“Di fronte a qualsiasi episodio di cronaca, dal bullismo alle aggressioni fino ai femminicidi, una delle domande retoriche più frequenti che ormai sento da troppi anni dalla politica e dall’opinione pubblica è: cosa fa la scuola? Io invece ogni tanto mi permetto di chiedere: cosa fa l’opinione pubblica per i ragazzi? Cosa fa la politica? Cosa fanno le istituzioni? In realtà la scuola fa molte iniziative, ma spesso le istituzioni politiche sono distratte e non sanno cosa fa la scuola”. Sono le parole pronunciate ai microfoni de L’Italia s’è desta, su Radio Cusano Campus, dal presidente dell’Associazione Nazionale Presidi, Mario Rusconi, che risponde polemicamente alle invettive di alcuni politici e intellettuali sul ruolo della scuola nell’educazione degli studenti.

“In questi giorni – continua – ho letto che importanti politici a livello nazionale hanno immediatamente chiesto l’educazione all’affettività nelle scuole. Dire queste cose significa non conoscere quello che la scuola fa, peraltro su indicazione delle istituzioni, più precisamente del ministero dell’Istruzione. Mercoledì sarà presentato presentato il progetto sull’educazione alla relazionalità e all’affettività, che però non è stato fatto in seguito a questo omicidio tremendo, ma è un progetto che nasce già verso marzo-aprile e che adesso trova, a prescindere dall’omicidio di Giulia, la sua conclusione”.

Rusconi dà poi una frecciata al filosofo Umberto Galimberti, che premette di stimare molto ma che non nomina esplicitamente, per via di un suo vecchio scritto del 2019 circolato su Facebook dopo l’uccisione di Giulia Cecchettin. Lo stralcio diventato virale recita così: “A scuola non si fanno più i temi in classe, con i quali salterebbe fuori la soggettività della persona. Si fa la comprensione del testo scritto, che è una prestazione. Si va guardare se un ragazzo ha la competenza linguistica, però chi sia, questo studente, non interessa più a nessuno. Poi c’è da chiedersi che cosa voglia dire se la nostra scuola educhi o non educhi.”.
Il docente dissente: “Ho letto questo post su Faceboook, ma soprattutto i commenti di vari utenti che sostenevano che non si facciano più i temi in classe. Io a queste persone darei come pena accessoria 15 giorni di scuola, da Catanzaro a Brescia. I temi in classe, in realtà, si fanno. Ormai il dibattito sulla scuola è un po’ come quello sulla Nazionale di calcio: tutti pontificano, non avendo mai tirato un calcio a un pallone. Sentiamo invece le persone che stanno nella scuola e soprattutto smettiamola di dire cose come capita“.

Rusconi pone poi l’accento sull’importanza del nucleo famigliare: “Ho sentito il padre del ragazzo che ha assassinato Giulia dire: ‘È un bravo ragazzo, non ha dato alcun segnale di efferatezza’. Questo vuol dire che la famiglia conosce molto poco i figli. Ecco perché noi da anni chiediamo che venga introdotta nella scuola un’équipe psicopedagogica. Lo psicologo nella scuola, per esempio, è stato reintrodotto solo per un breve periodo durante il covid. Il medico scolastico – sottolinea – che era una istituzione fondamentale nella scuola italiana, è stato eliminato, così come l’equipe psicopedagogica. E questo per una insensata decisione di finto risparmio da parte del Parlamento. Quell’equipe era fondamentale, perché parlava non solo coi professori e con gli studenti ma anche coi genitori”.

E aggiunge: “Forse l’opinione pubblica è ancora più importante della politica che, peraltro, dipende dai sondaggi fatti ogni mezz’ora, perché, se l’opinione pubblica dice una boiata, i politici vanno appresso a questa boiata. Ma al di là della famiglia e delle carenze di strutture, c’è un problema di fondo: rispetto a 20-30 anni fa, la scuola italiana non va incontro ai desideri culturali dei nostri studenti“.

Rusconi spiega: “A parte le 2 orette di flauto che si fanno nella scuola media, c’è una vera e propria educazione alla musica nella scuola italiana? No, gli studenti vanno all’esterno a cercare. C’è l’educazione sessuale? Non esiste l’educazione sessuale. Ci sono le grandi letterature straniere? C’è il teatro? Ecco, queste sono le domande che dovrebbero farsi prima l’opinione pubblica e poi i politici – conclude – Ma per fare questo bisognerebbe avere un po’ di lungimiranza. Come diceva De Gasperi, non bisogna guardare alle prossime elezioni bensì alle prossime generazioni. Ma voi vedete politici di questo tipo in giro?“.

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