Dopo l’alluvione del 16 maggio scorso che a Forlì ha provocato l’allagamento anche dell’Archivio comunale e della Biblioteca del Seminario vescovile, anche a causa della circostanza che le rispettive sedi si trovassero almeno in un caso in locali sotterranei e comunque nelle vicinanze del fiume Montone, nessuno avrebbe pensato che per le nuove sistemazioni si sarebbero scelti ancora ambienti sotterranei. Ripetendo così l’errore del passato. Come se niente fosse accaduto. Nessuno, a parte le Soprintendenze competenti. Che non sono volute tornare, nonostante le reiterate sollecitazioni di Italia Nostra, sulla decisione presa a marzo 2023. Quando la Soprintendenza regionale ai beni archivistici e bibliotecari e la Soprintendenza speciale per il PNRR hanno autorizzato l’utilizzo per i depositi librari degli interrati dell’ex asilo Santarelli, nel quale è stata appena completata la ristrutturazione avviata nel 2018 grazie ai 5 milioni di euro del POR FESR e dove verranno collocati 100mila volumi, e delle cantine di Palazzo Romagnoli, dove invece ne saranno sistemati 27mila. In quest’ultimo caso, in maniera temporanea. In attesa che si compiano i lavori a Palazzo del Merenda, sede degli Istituti culturali e della biblioteca.

Nel complesso 127mila libri moderni, stampati da meno di 70 anni. Ma, in ogni caso, un importante patrimonio della città. Quel che ne rimane. Il 55% dei documenti e dei beni culturali archivistici conservati nel deposito comunale di via Asiago, a poche centinaia di metri dal fiume Montone, sono stati recuperati in condizioni così precarie che con l’autorizzazione della Soprintendenza archivistica regionale sono stati avviati allo scarto. Insomma alla distruzione all’inceneritore di Hera. Dei 5.400 metri lineari di scansie di documenti, circa 3.000, per un totale 310,8 tonnellate di documenti, non esistono più. In aggiunta sono andati persi, come stima l’assessore alla Cultura, Valerio Melandri, anche il 59% dei circa 65mila volumi e periodici della biblioteca sistemati nel deposito. Non è andata meglio ai circa 3 chilometri lineari di volumi, antichi e moderni, nel seminterrato che ospitava la Biblioteca del Seminario Vescovile. Dei circa 150mila volumi, un terzo dei quali antichi, fra cui incunaboli, cinquecentine e molti altri volumi provenienti da chiese e conventi della zona, ne sono stati salvati oltre 5mila volumi. La gran parte degli altri sono risultati irrecuperabili.

Anche a causa della vicinanza al Montone e, nel caso della Biblioteca del Seminario Vescovile, della sistemazione in un locale sotterraneo. Per questo motivo le scelte delle due Soprintendenze di collocare non uno ma entrambi i fondi librari in depositi sotterranei è sembrata paradossale. “Gli edifici sorgono entrambi a poca distanza dalle aree interessate dall’alluvione dello scorso maggio e sono miracolosamente scampati ad un evento che potrebbe verosimilmente ripetersi in futuro”, scrive lo scorso 16 settembre la sezione forlivese di Italia Nostra in un comunicato nel quale richiede alla competente Soprintendenza l’annullamento in autotutela delle autorizzazioni rilasciate; l’ex asilo Santarelli, in particolare, sorge a fianco dell’antico canale di Ravaldino che in quel tratto corre tombato per riaffiorare poche decine di metri più a nord verso il centro della città”. Circostanza che non sembra essere stata presa adeguatamente in considerazione nel sopralluogo dello scorso marzo, che pure aveva messo in evidenza i rischi derivanti dalla “presenza di numerosi impianti tecnici contenenti acqua e di finestre e aperture a livello del terreno”, sottolinea l’associazione ambientalista. Invece, per quanto riguarda Palazzo Romagnoli, la valutazione non pare aver tenuto conto della condizione dei locali sotterranei di destinazione dei volumi.

Scrive ancora Italia Nostra: “L’alluvione dello scorso maggio impone un’approfondita rivalutazione dei luoghi di deposito e conservazione del patrimonio culturale cittadino, in particolare librario e archivistico”. Rivalutazione che finora non sembra esserci. Né da parte della Soprintendenza, né da parte del Comune, al quale appartengono gli edifici nei quali dovranno essere sistemati i libri. “Seguiamo quello che la Soprintendenza ci ha indicato, per ben quattro volte di cui due in risposta a Italia Nostra. Ci rimettiamo quindi a cosa ci dice chi ha più competenza di noi, la Soprintendenza, e cioè che lì i libri ci possono stare. Una conferma che è successiva anche all’alluvione”, ha spiegato il 26 novembre scorso l’assessore Melandri, a proposito del progetto di archiviare i libri nei sotterranei dei due palazzi. Insomma il Comune procederà. Almeno che non intervenga il ministro della Cultura Sangiuliano al quale si è rivolta lo scorso 27 novembre con un’interrogazione la presidente di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera Luana Zanella, richiedendo l’adozione “al più presto di precise direttive per impedire l’uso improprio di locali interrati o seminterrati per collocare archivi, biblioteche o musei, anche annullando in autotutela le autorizzazioni già rilasciate”. Il soprintendente regionale Mauro Livraga, contattato da ilfattoquotidiano.it, ribadisce di aver adottato scelte “nel più rigoroso rispetto della legge”. Nessun dubbio che sia così. Anche se il buon senso avrebbe potuto suggerisce scelte differenti, forse. Per evitare di “ripetere l’errore” del passato.

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