Televisione

Eleonora Daniele a FQMagazine: “Ho scritto un libro per bambini pensando a mia figlia Carlotta. Di professione faccio giornalismo e cronaca nera, ma ho anche bisogno di evasione”

La conduttrice di Storie Italiane si è occupata di molti femminicidi e di violenza sulle donne: "Purtroppo anche molte donne che hanno stroncato rapporti malati non potevano salvarsi. Perché questi uomini hanno istinti omicidi molto forti e definiti, proprio delinquenziali", ci ha spiegato. Ora è anche il libreria con una storia per bambini, Un pigiama a pois: "L'ho scritto per mia figlia Carlotta. Ora ha 3 anni e vorrei capisse cos’è il Natale. Quest’anno per la prima volta le posso parlare di renne, elfi..."

di Davide Turrini

Una bambina. Un regalo sotto l’albero di Natale. E da quel regalo ogni giorno una favola che nasce tra buffi animali e natura amica. Si intitola Un pigiama a pois (San Paolo edizioni) ed è un libro di favole scritto da Eleonora Daniele. Conduttrice ormai storica di Rai1 che con il suo Storie Italiane sfiora share da urlo nel daytime del mattino, del mezzogiorno e ora anche nel serale (14% di share ndr). “Di professione faccio giornalismo e cronaca nera, ma ho anche bisogno di evasione”, racconta Daniele a FQMagazine. “Ho sempre avuto il desiderio di creare favole. La vita è fatta anche di luce”.

La protagonista del libro, Carlotta, si chiama come tua figlia…
Il libro l’ho scritto per lei. Ora ha 3 anni e vorrei capisse cos’è il Natale. Quest’anno per la prima volta le posso parlare di renne, elfi, Babbo natale.

Dal memoir familiare (Quando ti guardo negli occhi – Mondadori) alfla favola di Natale donate alla propria figlia…
Carlotta è cittadina del mondo, ma anche europea. Le tradizioni natalizie che provengono dal Nord Europa devono tutto all’Italia. Santa Claus è San Nicola di Bari. Ce l’hanno rubato. Anche se in Puglia non nevica come in Lapponia (ride ndr).

Chi non ha creduto a Babbo Natale…
Avrò avuto sei sette anni e venni traumatizzata da un mio compagno di scuola. Mattia sulla scalinata della scuola mi guardò e mi disse: ma sai che Babbo Natale non esiste? Rimasi così male che ancora lo ricordo.

Che bambina eri?
Sono sempre stata molto creativa, mi chiudevo in casa a scrivere tantissimo, soprattutto poesie. Sono cresciuta in una casa di campagna in un’atmosfera bucolica. Dietro casa c’erano grandi terreni con alberi da frutto, animali, campi con ortaggi. Mi mettevo lì e scrivevo. Ho avuto un nonno bellissimo che ha fatto la guerra in Albania e che proprio là addomesticava orsi. Mi raccontava il suo amore per gli animali, mi ha insegnato a salvare i merli che cadevano dai nidi. Nei mesi freddi venivamo avvolti dalla brina. E Brina è il nome della cagnetta che appare in Un pigiama a pois.

E che adolescente sei stata?
“Ero brava a scuola, ma a un certo punto non ho più potuto continuare gli studi per problemi economici familiari. Ho dovuto lavorare per mantenermi. Gli studi li ho continuati dopo, quando sono diventata grande. Studiavo soprattutto di notte, quando c’è serenità e silenzio. Il non poter andare a scuola ha creato in me una costante necessità di sapere, di studiare, di informarmi e capire. Chi non conosce non cresce.

Vorresti arrivare al romanzo personale?
Già in Storie vere – Tra cronaca e romanzo (Rai Eri) ho romanzato alcune storie vere: una donna che viveva con un fantasma o un’altra donna che si era innamorata di un uomo molto più giovane di lei. Ad ogni modo un romanzo tutto mio mi piacerebbe molto, è un sogno nel cassetto. Ci arriverò.

Qual è il segreto del successo costante del tuo Storie italiane?
C’è una forma di identificazione spontanea delle persone. Forse la parola magica è “ascolto”. Non come ascolti (ride ndr), ma che io mi metto in ascolto. C’è bisogno di riflettere, di confrontarsi, di immedesimarsi e allo stesso tempo di costruire qualcosa insieme. Aggiungerei anche che esiste una forma di sottrazione: tolgo le mie vesti per mettermi quelle dello spettatore.

