Tutto il mondo è Paese, e i vizi dello sport mondiale non sono poi troppo diversi da quelli italiani. Come i boiardi nostrani sono riusciti a cancellare il famoso limite di mandati, per potersi tenere la poltrona potenzialmente in eterno, così anche il capo dei capi, il n.1 del Comitato olimpico internazionale, Thomas Bach, sta pensando di regalarsi un altro quadriennio alla guida del Cio, che guida già da 12 anni e che secondo le regole attuali dovrebbe lasciare dopo i Giochi di Parigi 2024. L’indiscrezione esce dall’ultima sessione del Cio che si è svolta a ottobre a Mumbai, in India. La stessa in cui Giovanni Malagò ha dovuto ammettere pubblicamente la rinuncia alla pista di bob a Cortina, e che dalle nostre parti ha fatto notizie quasi solo per quello. In quei giorni però si sono gettate le basi anche per una riforma clamorosa, che potrebbe cambiare le sorti dello sport mondiale, e chissà, anche italiano.

Formalmente non è stato Bach a proporre l’idea, giammai. Lui l’ha solo “ricevuta”. Sono stati gli autorevolissimi membri Cio di Algeria, Repubblica Dominicana e Djibouti a rompere il tabù e chiedere la revisione della carta olimpica per estendere il limite fino a 16 anni. È un vecchio trucco degli autocrati dello sport: mandare avanti qualche fedele carneade e far finta di assecondare le richieste del movimento. Lo ha fatto ad esempio Gianni Infantino alla Fifa, per farsi approvare il folle progetto di una Coppa del Mondo di calcio a 48 squadre. E lo stesso vale per Bach, che non ha potuto far altro che prendere atto della proposta e rimetterla al giudizio del comitato esecutivo (dove ci sono altri suoi fedelissimi). Le reazioni a livello internazionale sono state quasi tutte negative, non siamo mica in Italia. Vedremo cosa succederà.

La questione riguarda da vicino anche il nostro Giovanni Malagò, e non solo per l’amicizia personale che lo lega a Bach. Innanzitutto perché il pacchetto di riforme allo studio del Cio, oltre all’estensione del limite, prevede anche un aumento dell’età pensionabile da 70 a 75 anni: così Malagò, che è già membro Cio, potrebbe rimanere in carica fino al 2034, e di conseguenza anche nella giunta Coni, seppur solo con un ruolo onorario. Chi lo schioda più dal Foro Italico. Ma poi non sfuggirà ai più attenti che nel 2018, quando l’ex ministro Lotti aveva firmato la legge che istituendo un tetto di tre mandati per le cariche sportive (recentemente abolito dal governo parlamento e stroncato anche dalla Corte istituzionale) aveva regalato a Malagò la riconferma, visto che per il Coni il limite precedente era di due, lo aveva fatto con la scusa che in ambito internazionale il tetto massimo era di 12 anni. Se il Cio dovesse cambiare le sue regole, verrebbe meno il principio che obbligherebbe Malagò a farsi da parte dopo le Olimpiadi di Parigi.

Certo, per ora si tratta solo di una proposta, per altro piuttosto controversa. Ammesso che il Cio approvi la riforma, non lo farà prima di metà 2024, e allora probabilmente non ci sarebbe più lo spazio per un intervento normativo in Italia. Ma intanto il solo fatto che se ne parli è un argomento in più per la causa di Malagò. Che, non è un mistero, sta facendo carte false per strappare la riconferma al Coni. Dopo il colpo di spugna sulle Federazioni, lui è l’unico rimasto giù dal carro (il limite di mandati resta valido solo per il Comitato olimpico, in quanto ente pubblico). Un affronto quasi personale. C’è chi parla di trattative sotterranea con la politica: con tutti (persino il suo arcinemico Paolo Barelli, capogruppo di Forza Italia), su tutto (come la pista da bob, che il governo sovranista vuole mantenere a tutti i costi in Italia, a Cesana). Voci e indiscrezioni, i margini di manovra sono minimi, le chance ridotte al lumicino. Ma Malagò adesso ha anche un’ispirazione in più per non demordere: quella del suo mentore Bach.

Twitter: @lVendemiale

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