Il conflitto scatenato dall’attacco di Hamas del 7 ottobre si è allargato. L’eventualità più temuta è diventata realtà, ma non sul fronte considerato più a rischio, quello Nord, dove continuano gli attacchi incrociati tra Israele e Hezbollah. E nemmeno su quello che avrebbe provocato le conseguenze più gravi: uno scontro diretto con l’Iran. Il nuovo campo di battaglia, che coinvolgerà dieci diversi Paesi, tra cui l’Italia secondo quanto riferito dagli Stati Uniti, è quello che fino a oggi è stato più sottovalutato, sia per motivi geografici che per le capacità militari dell’avversario: lo Yemen. Dopo gli attacchi dei ribelli Houthi a diverse navi che transitavano nel Mar Rosso, snodo cruciale per i commerci mondiali, gli Stati Uniti hanno deciso di mettere in piedi una coalizione per proteggere i cargo diretti verso il Canale di Suez. In gioco non ci sono solo la sicurezza delle imbarcazioni e gli approvvigionamenti di Israele: c’è la salvaguardia del commercio mondiale.

Dopo aver colpito una petroliera norvegese e aver sferrato un altro attacco tra le coste di Gibuti e lo stretto di Bab al Mandab, tra il Mar Rosso e l’Oceano Indiano, i ribelli yemeniti sostenuti dall’Iran hanno fatto sapere di essere pronti a colpire ogni 12 ore qualsiasi imbarcazione che trasporti merci verso lo ‘Stato ebraico’. L’obiettivo dichiarato dal portavoce Mohammed Abdul Salam è quello di “aumentare la pressione su Israele affinché fermi la sua aggressione e metta fine all’assedio di Gaza“. Così, Washington ha convocato alcuni dei suoi alleati e ha formato una coalizione che prevede il dispiegamento di unità navali a protezione dei cargo.

Oltre all’Italia e agli Usa, all’operazione Prosperity Guardian prenderanno parte anche Gran Bretagna, Francia, Canada, Olanda, Norvegia, Spagna, Bahrein e Seychelles. Roma porterà in quelle acque la fregata europea multi missione Virgilio Fasan, anche se Farnesina e Difesa hanno precisato che non si tratta di una partecipazione all’operazione ma un’iniziativa per tutelare gli interessi commerciali nazionali “rispondendo a una precisa richiesta di tutela” avanzata “dagli armatori italiani” si legge in una nota. “Ciò – si legge ancora nel comunicato della Difesa – avverrà nell’ambito di un’operazione già esistente e autorizzata dal Parlamento e non dell’operazione Prosperity Guardian”. La precisazione sembra un di più ma in realtà è una risposta alle obiezioni di alcune forze d’opposizione che già avevano chiesto un passaggio parlamentare, se questa fosse stata una nuova missione.

Ad ogni modo bisogna dire che non si tratta di un dispiegamento a sorpresa, dato che era comunque previsto per il prossimo febbraio nell’ambito dell’operazione diplomatica europea e anti-pirateria denominata ‘Atalanta‘ che doveva concentrarsi però nell’area di mare di fronte al Corno d’Africa.

I tempi verranno comunque anticipati, con la nave che il 24 dicembre dovrebbe attraversare il Canale di Suez, dopo il vertice avvenuto tra il ministro della Difesa, Guido Crosetto, e il segretario della Difesa americano, Lloyd Austin. Gli attacchi Houthi sono infatti considerati una “minaccia” per il commercio internazionale, hanno spiegato dal Pentagono: “Austin ha condannato gli attacchi degli Houthi contro la navigazione internazionale e il commercio globale definendoli senza precedenti e inaccettabili, dato che minacciano il libero flusso del commercio”, ha spiegato il segretario stampa del Pentagono, generale Pat Ryder. Crosetto stesso ha confermato che “durante il colloquio con il segretario alla Difesa degli Stati Uniti è stata affermata l’importanza del principio di libera navigazione, valutato l’impatto sul commercio internazionale e discusse le possibili opzioni per garantire la sicurezza delle rotte marittime al fine di prevenire ripercussioni sull’economia internazionale, con pericolose dinamiche sui prezzi delle materie prime. L’Italia farà la sua parte, insieme alla comunità internazionale, per contrastare l’attività terroristica di destabilizzazione degli Houthi, che abbiamo già condannato pubblicamente, e per tutelare la prosperità del commercio e garantire la libertà di navigazione e il diritto internazionale”.

Lo sfruttamento del Canale di Suez è infatti troppo importante per il commercio mondiale. Il passaggio artificiale dalla metà dell’Ottocento ha stravolto in positivo le tempistiche per trafficare merci tra l’Asia e il Vecchio Continente. Non utilizzarlo significherebbe tornare indietro di quasi 200 anni. L’annuncio arriva dopo che le prime cinque compagnie al mondo di cargo hanno deciso di circumnavigare il continente africano per evitare rischi legati alla sicurezza, ritardando i tempi di consegna di una decina di giorni. A Msc, Hapag-Lloyd AG, Maersk, e Cma Cgm si è aggiunta la taiwanese Evergreen che ha interrotto temporaneamente il trasporto di merci israeliane. La compagnia petrolifera inglese Bp, a sua volta, ha annunciato la sospensione del transito nel Mar Rosso delle sue petroliere. Scelte che hanno già fatto smuovere i mercati, soprattutto quello del greggio che potrebbe così conoscere un nuovo importante rialzo dei prezzi.

Da quanto si apprende, comunque, si tratterà di una missione di pattugliamento e intervento difensivo in caso di attacchi nei confronti di navi mercantili: nessuna operazione militare in territorio straniero, insomma. Non sembra comunque preoccupato Mohammed Abdul Salam che considera la mossa “essenzialmente inutile”, dato che tutte le acque adiacenti allo Yemen sono “sicure”, tranne che per le navi israeliane o per quelle dirette in Israele a causa della “ingiusta guerra aggressiva contro la Palestina”. “Chiunque cerchi di espandere il conflitto deve assumersi la responsabilità delle conseguenze delle sue azioni”, ha continuato ritenendo che “la coalizione formata dagli Usa con lo scopo di proteggere Israele e militarizzare il mare senza alcuna giustificazione non impedirà allo Yemen di continuare le sue legittime operazioni a sostegno di Gaza. Proprio come gli Stati Uniti si sono permessi di sostenere Israele con e senza un’alleanza, i popoli della regione possono legittimamente sostenere i palestinesi e lo Yemen si è assunto la responsabilità di opporsi alla grande ingiustizia a Gaza”.

Dato il forte sostegno offerto nel corso della guerra in Yemen, viene automatico collegare l’azione del gruppo ribelle a una mossa strategica da parte dell’Iran. Ma da Teheran smentiscono qualsiasi coinvolgimento, come accaduto anche in occasione dell’attacco di Hamas contro i civili israeliani: “Il gruppo yemenita Houthi agisce in modo indipendente per quanto riguarda i suoi attacchi e il sequestro delle navi collegate a Israele nel Mar Rosso e nel Mar Arabico, in segno di protesta per la guerra contro i palestinesi di Gaza. Non è giusto mettere in relazione le misure indipendenti del gruppo yemenita con altri Paesi”, ha dichiarato il viceministro degli Esteri iraniano Ali Bagheri Kani.

Twitter: @GianniRosini

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