Cinque squadre in cinque punti. L’incredibile Bologna di Thiago Motta, autentica rivelazione dell’anno. Fiorentina e Atalanta sempre belle da vedere. Le romane che risaliranno. Il Napoli campione in carica che trema davvero, e persino il Milan che comincia ad avere qualche brutto pensiero. Grande e piccole, in lotta per lo stesso sogno chiamato Europa. Ecco, quando parlate di Superlega, pensate che tutto questo semplicemente non avrebbe più senso.

La splendida corsa Champions che sta animando e probabilmente animerà fino alla fine questa stagione è l’esempio più tangibile e immediato del perché la Superlega sia la morte del calcio. È stata la settimana di una sentenza storica, comunque vada. Ancora non sappiamo se questo fantomatico nuovo tornerò partirà mai, e soprattutto in che forma: con la pronuncia della Corte europea inizia una partita che durerà forse anni. Il ritorno al calcio giocato però ci ha subito ricordato la posta in palio: la sopravvivenza stessa della Serie A.

Nel clima partigiano e insostenibile che si è creato attorno alla questione, essere contrari alla Superlega vuol dire stare con la Uefa di Ceferin o, peggio ancora, la Fifa di Infantino, uno degli organismi più corrotti e venali del panorama mondiale, e non solo sportivo, insensibile ai diritti umani, interessato solo ai soldi, contiguo alle più spregevoli autarchie, dalla Russia di Putin agli arabi. Se un giorno nascesse un nuovo torneo internazionale non più gestito da un ente in palese conflitto di interesse (come sancito dalla Corte Ue) ma da un organo terzo, nessuno probabilmente avrebbe da obiettare. E non è detto che prima o poi ciò non accada. Il punto è che tipo di torneo.

Il calcio è – era? – lo sport più bello del mondo perché qualsiasi squadra, anche la più scrausa compagine dilettantistica, nei 90 minuti ha una possibilità per quanto piccolissima di battere chiunque, cosa che non accade in quasi nessun’altra disciplina. Fifa e Uefa hanno mille difetti e altrettante colpe, ma gli va riconosciuto il merito di aver mantenuto accesa questa fiammella, per quanto flebile. È il motivo per cui oggi il Bologna di Thiago Motta può sognare di arrivare in Champions League, e perché il Napoli del borioso De Laurentiis rischia di rimanerne fuori: semplicemente perché la prima se lo sta meritando sul campo, e la seconda no. Poi magari tutto rientrerà nei ranghi, perché alla fine vince (quasi) sempre la più forte. Però è questa speranza che manda avanti il sistema. Nel momento in cui vincere lo scudetto non darà più diritto alle ricompense sportive ed economiche che garantisce la qualificazione in Europa, che senso avrà giocare ancora?

Chi vuole proporre un nuovo torneo, deve rispettare lo spirito del gioco. La Superlega non è pensata per salvare il calcio, ma solo 4-5 squadre disperate (inutile fare i nomi, sappiamo tutti chi sono) che per rimediare alle proprie incapacità gestionali hanno pensato di blindarsi il futuro uccidendo quello altrui. Lo dimostra anche l’ultimo format propagandato come rivoluzionario e inclusivo, ma in realtà più chiuso che mai. Nello schema di A22, i campionati nazionali in futuro qualificherebbero solo alla Serie C delle coppe, praticamente l’equivalente della Conference League, mentre nell’Europa che conta i grandi club avrebbero il loro posto acquisito per diritto dinastico e garantito praticamente per sempre. Ecco, allora immaginatevi la Serie A di quest’anno, o quella dell’anno scorso con lo scudetto già assegnato a gennaio, ma con il secondo, terzo e quarto posto che non mettano nulla in palio. Un torneo semplicemente inutile. È questo che volete diventi il calcio italiano? Non fidatevi delle balle e del restyling: la nuova Superlega è la solita vecchia sbobba classista.

Twitter: @lVendemiale

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