Nella notte è stato liberato un nuovo gruppo di 30 prigionieri palestinesi e tra loro c’era anche Ahed Tamimi: la 22enne attivista filopalestinese dalla folta chioma di capelli ricci e soprannominata “la bionda”. Era stata arresta il 6 novembre in Cisgiordania dall’esercito israeliano per un messaggio pubblicato sui social in arabo e in ebraico. Si tratta solo dell’ultimo fermo dell’attivista, diventata uno dei volti più noti della lotta in difesa dei diritti del popolo palestinese.

Ahed è diventata un simbolo quando nel 2018, a 17 anni, scontò 8 mesi di carcere inflitti dal tribunale militare per aver schiaffeggiato due soldati israeliani nel villaggio di Nebi Saleh. L’episodio che l’aveva portata in carcere risaliva al 19 dicembre quando, al culmine delle proteste innescate dalla decisione di Donald Trump di trasferire l’ambasciata statunitense da Tel Aviv a Gerusalemme, aveva spintonato e preso a calci due militari che si trovavano accanto alla casa di famiglia. Con Ahed era stata condannata anche sua madre, Narimam.

La famiglia Tamimi non era nuova alle proteste: il padre Bassem è un noto esponente di al-Fatah, il partito del presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) Abu Mazen. I genitori non hanno niente a che fare con Hamas ma sono attivisti noti di Nabi Saleh, il villaggio palestinese diventato uno dei simboli della resistenza all’occupazione israeliana, portata avanti in maniera non violenta e molto attenta invece all’esposizione mediatica.

Il 2018 per Tamimi non è però stata la prima volta: già nel 2012 era stata ripresa mentre agitava il pugno contro soldati israeliani e nel 2015 era stata fotografata mentre mordeva la mano di un militare nel tentativo di impedire l’arresto del fratello. Poi il 6 novembre di quest’anno è stata arrestata di nuovo per un messaggio pubblicato sui social in ebraico e arabo. “Il nostro messaggio alle mandrie di coloni è che vi aspettiamo in tutte le città, da Hebron a Jenin. Vi massacreremo e voi direte che ciò che Hitler vi ha fatto è stato un scherzo. Berremo il vostro sangue e mangeremo i vostri teschi. Andiamo, vi aspettiamo”.

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