di Felice Musicco

Due scioperi a dicembre dei dirigenti pubblici sanitari e medici contro l’attacco del governo alla sanità pubblica? In realtà si tratta di uno sciopero contro la precarietà.

La precarietà di vedere i concittadini che vogliono accedere a un ospedale pubblico per poter usufruire di quanto sancito dalla Costituzione, ovvero l’accesso alle cure in tempi ragionevoli e proporzionali alla gravità della situazione, dover attendere tempi lunghi o incerti.

La precarietà dei lavoratori della sanità pubblica che vedono tagliate le proprie pensioni, dopo la scure Fornero, a pochi anni dal raggiungimento del diritto.

La precarietà di non sapere dopo 30 e più anni di lavoro quando si andrà in pensione e con che importo dell’assegno mensile.

La precarietà di aver corrisposta la liquidazione dilazionata nel tempo rispetto al diritto di tutti gli altri cittadini.

La precarietà di lavorare in ambienti sempre più burocratizzati, dove non si capisce il legame tra il tempo richiesto per compilare moduli e inserire dati e la cura ai cittadini, che dovrebbe essere l’obiettivo primario della sanità pubblica.

La precarietà di convivere con l’intramoenia, espressione di diseguaglianza, invenzione per risparmiare sulla spesa sanitaria pubblica e tenersi gli operatori sanitari.

La precarietà di vedere giovani e bravi colleghi, che magari hai contribuito a crescere e formare, spostarsi sul privato, perché è il solo che garantisce contratti indeterminati.

La precarietà di vedere costantemente e progressivamente svilita la meritocrazia, perché sommersa dalla piovra politica che fagocita i posti di “potere” tecnico e gestionale per acquisire consenso.

La precarietà di vedere costantemente avviliti la formazione e l’aggiornamento continuo, legati a meccanismi a punti che ricordano il peggio della educazione scolastica giovanile.

La precarietà di vedere continuamente crescere, intorno a quel che rimane della sanità pubblica, interessi privati che muovono l’economia con obiettivi primari che non hanno nulla a che vedere con la cura delle persone.

La precarietà di vedere servizi sanitari erogare prestazioni in maniera diversa in luoghi a poche centinaia di chilometri di distanza, laddove la medicina è una scienza che produce e aggiorna evidenze dal valore universale.

La precarietà di sentirsi continuamente sotto osservazione e attacco, perché considerati spesa pubblica non necessaria ad armare eserciti e giustificare guerre.

La precarietà di dover spiegare queste cose ai giovani, che capiscano la deriva e che devono mobilitarsi.

La precarietà è ansiogena, antagonista della motivazione, dell’entusiasmo e del miglioramento. Scioperiamo soprattutto contro il festival dilagante della precarietà. Da tempo andava fatto.

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