Oggi la tv festeggia il suo giorno in tutto il mondo. La giornata fu introdotta nel ’96, quando il mezzo era al culmine del suo sviluppo, internet era in fasce e i social non esistevano. Oggi è cambiato tutto ma a nostro parere essa resta ugualmente centrale, anche se non ha il ruolo del passato. In Italia poi la sua storia ha avuto una torsione particolare, viste le gravi cointeressenze tra il mezzo e la politica molto più forti che altrove. Tanto che se volessimo delineare i rapporti tra televisione e società italiana nel tempo, alla vigilia dei suoi 70 anni, potremmo distinguere quattro fasi (cui corrispondono altrettanti modelli di televisione).

In una prima fase la tv supporta ed alimenta lo sviluppo democratico del nostro paese, contribuisce, come altrove del resto, al nation building pur con qualche deficit negli anni iniziali in fatto di diffusione di cultura civica e valori collettivi. E’ il periodo della tv pedagogica che ha come referente il cittadino da formare. A questo fa seguito la fase dell’effervescenza e dell’apertura al mercato delle emittenze dopo le sentenze della Corte del ’74 e del ‘76: una fase ricca di energie e vivacità per un verso, ma sregolata per l’altro e purtroppo premessa del rapido instaurarsi di un duopolio di ferro che avrebbe finito per depauperare le potenzialità del settore. E’ il periodo della tv commerciale e dell’esplosione della pubblicità che elegge come referente non più il cittadino da formare ma il consumatore da conquistare.

La terza fase invece è segnata da uno stigma diremmo ‘politico’: è la tv che scende in campo, da un lato con la tv ‘militante’ ed arrembante che cerca di “raccontare la realtà con la realtà”, dall’altro con la stessa impresa privata che diventa forza politica. Un periodo che dura una decina d’anni o poco più, dentro il quale prende forma e forza il nuovo soggetto sociale della ‘gente’. Poi, dalla metà degli anni dieci del 2000, si assiste all’emergere della tv dei format, del consumo ibrido di spezzoni di tv su altri mezzi, dei reality show (una distorsione-perversione della tv realtà precedente), della serialità diffusa, dei talent: è la quarta fase, che potremmo definire ‘liquida’, della tv italiana.

Proprio questa ultima fase, quella che ha visto l’affermarsi sul piccolo schermo di una serialità infinita fatta di storie senza mai una conclusione, ha fatto parlare di “fine della fine”, inducendo ad un suggestivo parallelo tra la fine dei cicli narrativi tradizionali e la volatilità delle narrazioni politiche (vedi l’articolo di D.Ferrario, La fine della fine, La Lettura, 2/7/2023.). Non sapremmo dire se questa intrigante decodifica sia quella giusta, ma quello di cui siamo convinti è che forse sta proprio nell’anomalo sviluppo della tv italiana una delle ragioni dell’incidenza populista e della moltiplicazione dei partiti personali. E che la volatilità di molte leadership recenti abbia a che fare con le modalità ripetitive, seriali, con cui queste si sono proposte senza soluzione di continuità agli elettori anche dal piccolo schermo. Fenomeni che una generica sfiducia dei cittadini nelle istituzioni non basta a spiegare.

Inoltre se i partiti di oggi sono, come dire, ‘più personali’ di quelli pur esistiti nel passato, ciò è dovuto, oltre alla crisi delle organizzazioni, anche al ruolo della videopolitica e al suo peso. E’ abbastanza sospetto che proprio nella penisola siano nati il partito di Bossi, Berlusconi, Dini, Di Pietro, Cossiga, Grillo, Vendola, Renzi, Salvini, tanto per citare i primi che ci vengono a mente. Non sappiamo se sia un record, e forse lo è, ma probabilmente con la questione televisiva una relazione esiste e consiste nella sovraesposizione della politica e dei suoi rappresentanti, nell’uso distorto del video come arma politica, nella, infine, completa disponibilità sia del sistema pubblico che di quello privato nei confronti del potere.

Se si guarda all’elenco dei nomi dei leader citati non è difficile verificare la coincidenza dei loro successi con l’arco temporale in cui si realizzano i trionfi della telepolitica (1990- 2015). Del resto la televisione, insieme alla corruzione, ai cambiamenti costituzionali ed elettorali, è stata certamente uno degli elementi chiave della trasformazione italiana e della sua storia a cavallo del passaggio di secolo. Non ci risulta sia accaduta la stessa cosa negli altri paesi occidentali.

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