Durante l’esame della legge di bilancio alla Camera dei deputati ho ribadito per l’ennesima volta un concetto fondamentale: la violenza sulle donne è innanzitutto un fenomeno criminale, strutturale e culturale che trae nutrimento dal patriarcato sociale, dalla misoginia, dal sessismo, dalle disuguaglianze di genere, dall’omertà, da discriminazioni e stereotipi. La scuola allora deve essere il luogo dove, attraverso l’insegnamento dell’educazione affettiva e sessuale, siano poste le basi per sradicare le radici della violenza.

Non si può delegare tutto alle famiglie perché nel nostro Paese l’affettività e la sessualità sono considerate ancora un tabù e non tutte le famiglie hanno gli strumenti per trattare il tema con i propri figli, né possiamo pretendere da loro che lo facciano in modo professionale. La scuola, invece, può responsabilizzare il singolo individuo creando uno spazio di ascolto, dialogo e confronto, con il supporto di figure competenti e imparziali a cui è possibile porre domande e ottenere delle risposte.

Questo aspetto è fondamentale perché se non si trovano risposte all’interno della famiglia o nella scuola si cercano altrove, spesso in rete o nella pornografia.

Il tema naturalmente non è giudicare la pornografia, ma chiedersi che strumenti essa possa dare alla persona che sta guardando, soprattutto se giovanissima, se questa è in grado di capire la differenza tra il porno e il sesso, tra la finzione e la realtà.

Nel dibattito pubblico si finge di ignorare che la pornografia sia diventata l’unico strumento preposto all’educazione e alla formazione affettiva e sessuale dei più giovani, all’interno di una società che ha smesso da tempo di educare. Da qui l’importanza che la scuola torni ad essere una colonna portante, anche con riferimento alla previsione sistemica e continuativa di percorsi di educazione affettiva e sessuale nel rispetto delle diverse fasce di età.

Io credo sia importante partire con l’insegnamento di una geografia del corpo, in modo da conoscere il proprio corpo, un corpo che cresce, cambia e si trasforma. Poi parlare di prevenzione, tenuto conto del fatto che dalle statistiche risulta che le giovanissime generazioni usino sempre meno le precauzioni. E questa mancanza di informazioni sulla salute sessuale, sulla contraccezione e sulle malattie sessualmente trasmissibili è un problema. Così come lo possono essere le gravidanze indesiderate.

Bisognerebbe poi parlare di consenso, che un no significa no, del diritto di non essere toccata, né abbracciata contro la propria volontà. Far capire che l’amore non c’entra nulla con il possesso, che la diversità sessuale va rispettata, così anche la parità di genere.
Si deve fornire un alfabeto gentile delle emozioni per aiutare i giovanissimi a riconoscerle e contenere quelle più negative, quali la rabbia e la gelosia.

Fare anche educazione digitale e spiegare, per esempio, che alcune cose che avvengono in rete sono reato, basti pensare al revenge porn, la diffusione di video o immagini a contenuto sessualmente esplicito senza consenso.

I destinatari di questo confronto e dialogo sulle relazioni, sull’affettività e sulla sessualità non sono solo i ragazzi e le ragazze; i giovanissimi crescono assieme a noi, li educhiamo, siamo i loro modelli di riferimento che ci piaccia o meno. Per questo è necessario che gli adulti vengano coinvolti nel percorso educativo, dal momento che oggi si assiste a una sorta di scaricabarile tra scuola e famiglia senza capire che la scuola, la famiglia e la Società tutta, comprese le istituzioni, devono collaborare. Non basta fare un’ora al mese a scuola se poi si rientra a casa e in tutti gli altri spazi sociali i comportamenti, i valori sono totalmente contrari a ciò che è stato appreso.

Io voglio che mia figlia e le figlie di tutti crescano in un Paese in cui possano essere libere dalla paura, libere di esprimersi, libere di fiorire e di amare. Perciò sarebbe stato fondamentale istituire un fondo destinato alle scuole di ogni ordine e grado per il finanziamento di percorsi formativi di educazione affettiva e sessuale. Per Vanessa Ballan, Giulia Cecchettin, per tutte le donne vittime di femminicidio non bastano minuti di silenzio. Di silenzio ne abbiamo fatto abbastanza. Abbiamo fatto secoli di silenzio. Adesso è il momento di far rumore, di raccogliere le lacrime e di pretendere una rivoluzione culturale che inizi dalla scuola.

Anche oggi la nostra proposta sull’educazione affettiva e sessuale è stata bocciata dalla maggioranza parlamentare, ma verrà il momento in cui riusciremo a portare il nostro Paese nell’Europa dei diritti e a costruire un futuro migliore.

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