Dossier decennali che attendono risposte, matrimoni sotto la lente della Commissione europea e dell’Antitrust Ue. E poi la battaglia per la rete Tim con Vivendi intenzionata a far valere le sue ragioni riguardo alla vendita al fondo Kkr. Ci sono almeno quattro sfide che agitano il governo e in attesa di risposte che saranno dirimenti per il futuro di aziende strategiche nell’economia del Paese, senza contare le decine di vertenze aperte attorno alle quali si muovono decine di migliaia di posti di lavoro. Il 2024 eredita vicende industriali che scottano e sono in attesa di una soluzione definitiva, con esiti che potrebbero complicare anche la situazione occupazionale. Questioni non di là da venire, ma che bussano subito alle porte di Palazzo Chigi. La prima e più scottante è quella dell’ex Ilva.

Fine crisi mai – L’acciaieria si ritrova di nuovo a un passo dal baratro e da mesi il governo continua a non decidere. Tutto ruota attorno alla crisi di liquidità di Acciaierie d’Italia, controllata da ArcelorMittal (62%) e partecipata dalla pubblica Invitalia (38%), e ai ripetuti no del socio privato alla ricapitalizzazione necessaria per stabilizzare i conti e fornire gli asset alla società per riaprire i cordoni del credito. Consigli di amministrazione e assemblee a vuoto hanno fatto quasi scadere il tempo: il 10 gennaio esiste il rischio che arrivi la parola fine sulla fornitura del gas da parte di Snam, che avrebbe voluto chiudere i rubinetti già a novembre ma il Tar ha spostato le lancette in avanti di due mesi. Così ora, a poco più da una settimana dalla prossima udienza, il governo ha deciso di convocare un vertice per l’8 gennaio con Mittal e Invitalia. Sul tavolo ci sono tre ipotesi: un accordo con il socio privato per pompare 1,3 miliardi di euro nelle casse di Acciaierie d’Italia versando pro quota, il mancato accordo e la salita di Invitalia in maggioranza o un divorzio che porterebbe dritti all’amministrazione straordinaria. Quest’ultimo scenario, in giorni di riunioni febbrili per trovare una quadra, resta lo scenario più probabile e allo stesso più doloroso. Il governo ha sempre garantito la continuità aziendale ma vuole evitare il controllo pubblico da parte di Invitalia, un’opzione caldeggiata dai sindacati e dal ministro Adolfo Urso ma che trova diverse voci contrarie nell’esecutivo, a iniziare da quella di Raffaele Fitto. L’8 gennaio dunque governo e Mittal dovranno cercare una mediazione: oltre non si potrà andare.

Le nozze di Ita sotto la lente di Bruxelles – Niente ‘matrimonio’ con Lufthansa nel 2023 e neanche a gennaio 2024. Per scrivere la parola fine al dossier infinito della compagnia, nata dalle ceneri della vecchia Alitalia, bisognerà ancora attendere. A determinare un ulteriore slittamento del closing dell’operazione, che si è concretizzata nel corso dell’anno e che è stata notificata a Bruxelles il 30 novembre scorso, è stata la richiesta della Commissione europea di tempi supplementari per ulteriori approfondimenti prima del definitivo via libero. Inizialmente, si guardava (e si auspicava) al 15 gennaio, cioè la scadenza della prima fase dell’indagine (dopo 25 giorni lavorativi dalla notifica), come possibile deadline per ottenere l’approvazione ma si andrà alla fase due con uno slittamento di tre mesi. Lufthansa si è impegnata ad acquisire il 41% di Ita attraverso un aumento di capitale di 325 milioni di euro, con l’opzione di rilevare tutte le azioni rimanenti in mano al Tesoro in un secondo momento e salire così al 100% della newco. Nell’ambito dell’accordo, il Mef si è impegnato in un aumento di capitale di 250 milioni di euro, si tratta della terza e ultima tranche del finanziamento complessivo da 1,35 miliardi di euro già autorizzato dall’Ue. Ormai da diverse settimane, la Commissione europea sta scandagliando un ampio spettro di questioni per evitare una concentrazione sul mercato che l’operazione comporterebbe. Sotto la lente ci sono, tra gli altri, gli slot, le rotte, i prezzi dei biglietti. Il focus è incentrato sul network sui principali aeroporti di Ita e Lufthansa, Milano Linate e Fiumicino e gli hub di Francoforte e Monaco. Ma i rinvii non fanno bene a Ita: anche se punta a chiudere l’anno con 15 milioni di passeggeri ed un fatturato di 2,5 miliardi di euro con l’obiettivo di arrivare in anticipo al break even nel 2024, la compagnia è troppo piccola per poter volare da sola sul mercato globale. Lufthansa ha, comunque, già chiarito che ci vorrà un po’ di tempo prima che Ita diventi una compagnia redditizia.

