Bagarre a Otto e mezzo (La7) sulla cultura patriarcale e sui valori di destra incarnati dal governo Meloni. A difendere la destra e in particolare la presidente del Consiglio è il giornalista di Libero Francesco Specchia che si rende protagonista di una concitata querelle con la scrittrice e attivista Carlotta Vagnoli, citata due giorni fa dalla sorella di Giulia Cecchettin, Elena, in un durissimo post su Instagram (“Prevedibile dalla descrizione di quel bravo ragazzo, troppo bravo: non farebbe male neanche a una mosca. Certo, a una mosca no. Ma a una donna, beh, quella è tutta un’altra storia”).

Specchia dapprima ha un botta e risposta con la giornalista Serena Dandini, quando menziona il progetto di una nuova legge bipartisan sulla violenza nei confronti delle donne.
“Credo che Elly Schlein sia d’accordo”, afferma Specchia.
Veramente la proposta è di Elly Schlein, certo che è d’accordo”, rettifica sorridendo Dandini.

La firma di Libero, poi, sottolinea che il premier è una donna, suscitando il dissenso di Gruber e Dandini, che obietta: “Non vuol dire assolutamente niente. A essere importanti sono i valori che incarna, non credi? Ognuno incarna dei valori, anche il tuo giornale”.
I valori dei conservatori sono il rispetto“, replica Specchia.
Gruber non si lascia sfuggire una frecciata a Giorgia Meloni: “Sì, abbiamo una donna come presidente del Consiglio, però ci tiene a essere chiamata “il” presidente del Consiglio, per me un mistero della fede. Sarà anche questa una cultura di destra patriarcale?”.

Poi la conduttrice chiede a Vagnoli cosa pensa dello slogan di destra “Dio, patria e famiglia”.
“Io penso che proprio una certa destra, che è incarnata dal nostro governo e che promuove questi dettami, sia abbastanza problematica”, osserva la scrittrice.

E spiega: “Secondo questo slogan, infatti, le donne devono rispondere a 3 macro-contenitori: Dio, cioè la morale cattolica che ha una idea precisa della funzione del corpo femminile; la famiglia, che è solo la famiglia tradizionale e la patria, quindi un nazionalismo – continua – Abbiamo sentito parlare di sostituzione etnica o di bonus per il secondo figlio, quindi c’è l’idea delle donne al servizio della patria. Questo vuol dire che noi abbiamo pochissima autodeterminazione e pochissima autonomia. E per la società patriarcale la donna è proprio questo: un oggetto in funzione di qualcos’altro”.
Specchia la interrompe: “Mi fa degli esempi pratici? A chi si riferisce in particolare?”.
Vagnoli risponde: “Fratelli d’Italia ha uno strettissimo rapporto con le associazioni Pro Vita, che in realtà si chiamano ‘anti choice’ e che di fatto impediscono o cercano di dissuadere le donne ad arrivare alla 194. Questo si chiama violenza e coercizione riproduttiva, che fa proprio parte della violenza di genere“.

Specchia interrompe nuovamente Vagnoli: “Ma la premier Meloni ha detto che non si tocca la 194. Qual è il problema?”.
“La 194 è una legge imprecisa che andrebbe molto aggiornata – replica la scrittrice – In più, sul territorio ci sono associazioni Pro Vita che esistono all’interno dei consultori, dove fanno una campagna di terrorismo psicologico. E sono spesso finanziate da Fratelli d’Italia“.
“Ma cosa c’entra col governo?”, incalza Specchia.
“Fratelli d’Italia è il partito di maggioranza del governo”, risponde Vagnoli.
Il giornalista ribatte: “Senta, abbia pazienza, lei ha uno slancio à la Susan Sontag molto efficace, quasi da femminismo anni ’60“.
“Ma voleva essere un insulto?”, insorge Serena Dandini.
“No”, risponde Specchia che riprende la sua crociata a difesa di Giorgia Meloni, accusando Vagnoli di pregiudizio e ribadendo che le associazioni Pro Vita non c’entrano nulla col governo Meloni.

In realtà, esponenti politici vicino ai movimenti Pro Vita nel governo Meloni ci sono e hanno nomi illustri: dalla ministra per la Famiglia Eugenia Roccella al sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano fino a Massimo Gandolfini, attivista storico pro Life e presidente nazionale dell’Associazione Family Day, nominato lo scorso aprile come consulente del governo Meloni al Dipartimento per le politiche antidroga.

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Gruber replica a Meloni: “Non abbiamo discusso della sua biografia, ma della cultura politica che esprime, anche intimidendo i cronisti”

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