Fino a qualche settimana fa era il ‘fratello cattivo’ da isolare. Le immagini del primo ministro ungherese, Viktor Orbán, lasciato in un angolo, ignorato dagli altri 26 capi di Stato e di governo dell’Ue in Consiglio europeo erano diventate virali, a testimonianza della (scarsa) considerazione della quale gode il premier di Budapest nelle istituzioni di Bruxelles. Ma adesso è proprio con lui che i leader dovranno contrattare per cercare di lavorare sulla proposta della Commissione di avviare i negoziati per l’adesione dell’Ucraina all’Ue.

Il suo veto tiene in scacco tutta l’Unione, con Kiev che continua a porre la questione come esistenziale per il Paese. E se negli ultimi giorni da mezza Europa sono arrivate accuse nei confronti del leader ungherese, da chi parla di “decisione deplorevole” a chi definisce Orbán “contro l’Europa”, l’unica soluzione possibile per sbloccare la trattativa a Bruxelles è quella di tornare a dialogare con il premier e, probabilmente, cedere a concessioni su temi sensibili come lo sblocco dei fondi all’Ungheria, congelati per i mancati sviluppi sul rispetto dello Stato di diritto. Promesse, forse, già accennate e che per il momento non hanno portato i loro frutti. Resta da capire chi sarà il mediatore europeo per un nuovo dialogo con Budapest: da Macron a Michel, fino a von der Leyen, in Europa si cerca chi può essere in grado di sedersi al tavolo con Viktor Orbán.

IL RUOLO DI ORBÁN – Sono due i macrotemi che rendono il primo ministro ungherese un elemento di forte imprevedibilità all’interno delle dinamiche europee. Il primo è lo storico e ancora vivo legame con la Russia di Vladimir Putin. Orbán è il leader europeo che mantiene i contatti più stretti col Cremlino. A metà ottobre avevano fatto discutere le fotografie scattate mentre stringeva la mano al presidente russo a margine del bilaterale nei giorni del forum a Pechino sulla Belt and Road Initiative. Ancora più preoccupanti, se si guardano dal punto di vista di Bruxelles, erano state le dichiarazioni del primo ministro: “L’Ungheria non ha mai voluto lo scontro con la Russia, al contrario il nostro obiettivo è sempre stato quello di stabilire ed espandere i contatti reciproci, e ci siamo riusciti”, aveva commentato passando poi a condannare le sanzioni “dannose anche per il nostro Paese”.

Sono proprio gli “interessi nazionali” ciò su cui il primo ministro punta maggiormente per giustificare la propria posizione. Un po’ come fatto nel corso di questi due anni, con l’opposizione a nuovi pacchetti di sanzioni e allo stop delle forniture di gas da parte di Mosca, dal quale Budapest è totalmente dipendente, il governo ungherese non ha alcuna intenzione di rompere i rapporti con la Federazione in nome dell’indipendenza e dell’integrità territoriale ucraina. A questo si aggiunge il fatto che un’eventuale entrata di Kiev nell’Ue avrebbe pesanti ripercussioni economiche anche sul suo Paese. In questo momento, l’Ungheria è un beneficiario netto dei fondi europei: questo significa che riceve più soldi di quelli che è chiamata a versare in base a un calcolo che tiene conto di diversi parametri a livello nazionale ed europeo. Se l’Ue si allargasse accogliendo l’Ucraina, saremmo di fronte a una redistribuzione tutt’altro che marginale dei fondi previsti dal bilancio: il Paese di Volodymyr Zelensky sarebbe infatti uno dei più popolosi tra gli Stati membri, e questo gli conferirebbe anche un peso importante in sede di Consiglio Ue, con un’economia in gran parte da ricostruire e un settore agricolo, quello maggiormente interessato dagli stanziamenti europei, che rappresenta il più importante nel Paese. Di conseguenza, una larga fetta dei fondi Ue sarebbero dirottati verso Kiev, anche a discapito degli altri beneficiari netti.

