarkozy ed ex ministra alla Coesione sociale con Chirac, Catherine Vautrin. La sua nomina preoccupa molto a sinistra: Vautrin ha posizioni molto conservatrici (è nota per la sua opposizione alle nozze gay) e dovrà gestire due importanti dossier come l’iscrizione del diritto all’aborto nella Costituzione e la legge sul fine vita. Inoltre, è una delle inquietudini, come si possono gestire insieme due temi di tale portata come Salute e Lavoro? Non si esclude che arriveranno altre nomine nei prossimi giorni. Ma non è l’unico accorpamento: alla ministra dello Sport e delle Olimpiadi di Parigi 2024 Amélie Oudéa-Castéra, già gravata da un’impresa importante come la gestione dei Giochi, va anche l’Educazione nazionale, uno dei dicasteri tradizionalmente più problematici. Fonti vicine alle nomine, dice l’agenzia Ansa, sostengono che si tratta del segnale che l’educazione rimarrà competenza, del premier Attal, che se ne è occupato come ministro fino a due giorni fa.

Sono, infine, stati confermati tutti gli altri ministri: Bruno Le Maire all’Economia; Gérald Darmanin agli Interni; Eric Dupond-Moretti alla Giustizia; Sébastien Lecornu alla Difesa; Sylvie Retailleau alla Ricerca; Marc Fesneau all’Agricoltura; Cristophe Béchu alla Transizione ecologica; Aurore Bergé alle Pari opportunità. A loro Macron, nella prima riunione dell’esecutivo del 12 gennaio, ha detto di “non volere dei ministri che amministrano ma dei ministri che agiscono. Non voglio dei gestori, voglio dei rivoluzionari“. Quello che dovrà chiarire, dopo aver virato definitivamente a destra, è a che tipo di rivoluzione sta pensando.

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