Nel Media Freedom Act, la prima legge europea sulla libertà e la trasparenza dei media, non ci sarà la clausola esplicita che avrebbe permesso di spiare i giornalisti per tutelare “la sicurezza nazionale”. Dopo dieci ore di negoziato, i rappresentanti delle istituzioni Ue hanno raggiunto un accordo e ci si prepara, in primavera, all’adozione definitiva del testo. Un passaggio definito “storico”. In particolare, nonostante le pressioni di alcuni Stati membri (Francia e Italia in primis), è stato riformulato il passaggio più controverso e criticato sul controllo dei cronisti. Ad annunciarlo, nel corso della conferenza stampa, è stata la relatrice Ramona Strugariu: “Posso dire”, ha dichiarato, “che non c’è alcun riferimento alla salvaguardia della sicurezza nazionale in nessuna parte di questo testo. C’è una disposizione generale, nell’articolo 4.4, che dice che dobbiamo rispettare le responsabilità degli Stati per ciò che riguarda i trattati”. Inoltre, secondo i primi annunci, viene stabilito che un giudice dovrà autorizzare ogni sorveglianza e ci sarà l’obbligo di notifica al cronista, aprendo quindi alla possibilità di fare ricorso.

Salta il riferimento esplicito allo spionaggio dei giornalisti per la sicurezza nazionale – L’accordo è stato accolto con entusiasmo a livello politico, a partire dalla presidente del Parlamento Ue Roberta Metsola, ma anche dalla Federazione europea dei giornalisti (“Grazie per aver tenuto in considerazione le nostre richieste”, si legge su X). Per Christophe Deloire, segretario generale di Reporters without borders, è “una vittoria” perché “il testo prevede progressi significativi nella lotta alla sorveglianza e nella protezione della riservatezza delle fonti”. Ora, in attesa della versione finale del regolamento, restano alcuni aspetti importanti da chiarire. “Da quanto emerge avremo un testo in qualche modo capace di tutelare il giornalismo europeo”, ha detto a ilfattoquotidiano.it Dimitri Bettoni, giornalista e ricercatore dell’Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa, “e questo grazie al lavoro dei parlamentari europei, l’istituzione che ha preso una posizione chiara in difesa del giornalismo, e al lavoro della società civile che si è impegnata a fondo perché il testo rispondesse ai bisogni reali del giornalismo”. Bettoni ha partecipato alla coalizione della società civile che ha affiancato il Parlamento Ue nel lavoro sul regolamento. Ed è stato tra coloro che, insieme a OBCT, ha messo in guardia sul fatto che la tutela delle fonti per i cronisti in Europa fosse in pericolo. “Resto ovviamente deluso dall’atteggiamento del Consiglio, che ha dimostrato di non voler recepire i fondamenti su cui il giornalismo funziona e, da cittadino italiano, del ruolo che l’Italia si è ritagliata all’interno del percorso, tra i Paesi più ostili”. Proprio l’Italia, come rivelato da un’inchiesta dei consorzi di giornalismo Investigate Europe (IE), Disclose e Follow The Money e pubblicata da il Fatto quotidiano, aveva minacciato il veto purché restasse la possibilità di spiare i giornalisti.

Secondo Bettoni, ora ci sono “alcuni punti che andranno confermati”. Innanzitutto, “l’eliminazione dell’eccezione della sicurezza nazionale”: “Vederla sparire dall’articolo in favore del rispetto dei trattati europei è un buon segno, frutto dell’opposizione dura del parlamento, e una vittoria enorme; non solo per il giornalismo, ma perché c’è bisogno che questa ‘sicurezza nazionale’ sia un concetto chiaro e ben delimitato”. Poi la valutazione ex ante di un giudice e l’obbligo di notifica a chi viene sorvegliato: “Sono ottime notizie non solo in chiave di tutela della professione, ma anche di emersione di informazioni rispetto all’uso di tecnologie invasive e pericolose da parte delle autorità”. Infine, continua, “resta da vedere l’applicazione pratica della cosiddetta lista dei crimini gravi, per i quali si attiva la possibilità dell’uso di tecnologie di sorveglianza. Insomma, vediamo come verrà implementato il regolamento e come si comporteranno i tribunali”. La nuova formulazione, prevede il riferimento ai trattati Ue, dove (art.4.2) si fa riferimento al fatto che “la sicurezza nazionale è di competenza degli Stati membri”. Un passaggio che preoccupa alcuni degli osservatori. Secondo Bettoni però, “non potrebbe essere diversamente” perché “sono gli accordi che definiscono le competenze di istituzioni europee e Stati”. “Certo, tutta la storia di questo regolamento dimostra che è impensabile una separazione manichea tra competenze di sicurezza e tutela dei diritti fondamentali. Serve un cambio di visione da parte delle istituzioni su cosa siano e come si costruiscano sicurezza nazionale e sicurezza pubblica”. Intanto, però, chiude, “in generale si può dire che c’è un passo nella giusta direzione e oggi ci sentiamo soddisfatti”.

Non solo spionaggio. Su cosa si è trovata l’intesa – Il Media Freedom Act non si occupa solo di spionaggio e tutela delle fonti (qui il testo che era stato approvato dall’Eurocamera), ma interviene anche sulla trasparenza dei media (dai finanziamenti ai proprietari) e cerca di regolamentare per la prima volta il rapporto con le grandi piattaforme (si stabilisce, ad esempio, l’obbligo di spiegare i motivi per cui un social network interviene per rimuovere un contenuto giornalistico). Tra i punti fondamentali del provvedimento: tutti i media devono essere trasparenti su chi li possiede; si richiede una distribuzione equa della pubblicità statale; gli Stati membri devono garantire l’indipendenza editoriale e funzionale dei media pubblici. Per conoscere i dettagli definitivi però, si dovrà aspettare la diffusione del testo definitivo. Intanto, il Parlamento Ue in una nota ha ribadito che la proposta di regolamento “risponde alle crescenti preoccupazioni nell’Ue circa la politicizzazione dei media e la mancanza di trasparenza della proprietà dei media e dell’assegnazione dei fondi pubblicitari statali ai fornitori di servizi di media”. Per il ministro della Cultura spagnolo Ernest Urtasun i Domènech, “l’accordo odierno conferma la posizione dell’Ue come leader mondiale nella protezione dei giornalisti“. Per oggi i legislatori europei festeggiano e gli attori della società civile tirano un sospiro di sollievo. In attesa di vedere come sarà la messa in pratica della legge.

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