I principali governi europei, esponenti delle istituzioni di Bruxelles e anche il presidente del PPe, Manfred Weber, hanno le idee chiare: l’Unione non può permettersi di frenare il proprio sostegno all’Ucraina e questo, oltre ai finanziamenti, comprende anche le procedure per la sua adesione come Stato membro. Fino a ieri c’era una variabile enorme della quale tenere conto, ossia l’opposizione del primo ministro ungherese, Viktor Orbán. Martedì pomeriggio, al termine del Consiglio Affari Generali, le variabili sono diventate due perché a mettersi di traverso, adesso, è anche il governo austriaco che si oppone alla “procedura rapida” per l’adesione di Kiev all’Ue. Perché dietro alla presa di posizione di Vienna si nascondo reali questioni economiche e politiche che potrebbero stravolgere gli equilibri europei.

La notizia arriva per bocca del servizio stampa del Parlamento austriaco, secondo il quale il cancelliere di Vienna, Karl Nehammer, ha deciso di opporsi. Una notizia che pare strozzare in gola le dichiarazioni della mattinata di Weber che, parlando degli aiuti da inviare al Paese di Volodymyr Zelensky, aveva invocato una procedura che escludesse i governi che fanno ostruzionismo: l’Ue non deve farsi “ricattare” e deve essere pronta ad aiutare “finanziariamente e militarmente” l’Ucraina in guerra con la Russia “a 26”, escludendo cioè l’Ungheria, aveva detto lasciando intendere che, con l’eccezione di Orbán, il resto dei governi era compatto sul sostegno a Kiev. Il tema dell’adesione è ben diverso, ma la presa di posizione di Vienna lascia trapelare il cambio di postura di alcuni esecutivi europei sul rapporto da intrattenere con l’Ucraina: Nehammer ha dichiarato che Vienna non accetterà di negoziare l’adesione di Kiev nelle attuali condizioni. Secondo il cancelliere, “non dovrebbe esserci alcun trattamento preferenziale“. E torna attacca la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, più volte accusata di compiere passi in avanti che non le competono senza prima aver consultato il Consiglio Ue sulla linea europea da tenere. “In generale, l’Austria continua a seguire la linea dell’Ue quando si tratta di solidarietà con l’Ucraina, ma senza violare la sua neutralità”, ha concluso Nehammer.

Nonostante l’Austria sia uno dei Paesi che più di altri in Ue soddisfa il proprio fabbisogno energetico attingendo a fonti rinnovabili, l’80% circa del gas che importava prima del febbraio 2022 proveniva dalla Russia. Un primo elemento che fa capire i legami economici importanti tra i due Paesi. Ma vi sono altri due problemi legati all’adesione di Kiev all’Ue che, comunque, sono comuni a tutti i Paesi europei. Il primo è di natura politica, quello che probabilmente più influisce sulla presa di posizione di Vienna: un allargamento accelerato dell’Ue potrebbe provocare problemi nell’arrivare a decisioni condivise in sede di Consiglio Ue, problema che a dire il vero viene già discusso nelle istituzioni brussellesi, dove è ormai universalmente riconosciuta la necessità di arrivare a una riforma dei Trattati che elimini il diritto di veto. Aprire le porte a Kiev, magari con una procedura accelerata che non permetta al Paese di assorbire completamente le riforme richieste, per l’Europa potrebbe voler dire ritrovarsi con uno Stato membro non abbastanza ‘integrato’, con conseguenti problemi in sede di Consiglio. Anche perché il ruolo dell’Ucraina, con i suoi 43 milioni di abitanti, sarebbe tutt’altro che marginale nel processo decisionale.

A questo poi si aggiungono i fondi europei che l’Ucraina rintraccerebbe, sia quelli destinati alla coesione sia ai diversi settori produttivi, come ad esempio quello agricolo che in assoluto rintraccia gli stanziamenti più importanti e rappresenta una delle principali economie del Paese. Secondo un calcolo dell’Istituto Economico Tedesco (IW), il costo dell’adesione dell’Ucraina all’Ue si attesterebbe tra i tra 130 e 180 miliardi di euro sul bilancio pluriennale che attualmente ammonta a 1.100 miliardi di euro e si basa proprio su ipotesi riguardanti la popolazione, dato che al momento numerosi territori sono sotto il controllo dell’esercito russo, e sulla dimensione dei terreni agricoli. Gli autori dello studio hanno infatti calcolato 70-90 miliardi di euro in sussidi agricoli e 50-90 miliardi di euro in fondi di coesione. Cifre impossibili da finanziare, secondo gli esperti, senza una riforma della politica agricola comune e del finanziamento della coesione e che trasformerebbero molti degli attuali beneficiari netti dei fondi Ue in contribuenti netti, ossia in Paesi che sborseranno una cifra superiore a quella che in effetti riceveranno da Bruxelles. Va detto che l’Austria è già un contributore netto, così come l’Italia. Ma l’insieme di fattori da tenere in considerazione ha comunque spinto Vienna a premere il pedale del freno nel processo di adesione di Kiev.

Twitter: @GianniRosini

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