Non è stato doloso l’incendio che, il 22 ottobre 2022, ha ucciso tre fratelli, due dei quali minori, a Catanzaro, nel quartiere Pistoia considerato il “Bronx” della città calabrese dove le famiglie assegnatarie degli appartamenti Aterp devono convivere con la criminalità che gestisce le piazze di spaccio e il fenomeno dell’abusivismo.

Quella notte, al quinto piano di una palazzina popolare in via Caduti 16.3.1978 morirono Saverio, Aldo e Mattia Corasaniti, tre fratelli di 22, 16 e 12 anni. Il più grande era affetto da autismo. Si salvarono, invece, gli altri quattro componenti del nucleo familiare: il padre Vitaliano Corasoniti e il quarto figlio Antonello sono finiti in rianimazione a Catanzaro, mentre per la madre Rita Mazzei e la piccola Mara Zaira si era reso necessario il trasferimento a Bari e a Napoli a causa delle gravi ustioni.

Aperta subito un’inchiesta dalla Procura di Catanzaro, all’inizio si era pensato a un incendio doloso. L’ipotesi, però, è stata esclusa dai periti Daniele Menniti e Giovanni Brusco, ai quali il procuratore aggiunto Giulia Pantano e il pm Francesco Bordonali hanno chiesto di stabilire il luogo d’origine dell’incendio: la porta blindata dell’appartamento, infatti, era chiusa con una chiave che, durante i primi accertamenti, non era stata trovata dai carabinieri e dai vigili del fuoco intervenuti quella notte.

“Non si sono rilevati elementi – scrivono i periti nelle 49 pagine della loro consulenza – che abbiano portato a ipotizzare, anche con un livello di probabilità bassissimo, che l’insorgenza del fuoco che ha investito l’appartamento possa essere stato determinato o favorito da fatto umano”. Escluso, quindi, che si sia trattato di una strage voluta. L’ipotesi più accreditata è quella della tragedia che di certo, stando alla perizia, non può essere stata causata da “sovraccorrenti nell’impianto utilizzatore dell’appartamento” o qualche “scariche derivanti da apparecchi elettrici o sistemi di alimentazione elettrica non conforme”. Dopo aver esaminato l’appartamento, di proprietà dell’Aterp, e l’impianto elettrico, i due consulenti sono arrivati alla conclusione che a innescare l’incendio sia stata l’esplosione di una batteria al litio di un computer portatile.

“Risulta – si legge nel documento depositato in Procura – che con probabilità superiore al 75%, l’incendio si sia potuto originare dall’esplosione di una delle batterie al litio di uno dei 6 laptop o di uno dei due tablet in carica nella notte probabilmente tutti custoditi all’interno dei cassetti di un mobile e, quindi, privi di ventilazione. L’esplosione e il conseguente incendio delle batterie di una delle apparecchiature sotto carica ha poi potuto anche propagarsi alle altre apparecchiature e, quindi, portate in fuga termica tutte le batterie giustificandosi così ulteriormente la portata dell’incendio”.