Tanti anni fa entrai in polemica sulle pagine de La Stampa con Massimo Mila, il quale contrapponeva l’ambientalismo da salotto di Mountain Wilderness (che allora denunciava l’assurdità del collegamento funiviario tra Italia e Francia nel massiccio del Monte Bianco), con l’ambientalismo nostrano dei valdostani, che in quel caso in realtà era pura sindrome di Nimby (una comunità che si opponeva ad una discarica). In quell’occasione Mila usò per i valdostani il termine “operosi”. Quel termine mi fece sorridere, ed ogni volta che vado in Val d’Aosta (sempre di meno, in verità) e vedo l’ennesimo scempio (l’ultimo in ordine di tempo i lavori sul ghiacciaio del Teodulo per far disputare le gare di Coppa del Mondo di sci), penso “eccoli qui gli operosi valdostani”. Perché in Val d’Aosta l’operosità non si limita allo sfalcio dell’erba e alle mucche al pascolo delle cartoline. No, si esplica in infrastrutturazioni, in impianti di risalita, in innevamenti artificiali, ma soprattutto in strade.

Prendete una cartina 1 a 25.000 aggiornata della Regione e ditemi se trovate una valle, anche laterale che non sia servita da strade. Ah, sì, ce n’è uno di vallone integro, quello di Cime Bianche, dove infatti vogliono realizzare il collegamento sciistico intervallivo per andare in infradito dal Alagna Valsesia a Zermatt. Sempre tanti anni fa l’amico ed allora direttore (inviso ovviamente ai locali) del Parco Nazionale Gran Paradiso, Francesco Framarin, in un articolo di fuoco sempre su La Stampa, disse che, mettendo in fila le strade valdostane, si sarebbe potuta congiungere Courmayeur con Capo Passero.

Di tutte la più assurda ed inutile – a mio modo di vedere – quella che sale da Champorcher al Col Fenêtre, che fu realizzata dall’Enel quando doveva posare i tralicci della linea AT Superphenix con l’ausilio di elicotteri, ed i locali pretesero invece la strada, che sfregiò l’intero vallone, eliminando altresì l’antica strada reale di caccia. In Valle qualsiasi minuscola baita sperduta deve essere raggiunta da una strada (percorribile con pick-up s’intende), anche se sarebbe sufficiente una mulattiera percorribile da un trattorino. Che poi tra l’altro agli alpeggi manco ci vanno più i valdostani, ma ci mandano i rumeni o gli extracomunitari. E fossero solo le baite, ma anche i rifugi, che sono poi veri e propri alberghi in quota: fu così che venne realizzata la strada per il rifugio Benevolo in Val di Rhemes, ai margini del Parco del Gran Paradiso.

Ecco, diciamo che al valdostano si adatta perfettamente il termine “antropocentrico”, o meglio ancora “valdocentrico”: se penso ad uno che vuole soggiogare la natura penso ad un valdostano. Di esempi se ne potrebbero fare tanti. Due anni fa preparai anche il terreno per un saggio che denunciasse tutto questo, ma mi astenni ritenendo che fosse un po’ come sparare sulla Croce Rossa. Con questo non voglio ovviamente dire che non ci siano dei locali che abbiano a cuore la natura, ma sono rara avis e spesso hanno vita dura.

Scusate tutta questa premessa, ho voluto utilizzarla per introdurre l’ennesima assurdità, l’ennesima strada. Questa volta siamo ad Estoul, frazione di Brusson, in Val d’Ayas, a due passi dalla casa dello scrittore Paolo Cognetti, che è appunto uno dei pochi che si battono a favore della tutela della natura. Da Estoul attualmente una strada sale fino ad un alpeggio (Alpe Fenêtre). Da qui un ripido sentiero conduce al Col Ranzola (in foto). Da esso ci si affaccia sul versante della Valle di Gressoney, versante su cui da Gressoney Saint Jean sale con alcuni tornanti un’altra strada, in parte asfaltata, in parte sterrata che giunge in località Weissmatten, raggiungibile anche dal Col Ranzola con bello e frequentato sentiero in quota. Quindi, nessuna strada al Col Ranzola. Ah, non sia mai!

Ed ecco che infatti adesso la Regione ha stanziato tre milioni di euro per realizzarla. Anche se in realtà il comunicato parla di “sistemazione della strada interpoderale tra Brusson e Gressoney Saint Jean”, e un lancio Ansa del 27 novembre riprende e parla di “riqualificazione della strada”, che appunto invece non esiste…

Queste le parole del presidente della Regione, Renzo Testolin (Union Valdôtaine): “E’ un investimento infrastrutturale che va ad arricchire la nostra regione. La strada avrà una funzione plurima: servirà alcuni alpeggi di montagna, potrà essere utilizzata in caso di interruzione della viabilità ordinaria d’estate e andrà a costituire un’interessante offerta turistica per gli appassionati di ciclismo”. Da notare il linguaggio. Una nuova strada arricchirebbe la regione: punti di vista, magari si potrebbe invece dire che deturpa il paesaggio ed altera l’ambiente. Sarebbe un’alternativa alla viabilità ordinaria: frase criptica, quale sarebbe l’ipotetica interruzione di viabilità ordinaria che farebbe confluire il traffico veicolare ai 2170 metri del Colle? E anche se così fosse, allora la nuova strada non sarà agrosilvopastorale, bensì a viabilità ordinaria? Un’interessante offerta turistica per i ciclisti: cioè, ci spieghi, in Val d’Aosta i pedalatori non hanno già sufficienti percorsi su cui divertirsi? E poi per favore basta con questa scusa dei ciclisti per realizzare nuove strade.

Insomma, in poche parole, la strada non esiste e i politici si arrampicano sugli specchi per giustificarne la realizzazione. Un ennesimo scempio, un ennesimo favore alle imprese locali di costruzione. Tutto qui. Il resto, come dice Greta, è solo bla bla.

Foto in evidenza: Gressoney

Articolo Precedente

“Qui si finanziano guerra e crisi climatica”: gli ambientalisti si appendono al tetto dell’Oval di Torino contro il meeting Aerospace and Defence

next
Articolo Successivo

La faccia è salva

next