Il brutale femminicidio di Giulia Cecchettin aumenta la drammatica lista di donne uccise, in un Paese dove le violenze e gli stupri ormai sono all’ordine del giorno e il corpo delle donne è diventato un campo di battaglia senza tregua. “Era un bravo ragazzo che le faceva anche i biscotti e che non avrebbe fatto male a una mosca”, leggiamo sulla stampa a proposito di Filippo Turetta, l’assassino di Giulia. Lo stesso ragazzo che ha “premeditato” il suo femminicidio, l’ha rapita, l’ha uccisa e ha gettato il suo cadavere scappando via all’estero e fermandosi solo quando ormai era senza più forze.

Allora è un mostro? No, perché non è un’eccezione. Dall’inizio dell’anno sono state uccise 105 donne, una ogni 3 giorni, e nessuna è morta per mano di un mostro mitologico ma quasi tutte per mano di uomini normalissimi che dicevano di amarle e che invece le consideravano oggetti da possedere. Filippo Turetta è uno di loro, non un bravo ragazzo, non un mostro, ma un figlio della subcultura patriarcale che trasuda di misoginia e sessismo. Uno dei tanti uomini che non accettano un no e pretendono di decidere della vita e della morte delle donne.

Donne che continuano ad essere viste dagli uomini come oggetti di proprietà di cui disporre a proprio piacimento. Da loro si pretende ubbidienza, sopportazione, soggezione: se questi pilastri vengono meno, crolla il potere maschile e scatta la violenza, nei casi estremi il femminicidio.

Le istituzioni hanno il dovere di favorire un cambiamento culturale e di estirpare alla radice i germi della violenza. Non basta l’ora di “educazione alle relazioni” nelle scuole superiori, in orario extracurricolare, per tre mesi l’anno, proposta dal ministro dell’istruzione Valditara né l’opuscolo contro la violenza pensato dal ministro della Giustizia Nordio. C’è solo un modo per contrastare questo fenomeno criminale ed è debellare il patriarcato e far prevalere la cultura della non violenza, del rispetto e della parità di genere: lo si fa educando i nostri figli sin dai primissimi anni di scuola attraverso un’educazione affettiva e sessuale che fornisca loro un alfabeto gentile delle emozioni e dei sentimenti.

Io ci credo così tanto che ho depositato una proposta di legge che ha l’obiettivo di rendere strutturale e sistemico l’insegnamento dell’educazione affettiva e sessuale nelle scuole di ogni ordine e e grado, prevedendo fondi appositi e la partecipazione di professionisti alla vita scolastica, per consentire agli studenti e alle studentesse di imparare a conoscersi e a conoscere l’altro. Nel prospettare l’introduzione di tale disciplina nei programmi scolastici e nei corsi di studio universitari, la proposta di legge fissa dei principi per condurre i ragazzi e le ragazze alla scoperta dei rapporti affettivi e al rispetto dell’altro genere come ad esempio, il rispetto delle regole, la rimozione dei pregiudizi, l’insegnamento della prevenzione di malattie sessualmente trasmissibili.

L’insegnamento della materia viene affidato sia a docenti formati che a figure specializzate in materia, come psicologi, psicoterapeuti e sessuologi esperti. Si stimola, inoltre, la promozione della collaborazione tra scuola e famiglia e l’integrazione della disciplina con esperienze extra-scolastiche coinvolgendo il mondo del volontariato, dei centri antiviolenza e del Terzo settore, nonché soggetti impegnati nel contrasto del bullismo e della violenza di genere.

Bisogna insegnare ai ragazzi ad accettare i no, i fallimenti, le delusioni, il rispetto della libertà altrui per evitare che crescano futuri adulti emotivamente analfabeti e incapaci di vivere relazioni sane.

Cosa aspettiamo allora ad approvarla? Quante altre donne dovranno essere ammazzate? Purtroppo la nostra politica moralista, ipocrita ed ideologica non è pronta a dare una risposta tempestiva e se ne dovrà assumere tutte le responsabilità. Si sta perdendo solo del tempo prezioso mentre ogni giorno continuiamo ad essere “una di meno” e per Giulia e per tutte le altre vittime di femminicidio non ci sarà mai vera giustizia.

Oggi il nostro Parlamento boccia l’educazione affettiva e sessuale definendola una “porcheria” e una “nefandezza”, perché vista come istigazione alla masturbazione infantile, alla sessualità precoce e alla teoria gender. Senza rendersi conto che chi dice tali assurdità dice porcherie.

Due anni fa affossava il disegno di legge Zan che avrebbe rappresentato una tutela in più per le vittime di omolesbotransfobia, mentre i media contribuiscono a rendere bestseller il libro di un generale che divide le persone in normali e non normali e promuove politiche d’odio. Fino a quando non avvieremo, attraverso l’educazione, a questa rivoluzione culturale, potenziali assassini saranno tra di noi e difficilmente potremo riconoscerli in anticipo perché in molti avranno la faccia del “bravo ragazzo”. Proprio come Filippo Turetta.

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