Il pubblico ministero che si è occupato della denuncia per stalking presentata da Vanessa Ballan respinge, in una memoria inviata al procuratore di Treviso, l’accusa di aver commesso errori nel trattare il caso. La sostituta Barbara Sabattini non aveva ordinato il divieto di avvicinamento per Bujar Fandaj, l’amante respinto fermato per l’omicidio della commessa 26enne a Riese Pio X. Era stato il capo dell’ufficio, Marco Martani, a dichiarare pubblicamente, dopo il fatto, che un provvedimento del genere avrebbe potuto essere adottato, anche se forse non sarebbe bastato. Poiché il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha ordinato un’ispezione in Procura per accertare la regolarità dell’operato dei magistrati, la pm Sabattini ha ricostruito in una relazione il comportamento tenuto da titolare del fascicolo. Alla notizia dell’invio degli ispettori, il procuratore Martani ha commentato: “Mi aspettavo che da Roma arrivassero richieste di spiegazioni, vista la mancata misura. Risponderò di conseguenza. Sono a completa disposizione”.

I reati contestati – Nel documento la pm spiega innanzitutto quali erano le ipotesi di reato contestate a Fandaj dopo la presentazione della querela da parte della donna ai carabinieri di Riese Pio X, il 26 ottobre scorso: stalking, revenge porn, violenza sessuale, violazione di domicilio e interferenza illecita nella vita privata. La sostituta ripercorre gli atti d’indagine compiuti, a partire dagli accertamenti ordinati dal suo collega di turno che ricevette la prima segnalazione di denuncia da “codice rosso”. Fu disposto il sequestro dei cellulari e del computer di Fandaj, che il 27 ottobre seppe così di essere indagato.

La prova del revenge porn – Gli inquirenti cercavano la prova del ricatto, ovvero un video che Fandaj minacciava di mettere in rete o di inviare al compagno di Vanessa, Nicola Scapinello, se lei non fosse tornata con lui. Nei telefonini c’erano poi i messaggi che la donna aveva cancellato, per paura che venissero letti dal compagno. Eppure il 25 ottobre, il giorno prima della denuncia, Scapinello aveva trovato un video e ne era rimasto sconvolto, chiedendo un chiarimento a Vanessa, con cui stava insieme dai tempi della scuola. Lei aveva ammesso la relazione, dicendo però che era finita da mesi, e insieme avevano deciso di rivolgersi alle forze dell’ordine.

Indagato, ma incensurato – Perché Sabattini non ordinò il divieto di avvicinamento, che in caso di mancato rispetto avrebbe potuto giustificare misure più gravi, come gli arresti domiciliari o la custodia in carcere? La spiegazione è articolata in vari punti con relativi riferimenti giuridici. Innanzitutto, ricorda la pm, Bujar Fandaj era incensurato, non c’erano precedenti penali che potessero far pendere la bilancia del giudizio verso la pericolosità sociale. I carabinieri avevano sentito alcuni dipendenti del supermercato in cui Vanessa lavorava, trovando alcune conferme: in un’occasione Bujar aveva spinto Vanessa davanti a loro minacciandola di ucciderla, in un’altra aveva lanciato alcune monete contro la cassa. Il magistrato ha però ritenuto che questi episodi non fossero sufficienti per emettere il divieto.

I tabulati arrivano dopo il delitto – A quel punto il pm aveva disposto una verifica su cellulari e computer. Avesse trovato messaggi di minaccia, probabilmente avrebbe disposto il divieto di avvicinamento, ma senza quelle prove non lo ha fatto. Il pm elenca perquisizioni e interrogatori, spiegando di aver rispettato le procedure previste dalla legge e di non aver avuto elementi per ritenere il caso urgente e grave. Un altro elemento indicato a propria “discolpa” sta nel fatto che non le fossero stati segnalati comportamenti violenti o minacciosi da parte di Fandaj nelle settimane successive. Per questo è rimasta in attesa dei riscontri sui telefonini e sul computer, ma il rapporto è arrivato in Procura solo due giorni dopo l’omicidio: troppo tardi. Non si sa ancora se nei dispositivi ci fossero le prove che Fandaj avesse preteso rapporti sessuali con Vanessa dietro la minaccia di rivelare tutto al suo compagno.

L’altra denuncia – La difesa della pm, quindi, è incentrata sulla mancanza di errori procedurali: semmai c’è stata una sottovalutazione. Com’è potuto succedere? La dottoressa Sabattini è una magistrata d’esperienza, che fa parte del gruppo “Fasce deboli e violenza di genere”. Eppure qualcosa nella valutazione della gravità dei fatti non ha funzionato. ­­A complicare la decisione ha contribuito anche un precedente: Vanessa aveva già presentato denuncia per aver subito le persecuzioni di uno stalker. Anche in quel caso la descrizione dei fatti era stata precisa. Nel 2021 un 49enne di origine marocchina si era invaghito di lei al supermercato e con una scusa aveva ottenuto il suo numero di cellulare. Poi aveva iniziato a perseguitarla, aspettandola più volte nel parcheggio dopo l’orario di lavoro e chiedendole appuntamenti via messaggio. L’aveva seguita fino a casa, finchè un giorno l’aveva aggredita, prendendola per il collo con le mani. Vanessa era così andata dai Carabinieri a presentare denuncia.

Il ritiro della querela – Per quei fatti il 49enne era stato rinviato a giudizio, ma nel frattempo la giovane aveva annunciato di voler ritirare la denuncia, come poi ha fatto all’apertura del dibattimento, nel 2022. Forse pensava di aver raggiunto l’obiettivo di rendere inoffensivo il suo stalker. Il giudice, a quel punto, aveva dichiarato estinto il reato (perseguibile soltanto a querela) emettendo una sentenza di non luogo a procedere. Due anni dopo Vanessa si è ripresentata nella stessa caserma di Riese Pio X per denunciare l’amante: per quasi due mesi, anche in questo caso, deve aver pensato di aver raggiunto lo scopo, perché Fandaj aveva smesso di avvicinarla. Il 19 dicembre, quando l’uomo si è presentato a casa sua, ha capito che non era così.

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