Poi è accaduto il caso di Giulia Cecchettin. Come ti spieghi questo improvvisa attenzione del pubblico per questo omicidio quando di femminicidi ne accadono di continuo?
Il primo elemento è la giovanissima età di questi due ragazzi. Il secondo perché questa storia nasce con la ricerca disperata di due persone e finisce tragicamente dopo una settimana di dirette tv, di speranze dei genitori, del ragazzo in fuga, che hanno provocato una grande tensione. Quella settimana tra appelli e disperata ricerca si è dilatato il tempo dell’attesa di qualcosa. Di solito quando raccontiamo di femminicidi, raccontiamo di fatti già successi. E io purtroppo di questi casi, di uomini spesso giovani che uccidono le donne, me ne occupo tutti i giorni.

Se non sbaglio a Storie Italiane è partito il primo appello per la scomparsa dei due ragazzi…
Sono stata la prima sì, perché avvisata da un mio compagno di classe, un parente di Giulia, del paesino di Saonara, Io sono originaria di quelle parti del padovano e andai a scuola nelle zone in cui vivevano Giulia e Filippo Turetta. Quando questa storia è partita nessuno poteva immaginare cosa sarebbe successo. In quelle ore le persone si sono immedesimate nella speranza della salvezza di Giulia.

Da donna affermata e matura che consigli daresti ad una ragazza per difendersi dalla possibilità della violenza di un uomo?
È complicato rispondere. Questi uomini agiscono in maniera subdola. A volte proprio perché ci sono anime buone come Giulia è difficile comprendere i segnali che portano a cose così orribili. Quello che distrae è quella sorta di identificazione proiettiva, quel meccanismo che ci fa vedere l’altro come ragioniamo noi. Io ti vedo e cerco di salvarti, pensano molte donne. E non si accorgono che l’altro ti guarda e ti vuole ammazzare. Per cui questo meccanismo di salvezza del carnefice esiste perché una persona ragiona in modo buono.

Il consiglio potrebbe essere allora quello di essere un po’ più cattivi e tagliare di netto?
No guarda, purtroppo anche molte donne che hanno stroncato rapporti malati non potevano salvarsi. Perché questi uomini hanno istinti omicidi molto forti e definiti, proprio delinquenziali. Molte donne che hanno detto basta non si sono salvate o si sono salvate per miracolo. Quando un uomo ha in testa che se tu l’hai lasciato ti vuole ammazzare, mettere in protezione solo la donna è complicato. Le autorità invece dovrebbero proteggere la donna rinchiudendo l’uomo in qualche struttura. Il problema oggi è che il sistema, per assurdo, non tutela questo meccanismo. L’uomo va messo in un centro dove va controllato. Non è la donna che si deve isolare per paura dell’uomo, perché così oltretutto la vittimizzi due volte. È una roba assurda. Serve una misura cautelare per non tenere un uomo libero fino all’ipotetica condanna.

Vorrei bucare questo momento delicato con una cosa leggera. Prima di iniziare questa intervista ho scritto un whatsapp a mia madre, tua fan, dicendole che ti avrei intervistato e lei mi ha risposto: “È molto brava. È quella del mattino su Rai1: è molto seria non fa mai un sorriso, del resto tratta sempre di argomenti seri. Ad ogni modo è brava e anche bella”.
(ride ndr) Sono una persona che sorride spesso nella vita di tutti i giorni. Ovvio che non sorrido quando faccio cronaca nera. I complimenti di una donna per la mia bellezza mi fanno piacere. Penso che dopo i 40 anni sentirsi e apparire belle è una questione non solo fisica ma anche di anima. La bellezza è introiezione e proiezione.

Nella tua carriera la bellezza è stata più un vantaggio o uno svantaggio?
La bellezza trasformata in contenuti è sempre un vantaggio. Non ci deve essere una sopravvalutazione dell’aspetto fisico. La bellezza rimane un concetto limite. Una ragazza o un ragazzo di vent’anni che oggi ricorrono alla chirurga estetica per sentirsi perfetti mi spaventano un po’. Ci dobbiamo anche chiedere com’è cambiato il concetto di bellezza oggi. Cos’è bella? La foto ritoccata? La perfezione? È come quando vai a comprare la frutta e la verdura: è bella quando è grossa e luccicante o quando la compri tutta sporca di terra dal contadino in un terreno biologico?

Eleonora Daniele a FQMagazine: “Ho scritto un libro per bambini pensando a mia figlia Carlotta. Di professione faccio giornalismo e cronaca nera, ma ho anche bisogno di evasione”
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