di Nadia Aragona

Expo 2030 è uno degli obiettivi che l’Arabia Saudita si era prefissata di raggiungere, e che si va ad aggiungere allo speciale palmares che questa può vantare. Dal 2016, anno in cui Bin Salman ha annunciato la “Saudi Arabian Vision 2030”, ambizioso progetto di trasformazione radicale del Paese attraverso riforme economiche, e, dicono, anche sociali e culturali (!), gli obiettivi raggiunti, grazie ai Saudi petrol dollars sono stati moltissimi.

L’esigenza nasce dall’intento di ridurre la dipendenza economica dell’Arabia dal petrolio, diversificando le fonti di profitto. La Future Investment Iniziative (FII), la famosa Davos nel deserto alla cui sesta edizione a Riad hanno partecipato più di 6.000 (SEIMILA) tra capi di Stato e di governo, imprenditori ed economisti, è uno dei più grandi consessi al mondo dove si discute del futuro dell’economia globale. Il Regno ha acquisito partecipazioni o l’intero possesso di società di tutto il mondo; è partner in società di telefonia, in Microsoft, Meta, Paypall etc. Attraverso le generose donazioni a centri di studi e di ricerca (i cosiddetti “Think tank”) statunitensi, l’Arabia ha creato una vera e propria lobby che influenza anche le decisioni governative degli Usa in materia di finanza, di economia e anche politica. In Europa e in Italia si cerca di fare la stessa cosa, anche attraverso l’influenza di qualche politico sensibile ai petrol-dollari.

Il Regno saudita sta facendo un maquillage al regime dittatoriale contraddistinto dalla negazione dei basilari diritti umani e da efferati crimini politici, anche attraverso un’operazione di pulizia e distrazione dell’attenzione. La “sportwashing” dà lustro alla propria immagine conquistando visibilità nel mondo sportivo. Parlano saudita ormai società calcistiche, calciatori, allenatori, un gran premio di F1 etc. A quanto pare davanti a cifre stratosferiche, non c’è crimine contro l’umanità che tenga.

Vorrei ricordare a quanti sono entusiasti di stringere affari con Bin Salman, che in Arabia ci sono migliaia di detenuti politici. Vorrei altresì ricordare loro che ci sono le prove che il giornalista Khashoggi sia stato ucciso e smembrato nell’ambasciata Araba in Turchia e che l’intelligence americana ha individuato nel principe il mandante dell’agguato. Vorrei ricordare che la condizione della donna nel regno è tra le più arretrate al mondo. Ma, Pecunia non olet. In questa politica visionaria di Bin Salman, tutta tesa a conquistare la fiducia dei Paesi occidentali, ripulendo l’immagine del Regno, elargendo miliardi a destra e a manca, divenendo partner finanziario, economico, culturale (!), c’è qualcosa che non mi convince.

Un Paese che ha addestrato e finanziato i terroristi che hanno portato il più grande attacco al cuore dell’Occidente, considerato il “demone” dell’universo tutto, come può entrare a far parte di quel sistema? Negli Stati Uniti i parenti delle vittime delle Torri Gemelle stanno tentando di portare avanti un’azione di risarcimento per le vittime nei confronti dell’Arabia Saudita, azione che il governo sta cercando di ostacolare, e i motivi si evincono da quanto sopra detto. La monarchia saudita attraverso il Wahhabismo è forse il Paese più integralista nel panorama dei paesi musulmani. Difficile trovare dei punti d’incontro con i Paesi occidentali, tranne che nel Capitalismo.

Potrebbe essere quella di Bin Salman una strategia di ampio respiro, a medio-lungo termine, che mira a portare un attacco all’Occidente dal di dentro? Se hai in mano il potere economico di un Paese, hai nelle tue mani tutto il Paese, lo tieni in ostaggio. Questo immenso potere economico mi spaventa. Bin Salman si sta comprando il mondo. Speriamo che ci sia qualcuno che rifiuti di venderglielo.

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