Se fossimo in un Paese normale, Marco Vizzardelli, che dal loggione della Scala ha gridato “viva l’Italia antifascista”, verrebbe portato ad esempio come italiano rispettoso della Costituzione. Giova evidenziare che Vizzardelli ha urlato “viva l’Italia antifascista” dopo che l’Inno nazionale era terminato. E quindi il Vizzardelli con orgoglio ha rappresentato quello che milioni di italiani tengono nel proprio cuore e nella loro mente. L’antifascismo è da abiurare, punto. Ma come ha scritto un signore, definendo il mondo all’incontrario, non ci si può meravigliare di nulla, allorquando la seconda carica dello Stato esibisce con orgoglio gli emblemi del fascismo.

La Digos ha ritenuto opportuno identificare Vizzardelli. Ebbene, io con un passato di servizio alla Digos non l’avrei fatto, perché a mio giudizio nessun illecito era stato commesso, e tra l’altro non vi erano i presupposti né di tempo né di luogo che giustificassero l’identificazione. Nei fatti di specie, il Vizzardelli aveva il dovere di declinare le generalità, ma anche il diritto di non esibire i documenti di riconoscimento, come previsto dalla sentenza della Cassazione nr. 42808 del 19 settembre 2017. In altra occasione, mi sarei rifiutato di togliere le lenzuola esposte in occasione della presenza dell’allora ministro dell’Interno Salvini. L’avrei solo fatto se dalle lenzuola fossero emersi reati e non perché davano fastidio al ministro. Ma per fortuna la mia carta di identità mi impedì di espletare l’attività di poliziotto, durante la permanenza di Salvini al Viminale.

Per quanto riguarda il resto, dai media ho visto immagini surreali di partecipanti che esibivano orgogliosamente abiti alquanto bizzarri: vestiti solitamente indossati nel periodo carnevalesco. Mi sembrava di assistere a un grande schermo di TikTok. L’arte di apparire per “spararsi la posa”, come diciamo noi in Sicilia. Mi piacerebbe sapere quanti di quei parrucconi siano effettivamente amanti della lirica. Ma quel che conta è dire: io c’ero. Per fortuna, la presenza della senatrice Liliana Segre mi ha rallegrato: è stata l’unica stella che brillava e che illuminava il mio cuore. Mi piacerebbe incontrarla, per ringraziarla con tanto affetto. Concludo dicendo “Viva l’Italia antifascista”. E lo urlerò finché non lascerò questa vita terrena.

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