“La destra continua a non rispondere sulla nostra richiesta di inserire per legge una soglia minima oraria per i salari. La nostra battaglia in commissione Lavoro sarà senza quartiere. Domani chiederemo che venga ritirata la delega e impediremo che si voti l’emendamento-delega del governo Meloni, che rappresenta un vero e proprio colpo di spugna, un’umiliazione della democrazia parlamentare”. Lo annuncia ai microfoni di Radio Radicale il deputato del Pd Arturo Scotto, commentando l’ultima puntata del braccio di ferro tra il governo e le opposizioni (tranne Italia Viva) sul salario minimo.

Scotto ripercorre tutte le tappe della discussione fino all’ultima decisione della commissione Lavoro, presieduta dall’ex grillino Walter Rizzetto (ora in Fratelli d’Italia): un emendamento tombale che rimette tutto nelle mani del governo. “Il governo – osserva il parlamentare dem – ha deciso di prendere in mano la pratica sottraendo ancora una volta al Parlamento e alle opposizioni la potestà legislativa. Questo avviene attraverso un atto molto grave”.

E spiega: “Il salario minimo comincia a essere nell’agenda parlamentare un anno fa con mozioni votate in Parlamento. La commissione Lavoro poi ha avviato un ciclo di audizioni da fine febbraio a luglio. Alla fine di questo giro, la proposta unitaria delle opposizioni (tranne Italia Viva) viene messa ai voti. La destra presenta un emendamento soppressivo, poi decide di ritirarlo forse per i sondaggi e per buon senso e vota una sospensiva. La Meloni apre un tavolo e decide di delegare tutto al Cnel. Dopo 2 mesi – continua – il Cnel fa un report. La destra in Parlamento annuncia di avere questo report e quindi rinvia ancora di 2 mesi. A questo punto, del report del Cnel non c’è più traccia e non abbiamo neppure avuto la possibilità di audire il Cnel per rifiuto stesso del Cnel (il cui presidente è Renato Brunetta, ndr). Si ritorna allora in Commissione con un emendamento presentato dalla destra e con primo firmatario il presidente Walter Rizzetto, emendamento che mette tutto nelle mani del governo. Alla fine di tutto questo giro qual è il succo? Tu opposizione puoi anche presentare delle proposte ma siccome loro non sono in grado di bocciartele in Parlamento, affidano tutto al governo”.

Scotto aggiunge: “Sono contrario a questo emendamento delega per due motivi: uno è di principio e di metodo, perché una legge di iniziativa parlamentare deve essere trattata come tale. Non può diventare una delega al governo. È un assaggio di premierato, è l’idea che per loro conta il governo e il Parlamento è un soprammobile. Il secondo motivo è di merito: il salario minimo in quell’emendamento non c’è. È da un anno che discutiamo sul fatto che ci voglia un salario minimo per legge – conclude – e ci troviamo invece di fronte a una delega che non prevede il salario minimo, né un riferimento ai contratti più rappresentativi ma solo a quelli più applicati. Questo significa che a loro vanno bene evidentemente anche i contratti non firmati dalle più grandi organizzazioni sindacali e che molto spesso sono i contratti pirata. E non solo: quell’emendamento delega include le gabbie salariali, per cui se sei a Milano hai di più, se sei a Napoli prendi di meno”.

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