A caval donato non si guarda in bocca. Ma forse era meglio ricevere in regalo una scuderia di cavalli che un’isola. Se l’isola è quella. PerchéTaiwan”, l’isola artificiale al largo di Dubai che il narcotrafficante camorrista Raffaele Imperiale intende consegnare al governo italiano, come ulteriore segnale della sua collaborazione di giustizia, più che un regalo appare come un punto interrogativo. E c’è chi teme, nel gergo napoletano dei luoghi di origine di Imperiale, che si tratti di un “pacco”.

L’isola infatti starebbe sprofondando nella sabbia. Come tutte quelle dell’arcipelago ‘The World’, il futuristico sogno dell’emiro di Dubai di riprodurre il globo terraqueo attraverso 300 isole artificiali. Solo una di quelle che la compongono, la “Libano”, è stata insediata e abitata. I progetti per trasformarle nel buen retiro di un popolo di straricchi capaci di permettersi ville da decine di milioni di euro, sono naufragati nella lenta frana dei sistemi di tenuta. La sabbia avrebbe ostruito anche i canali di collegamento, rendendoli non più navigabili.

E poi nella lettera consegnata ai magistrati e alle autorità italiane, Imperiale non allega titoli di proprietà. Si tratta di documentazione firmata da avvocati dello studio legale “Al Owais & Al Matrooshi” di Dubai, che la riconducono al narcos tramite i mediatori dell’affare da 30 milioni di euro, la società alla quale è formalmente intestato il bene – la Rajaa Limited – trasferito nel 2008 attraverso un’asta. Un affare all’epoca, forse, quando il problema della fragilità dell’arcipelago non era ancora nato. Oggi è difficile ipotizzarne un valore economico per un’isola deserta, priva di servizi e dal futuro incerto. Se ancora ha un valore.

Difficile poi capire se sia tecnicamente acquisibile dal governo italiano: è in corso lo studio del trattato tra l’Italia e gli Emirati Arabi Uniti, con annessi capitoli dedicati a ipotetici sequestri di beni, e non c’è ancora una risposta a questa domanda. Quasi impossibile che le autorità emiratine diano il consenso a perdere un pezzo del loro territorio. Più praticabile la formula del sequestro delle azioni della società. Al netto delle pretese di Rajaa Limited, che reclama una commissione sull’affare.

In ogni caso la Procura di Napoli guidata da Nicola Gratteri si è dichiarata sin da subito scettica sulla qualità del “regalo”. E si è mossa come se non lo avesse ricevuto. Ha infatti deciso di non considerare questa isola misteriosa tra le ragioni per le quali concedere attenuanti a Imperiale, nella richiesta di condanna formulata durante il processo con rito abbreviato che lo vede imputato di associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico internazionale. Il pm anticamorra Maurizio De Marco ha chiesto 14 anni e 9 mesi, con il riconoscimento delle attenuanti previste per i collaboratori di giustizia equivalenti alle aggravanti. In parole povere: per la “consegna” di Taiwan, secondo la procura Imperiale non merita nemmeno un giorno di sconto.

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