Le festività natalizie appena trascorse saranno ricordate come quelle del “pandoro gate” e della gara a chi scrive l’insulto peggiore sotto i post dei Ferragnez tra un ambo e una cinquina. Ma non si tratta solo di satira per una vicenda che ha tenuto banco per giorni sui social, sulla stampa, nei talk televisivi e fra le prime notizie dei telegiornali, in alcuni casi c’è stata una vera e propria sollevazione popolare da far impallidire persino Robespierre ed è stata vomitata una dose di giustizialismo tale da far invidia ai più accaniti forcaioli e manettari di sempre.

Non ultimo l’atto di vandalismo con le scritte “truffatrice” e “bandita” ad imbrattare la vetrina del negozio di Chiara Ferragni a Roma. Perché se da una parte è innegabile che l’Antitrust abbia deciso di multare pesantemente la popolare influencer per una pratica commerciale che ritiene scorretta, dall’altra parte è altrettanto innegabile che i fascicoli esplorativi aperti dalle procure di Milano, Cuneo, Prato e Trento non hanno ancora portato ad una ipotesi di reato, a soggetti indagati né tantomeno ad una condanna.

Il sospetto è che, molte persone, troppe, non aspettassero altro che l’occasione ghiotta per crocifiggere Chiara Ferragni e tutta la sua famiglia rea di vivere in un mondo dorato fatto di case ultramoderne e super lussuose situate nei quartieri più esclusivi di Milano, viaggi nei posti che ognuno di noi vorrebbe visitare almeno una volta nella vita, vestiti, gioielli e accessori costosissimi, guadagni e fatturati da capogiro realizzati grazie ai milioni di followers che fino ad una ventina di giorni fa consideravano l’imprenditrice digitale come la regina indiscussa dei social. Una vera e propria orda barbarica pronta ad appiccare il fuoco alla pira su cui vorrebbe veder bruciare la strega bionda rea di essere stata la prima nel nostro Paese ad inventarsi un lavoro che molti non le riconoscono ritenendo che fare l’influencer non sia una professione e che questo assunto sia sufficiente per desiderare la sua rovinosa caduta da un’altezza che noi, probabilmente, non raggiungeremmo neppure in cento vite.

Ma qui non si tratta di esprimere un giudizio morale o etico su chi o cosa abbia generato e alimentato a dismisura l’esistenza della figura degli influencer né di stabilire se gli influencer siano realmente persone dotate di talento, intelligenza, creatività, spirito di impresa tali da determinare il loro indiscusso successo. Perché se un introito, piccolo o immenso che sia, viene realizzato in maniera legale e pagando le tasse dovute, nessuno dovrebbe gridare allo scandalo, soprattutto se – come io credo – è molto improbabile che l’affaire pandoro sia connesso con il reato di truffa.

Sull’etichetta del famoso dolce natalizio che un anno fa veniva venduto in tutti i supermercati appariva questa scritta: ”Chiara Ferragni e Balocco sostengono l’Ospedale Regina Margherita di Torino, finanziando l’acquisto di un nuovo macchinario che permetterà di esplorare nuove strade per le cure terapeutiche dei bambini affetti da Osteosarcoma e Sarcoma di Ewing.” In nessuna parte dell’etichetta o della confezione c’è scritto che una percentuale delle vendite, né tantomeno quale percentuale, sarebbe andata in beneficenza, ragion per cui ritengo che sia davvero difficile ravvisare l’intenzione di truffare il consumatore dato che 50.000 euro sono state realmente impiegate per l’acquisto del suddetto macchinario. Una percentuale del ricavato delle vendite dei pandori è andato alla testimonial Chiara Ferragni e un’altra percentuale alla Balocco, l’azienda produttrice che, probabilmente, in conseguenza della crisi subita negli ultimi tempi, ha deciso di puntare su una campagna pubblicitaria che avesse al centro un volto come quello della popolarissima influencer.

Ritengo probabile, dunque, che la pratica commerciale scorretta ravvisata dall’Antitrust si traduca nei termini di un’eventuale pubblicità ingannevole e per questo motivo Chiara Ferragni, nell’ormai famoso video di scuse, ha tenuto a specificare che d’ora in poi terrà nettamente separate le operazioni commerciali dalle opere di beneficenza onde evitare che si possano nuovamente ingenerare equivoci ed errori di comunicazione di cui, tra l’altro, si è presa ogni responsabilità evitando di addossare eventuali colpe a membri del suo staff.

Davvero possiamo credere che la Ferragni riesca a gestire personalmente e ad avere il pieno controllo su tutte le sponsorizzazioni, promozioni, operazioni commerciali che prevedono lo sfruttamento del suo nome e della sua immagine e i conseguenti legittimi ed ingenti compensi? Ma soprattutto davvero possiamo pensare che i poteri forti in Italia e nel mondo contro i quali dovremmo scandalizzarci, insorgere e fare la rivoluzione un giorno si e l’altro pure siano incarnati dai Ferragnez?

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Ferragni chiede scusa per il caso del pandoro Balocco: “Ho fatto un errore. Devolverò 1 milione di euro all’ospedale Regina Margherita”

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