La partita per la rete Tim – Entro l’estate del 2024 dovrebbe essere completato il processo di cessione della rete, avvenimento di portata storica per l’ex monopolista, iniziato formalmente lo scorso luglio quando è stato approvato il piano industriale con la separazione della parte servizi (ServCo) dalla parte infrastruttura (NetCo). Il condizionale è d’obbligo perché sull’operazione di vendita al fondo Usa Kkr, deliberata dal consiglio di amministrazione lo scorso 5 novembre, pende un ricorso dell’azionista francese Vivendi notificato a Tim lo scorso 15 dicembre. La cessione della rete a Kkr è stata deliberata a maggioranza dal cda (senza il passaggio nel comitato parti correlate e in assembra auspicato da Vivendi) per una cifra che all’attuarsi di alcune condizioni arriverà a un totale di 22 miliardi. Il fondo statunitense ha già firmato l’estate scorsa con il ministero dell’Economia un memorandum of understanding che porterà la partecipazione dello Stato fino al 20% della società della rete e gli darà un ruolo decisivo per le scelte strategiche. Il 20 dicembre scorso il fondo infrastrutturale italiano F2i ha deliberato a sua volta di partecipare alla Netco con un miliardo, pari a una quota del 10%, subordinatamente alla raccolta della somma. Nell’atto di citazione di Vivendi viene contestata la legittimità della delibera consiliare per la cessione di NetCo. Tuttavia Vivendi non ha formulato alcuna richiesta cautelare, né ha chiesto di inibire in via d’urgenza l’esecuzione della delibera e degli atti negoziali conseguenti. Per questo Tim ha già comunicato che le attività previste dagli accordi con Kkr finalizzate al closing dell’operazione proseguiranno secondo quanto previsto, senza ritardi o interruzioni. Il socio francese (presente nel capitale al 23,75%) nell’atto di citazione ha chiesto al tribunale il 22 aprile 2024 come data per la prima udienza. Quindi il giorno precedente dell’assemblea di Tim che – secondo il calendario finanziario – è convocata il 23 aprile, per l’approvazione del bilancio e il rinnovo del cda.

L’Antitrust Ue vigila su Italo-Msc – Novità sono in arrivo anche per Ntv nel 2024. L’operatore ferroviario privato, attivo nell’alta velocità dal 2012, attende notizie da Bruxelles. L’Antitrust Ue dovrà pronunciarsi sull’ingresso nel capitale della società di Msc, il gigante della logistica, che acquisirà il 50%, diventando azionista di maggioranza. Il valore dell’operazione è calcolato intorno ai 4 miliardi. Ottenuto il via libera Ue, si potrà procedere al closing, atteso nei primi mesi dell’anno. Nascerà così il primo gruppo intermodale europeo nel settore dei trasporti con i treni di Italo, la navi di Msc e i bus di Itabus. Italo collega 62 stazioni di 54 città con 118 viaggi giornalieri e 25 milioni di passeggeri all’anno, oltre ai 56 servizi giornalieri di treno più bus. Attualmente la flotta è composta da 51 treni (25 AGV e 26 Pendolino EVO) e 100 bus Man. L’azienda, in ottica Pnrr e di efficientamento della rete, sta valutando un incremento dei treni di circa il 20%.

Il piano industriale di Leonardo – In ballo c’è anche il via libera, atteso a fine febbraio, al nuovo piano industriale al quale sta lavorando da mesi l’amministratore delegato Roberto Cingolani. La mission strategica che il nuovo piano fissa per il gruppo è, innanzitutto, quella di seguire l’evoluzione del concetto di difesa sempre più proiettato sulla cybersecurity e di essere catalizzatore di partnership nei grandi programmi europei. Un ruolo che, guardando al modello dell’ormai ultraventennale joint venture della missilistica Mbda, si dispiegherebbe anche in altri settori come quello della difesa terrestre dove Leonardo ha siglato il 13 dicembre scorso un’alleanza con la holding franco-tedesca Knds. Leonardo punterebbe a creare una joint venture di cui deterrebbe un terzo, mentre il 63% circa dovrebbe andare a Knds, che rappresenta l’industria francese e tedesca. Dagli armamenti terrestri allo spazio: Leonardo ha già rivisto gli accordi con Thales sulla Space Alliance e consoliderà Telespazio di cui detiene il 65%. Nei lanciatori, Leonardo punta ad una aggregazione che valorizzi la partecipazione detenuta in Avio. Si guarda intanto anche a nuove collaborazioni con Airbus, tenendo conto che oggi la collaborazione è limitata agli A321 e A220. C’è poi all’orizzonte l’impegno insieme alla britannica Bae Systems e alla giapponese Mitsubishi nell’accordo intergovernativo tra Italia, Regno Unito e Giappone per lo sviluppo del Gcap, Global Combat Air Program, l’aereo da combattimento di nuova generazione la cui entrata in servizio è prevista per il 2035.

Articolo Precedente

Giorgetti: “Dopo il No al Mes contraccolpi per l’Italia. Replica di taglio del cuneo e Irpef? Solo se si ferma l’emorragia del Superbonus”

next