Non solo le decine di miliardi di risorse aggiuntive necessarie secondo la Commissione per continuare a sostenere l’Ucraina. Dietro il difficile negoziato tra i leader europei sulla revisione dell’attuale bilancio pluriennale dell’Unione, uno dei punti all’ordine del giorno del Consiglio Ue del 14 e 15 dicembre, c’è anche l’esplosione degli interessi sul debito contratto per finanziare i 421 miliardi di sovvenzioni a fondo perduto del Next Generation Eu. La raffica di aumenti dei tassi decisi dalla Bce ha infatti reso carta straccia le previsioni fatte dalla Commissione nel 2021. Come una famiglia con un mutuo variabile acceso quando i tassi erano vicini allo zero, Bruxelles si trova ora con l’acqua alla gola.

Come è noto l’esecutivo europeo raccoglie le somme poi erogate agli Stati indebitandosi sul mercato. Le prime emissioni, complice anche l’ottimo rating, offrivano rendimenti sul decennale dello 0,088%. E all’epoca si prevedeva che i tassi sarebbero rimasti bassi. Di conseguenza era stato stimato che per pagare gli interessi per il periodo 2021-2027 sarebbero bastati 14,9 miliardi. Ma le condizioni, da allora, sono cambiate radicalmente. Proprio mentre la Commissione diventava uno dei maggiori emettitori di debito denominato in euro.

Ora la cifra è destinata a salire a un livello variabile, a seconda dell’evoluzione della politica monetaria, tra i 17 e i 27 miliardi. Con extra costi di 1,9 miliardi per il 2024 e fino a 24,4 miliardi solo per il triennio 2025-2027. Per l’anno prossimo, secondo la Commissione, si può metterci una pezza ricorrendo a due fondi speciali tra cui lo Strumento di flessibilità. In seguito, stando alla proposta iniziale presentata in estate, i costi imprevisti dovrebbero essere coperti facendo sì che lo European Union Recovery Instrument (Euri) non sia soggetto ai limiti del quadro finanziario pluriennale 2021-2027. In alternativa sarà necessario sottrarre risorse ad altre voci, come il programma Erasmus o quello per la ricerca e innovazione Horizon: una soluzione che nel 2021 Parlamento, Consiglio e Commissione avevano ufficialmente escluso.

Il vero spauracchio, comunque, è lo scenario che si materializzerà con il successivo quadro pluriennale, dal 2028, quando partirà anche il rimborso della quota capitale. Il fabbisogno da sostenere raggiungerà – secondo un’analisi del dipartimento Affari finanziari del Parlamento europeo – i 25 miliardi l’anno nel 2030, prima di calare gradualmente verso i 14 miliardi l’anno nel 2058, anno entro cui andranno ripagate le sovvenzioni (così come i prestiti, che dovranno però essere restituiti dai singoli Paesi beneficiari). In totale, il cartellino del prezzo del programma di prestiti lanciato nel 2021 per finanziare il Next Generation potrebbe toccare i 222 miliardi di euro.

Per far fronte a quegli esborsi, la Commissione propone fin dal 2020 di istituire nuove “risorse proprie” – la più nota tra quelle già esistenti è l’Iva. Lo scorso giugno ha aggiunto alla lista che già comprendeva i proventi del sistema Ets per lo scambio delle quote di emissione e della neonata carbon tax alla frontiera anche una risorsa temporanea basata sui dati statistici relativi ai profitti delle società. Si tratta di un’aliquota dello 0,5% da applicare al margine lordo del settore finanziario e non finanziario di ogni Paese. A pagare però non sarebbero le aziende ma gli Stati: di fatto si tratta di un ulteriore contributo al bilancio europeo. In totale dall’intero pacchetto sono attesi in media 36,5 miliardi l’anno dal 2028 al 2030 a prezzi del 2018: circa 50 miliardi tenendo conto dell’inflazione. Ma molti governi hanno accolto queste ipotesi con scetticismo, a essere diplomatici, e l’approvazione appare quanto mai in bilico.

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