Amnesty International e altre 95 organizzazioni hanno reso pubblica una lettera inviata all’Unione europea e ai suoi Stati membri, in cui esprimono preoccupazione per gli annunci della Commissione europea e di alcuni Stati che ne fanno parte di limitare i finanziamenti alle organizzazioni palestinesi per i diritti umani: provvedimenti discriminatori che avrebbero un impatto negativo sulla situazione dei diritti umani e minerebbero ulteriormente la credibilità di un’Unione europea auto-proclamatasi paladina dei diritti umani.

Alcuni Stati europei – tra i quali Austria, Danimarca, Germania, Svezia e Svizzera – e la Commissione europea hanno adottato provvedimenti, in alcuni casi anche prima del 7 ottobre, per sospendere o limitare i finanziamenti alle organizzazioni della società civile palestinese sulla base dell’indimostrata accusa secondo la quale tali finanziamenti verrebbero deviati verso “organizzazioni terroriste” o sarebbero usati per “incitare all’odio e alla violenza”.

Il 21 novembre la Commissione europea ha reso noto che “non è stata rinvenuta alcuna prova che indichi che i finanziamenti siano stati deviati per scopi diversi”. Ciò nonostante, la stessa Commissione ha annunciato l’introduzione di una clausola “anti-incitamento” in tutti i nuovi contratti con le Ong palestinesi che obbliga coloro che ricevono i fondi a dichiarare che non inciteranno all’odio e a essere sottoposti al “monitoraggio di una terza parte” per verificare il rispetto della clausola.

La clausola in sé non pone problemi ma applicarla solo nei confronti delle Ong palestinesi è indice della narrazione stigmatizzante secondo la quale gli arabi e i musulmani sono inclini alla violenza e sono potenziali terroristi.

Sorge dunque la domanda: perché le organizzazioni della società civile palestinese, che denunciano le violazioni dei diritti umani da parte del governo israeliano, sono costrette ogni volta a difendersi dall’accusa di antisemitismo e di sostegno alla violenza contro lo Stato d’Israele, se da ripetute indagini non è emersa alcuna prova al riguardo?

Allo stesso tempo, organizzazioni israeliane e organismi governativi israeliani con cui la Svezia coopera hanno invocato uccisioni, trasferimenti forzati e l’uso di armi nucleari nei confronti dei palestinesi; ci sono ripetuti attacchi mortali contro civili palestinesi da parte di forze israeliane e coloni israeliani; Ong israeliane – comprese quelle denunciate dall’Unione europea – costruiscono insediamenti illegali sui terreni palestinesi occupati. Eppure, il governo svedese non ha chiesto alle organizzazioni israeliane o agli organismi governativi israeliani di condannare tali crimini. Perché?

C’è anche altro. Da tempo le autorità israeliane e rappresentanti di diversi stati europei – in particolare, Germania e Ungheria – utilizzano accuse infondate di antisemitismo per azzerare le critiche alle violazioni del diritto internazionale commesse da Israele, come al perdurante sistema di apartheid imposto da Israele ai palestinesi. Lo hanno fatto anche i commissari europei Verheyli e Schinas.

Di fronte al crescente antisemitismo, i leader europei hanno l’obbligo di adottare provvedimenti per proteggere le popolazioni ebraiche. Ma confondere il sostegno ai diritti dei palestinesi con l’antisemitismo e incolpare palestinesi e arabi dell’aumento dell’antisemitismo è controproducente e non fa altro che alimentare odio.

Come se non bastasse, recenti dichiarazioni discriminatorie e prive di fondamento da parte di esponenti politici tedeschi, austriaci e ungheresi hanno preso di mira persone migranti provenienti da Stati a maggioranza musulmana, accusandole di alimentare l’antisemitismo in Europa.

L’Unione europea, i suoi Stati membri e gli altri donatori devono assicurare che i finanziamenti alle organizzazioni palestinesi riprenderanno senza limitazioni non necessarie e discriminatorie. Se l’Unione europea ritiene che le attuali garanzie non siano sufficienti per contrastare l’incitamento, ne aggiunga altre ma a tutti i contratti compresi quelli con Israele e quelli interni all’Europa, invece di prendere di mira le organizzazioni palestinesi.

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