di Cristiano Lucchi, attivista perUnaltracittà e direttore di Fuori Binario, giornale dei senza dimora

Sono gli scout a ricordare a Salvini & Co. che Firenze è Medaglia d’oro al valor militare per la Resistenza e per la guerra di liberazione contro il nazifascismo. Lo fanno nel momento in cui si oppongono al meeting che va in scena alla Fortezza da basso ricordando Spartaco Lavagnini, Idy Diene, Samb Modou, Diop Mor, accomunati dall’essere stati assassinati, ad un secolo di distanza tra loro, dai fascisti. Sottolineano così l’attualità della violenza dell’estrema destra nel giorno in cui il leader leghista convoca a Firenze i suoi sodali europei.

Molti definiscono questa cricca ‘sovranista’ o ‘populista’, ma la piazza fiorentina che si oppone all’evento, a partire da Firenze Antifascista, ha le idee decisamente più chiare e usa i termini giusti: fascisti e razzisti. Come ben ricorda Aurelien Mondon, docente di scienze politiche all’Università di Bath, “l’uso di ‘populista’ al posto di termini più precisi, ma anche stigmatizzanti, come ‘estrema destra’ o ‘razzista’ agisce come una legittimazione chiave di questi partiti e dei loro leader”. Indicando allo stesso tempo che “i processi di normalizzazione e sdoganamento nei media della politica di estrema destra dipendono dai media mainstream, più che dall’estrema destra stessa”.

Insomma, l’antifascismo militante, in grado di definire con precisione l’avversario politico, è in questo momento più utile rispetto a quello, spesso liturgico e privo di anima, delle giornate istituzionali.

L’incontro salviniano è stato un flop, anche i soci del gruppo parlamentare Identità e democrazia, Le Pen e Wilders, sono rimasti a casa. L’ennesimo posizionamento contro Meloni e Fratelli d’Italia, ormai quasi assorbiti dalle politiche di austerità della Commissione europea, si concretizza con le parole di odio di ‘razzisti’ e ‘fascisti’ contro i migranti e con il negazionismo climatico; profetizza un nuovo Rinascimento europeo, citando l’originale senza averne capito la natura, o strumentalizzandolo come da tempo fanno i renziani per lavare la reputazione della dittatura saudita.

Al corteo pomeridiano antifascista c’erano anche i lavoratori del Collettivo di fabbrica Gkn. Lottano da due anni e mezzo contro padroni e istituzioni che cancellano i loro diritti costituzionali. Lo fanno praticando solidarietà e intessendo relazioni e convergenze con chi è convinto che la politica serva a risolvere i problemi della società e non a garantire i profitti di coloro che – in altre epoche – seppero usare proprio i fascisti, armati di manganello, pur di esercitare il potere economico e finanziario derivante dallo sfruttamento dei lavoratori.

Mentre Salvini nei giorni scorsi annunciava la sua kermesse, Carola Rackete, candidata anch’essa alle elezioni con un’altra idea di Europa, ha visitato proprio l’auspicata fabbrica socialmente integrata ex Gkn, nella quale i lavoratori fatti fuori dal capitale hanno elaborato un piano industriale ispirato dal rispetto dei diritti sociali e alla giustizia climatica. Rackete è tra le poche persone che ha sfidato Salvini con i fatti e nel merito. Nel 2019 salvò 53 migranti nel Mediterraneo con la sua Sea Watch e li portò a Lampedusa, disobbedendo, novella Antigone, alla legge dell’allora ministro degli Interni. Per aver sottratto alla morte quelle persone fu da lui definita “criminale” e messa alla gogna dei benpensanti italici.

Tutto si tiene nella fredda e solare domenica fiorentina, anche la speranza di un ritorno della politica al servizio dei bisogni delle persone e del rispetto per l’ambiente. In una società dove il capitale ancorato al fossile ha devastato l’unico pianeta di cui disponiamo, in un contesto in cui destra e sinistra non dovrebbero essere per niente la stessa cosa, l’antifascismo è praticabile in mille modi: ad ognuno sta trovare il suo.

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