LE REAZIONI – A Bruxelles e nelle varie cancellerie europee lo sanno bene. Ed è per questo che già diversi esponenti delle istituzioni Ue e dei governi si sono scagliati contro il veto di Orbán. “La Russia continua ad attaccare l’Ucraina, ma le perdite della Russia aumentano. Questo è il momento di sostenere di più Kiev, non meno. Oggi discuteremo le garanzie di sicurezza per l’Ucraina e i ministri mi devono dare delle linee guida per portare opzioni al vertice dei leader, è importante che il sostegno militare all’Ucraina continui a livello europeo e non solo bilateralmente”, ha detto l’Alto rappresentante per la politica estera Ue, Josep Borrell, arrivando al Consiglio Esteri. Ma proprio il capo della diplomazia ungherese ha sottolineato come nessuna pressione potrà smuovere Budapest dalle sue posizioni.

La ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, ha scritto in un articolo sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung che in Europa si parla sempre più di “stanchezza” e alcuni si sono chiesti se il sostegno all’Ucraina non sia sufficiente, sottolineando che “noi sosteniamo l’Ucraina non solo per lealtà verso un amico. La sosteniamo affinché possa liberare il suo popolo dall’inferno. E perché è nel nostro interesse per la sicurezza”. Sono stati gli “uomini e donne coraggiosi in Ucraina” che hanno impedito che la guerra si estendesse ad altri Paesi europei come la Moldavia. L’affermazione secondo cui il sostegno internazionale è inefficace è falsa, ha scritto ancora la ministra tedesca.

Duro invece il ministro degli Esteri lituano, Gabrielius Landsbergis: “L’unico modo in cui posso leggere la posizione dell’Ungheria, non solo sull’Ucraina ma anche su molte altre questioni, è che è contro l’Europa e contro tutto quello che l’Europa rappresenta – ha detto – È uno scontro di ideologie, tra coloro che vogliono un’Europa forte e coloro che non vogliono affatto l’Unione europea. Se troviamo soluzioni pragmatiche, forse questo problema può essere risolto. In caso contrario, ci aspettano tempi bui“. Mentre la sua omologa finlandese, Elina Valtonen, parla di posizione “assai deplorevole negli ultimi mesi. È cruciale che continuiamo ad aiutare l’Ucraina fino a quando sarà necessario”.

LA RISPOSTA UCRAINA – A commentare l’impasse brussellese è stato il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, dicendo che in giornata si incontrerà col suo omologo ungherese per cercare di trovare un’intesa per non bloccare il processo di integrazione. Kuleba ha poi voluto ricordare che l’Ucraina ha approvato la legge sull’istruzione e l’uso della lingua per le minoranze “nel modo in cui voleva Budapest. L’Ungheria – ha aggiunto – è sempre stata tra i Paesi più favorevoli all’ingresso dell’Ucraina nell’Ue e dunque va capito perché, se i dubbi che aveva sono stati risolti, non cambia la sua opposizione all’apertura dei negoziati”.

Il ministro ha inoltre sottolineato come il suo Paese si sia impegnato in questi mesi a soddisfare tutte le richieste di Bruxelles nel tentativo di accelerare il più possibile il processo di integrazione europea. Ha, per esempio, approvato “tre delle quattro leggi” chieste dalla Commissione: “È la dimostrazione del nostro impegno, abbiamo fatto i compiti a casa e ora ci aspettiamo che sia l’Ue a rispettare gli impegni. In caso contrario sarebbe devastante per l’Ucraina e per l’Unione europea perché lancerebbe il messaggio che l’Unione non è in grado di prendere decisioni storiche”. Gli ucraini possono anche mettersi a “saltare e ballare” in caso di necessità, ma Kiev ha fatto quanto è stato chiesto e ora il Consiglio dovrebbe dimostrare di essere in grado di prendere delle “decisioni” sull’avvio dei colloqui di adesione, ha aggiunto. “Ci siamo costantemente opposti al concetto in base al quale, una volta che hai la lista di quello che devi fare e lo fai effettivamente, poi viene fuori che devi fare qualcos’altro. Non è così che funziona“.

Twitter: @GianniRosini

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