L’ex ministro del Movimento 5 stelle, Stefano Patuanelli, ha risposto in Senato al ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso che nella sua informativa al Senato sull’ex Ilva ha accusato il governo Conte 2 di aver “firmato patti leonini” con Mittal, patti “parasociali fortemente sbilanciati a favore del soggetto privato”.
Patuanelli è entrato nel merito di tre affermazioni fatte dal ministro Urso, puntualizzando alcune cose. “Il primo elemento è il tema dell’esimente penale. Il ministro è stato omissivo. L’offerta fatta da Mittal era un’offerta incondizionata e non conteneva riferimenti nell’offerta alla presenza di una esimente penale e non potrebbe essere diversamente dato che non ci può essere un accordo che preveda un blocco dell’azione libera legislativa delle Aule parlamentari o della decretazione di un Governo. Quindi non ci può essere un accordo che preveda il mantenimento di una norma. Questo è il primo elemento. Nei fatti oggi Mittal si disimpegna e manifesta platealmente il suo disimpegno nonostante la presenza e il ripristino dell’esimente penale. Ciò a dimostrazione che quello sarà stato forse un pretesto, ma certamente non un elemento che in qualsiasi aula di tribunale, in caso di causa per il recesso unilaterale di Mittal, avrebbe avuto alcun effetto sull’esito del contenzioso”, ha spiegato Patuanelli. In merito ai patti parasociali citati da Urso, quindi, il senatore pentastellato ha continuato: “Sono un elemento di diritto privato, non esiste un Governo che possa sottoscrivere patti parasociali. È falso sostenere che esistano patti parasociali segreti; esiste un accordo di coinvestimento che il Governo ha autorizzato i commissari dell’amministrazione straordinaria a sottoscrivere, perché questo è il ruolo del Governo, non quello di sottoscrivere patti parasociali, che non può sottoscrivere”.
“Il terzo elemento – ha proseguito ancora Patuanelli – riguarda la governance. Il tema della governance prevede inizialmente, con l’ingresso al 38 per cento di Invitalia, la possibilità per il socio privato di nominare l’amministratore delegato, per il socio pubblico di nominare il presidente, un pari numero di consiglieri e il presidente del collegio sindacale di nomina del socio pubblico, con le deleghe che il Ministro ha citato e con il gradimento reciproco (che è previsto). Questo è stato citato dal Ministro come uno degli elementi del patto leonino, perché diamo tutto in mano al socio privato. Con l’aumento del capitale di Invitalia al 60 per cento si invertono le potenzialità di nomina, quindi se prima era leonino per noi, dopo diventa leonino per il socio privato, perché questo è previsto nell’accordo di coinvestimento. Su questo elemento il Ministro ha detto oggettivamente una cosa non vera”.
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