Dopo l’invasione russa dell’Ucraina e la conseguente introduzione delle sanzioni occidentali, l’Italia ha puntato molto sull’Algeria che è diventata il nostro primo fornitore di gas. Siamo un paese che dal gas dipende molto, copre circa il 40% del nostro fabbisogno energetico. Non solo per il riscaldamento ma anche per alimentare centrali elettriche. Ogni anno consumiamo 70 miliardi di metri cubi di gas. Fino a qualche tempo fa una trentina di miliardi arrivava da Mosca, ora questi flussi si sono molto ridimensionati. Per colmare il gap si è fatto ricorso alle importazioni del più costoso gas liquefatto, trasportato via nave per lo più da Qatar (primo finanziatore di Hamas) e Stati Uniti. E si è deciso di aumentando il più possibile le forniture dagli altri partner a cominciare da quello che era già il nostro secondo venditore, l’Algeria. Quello con il paese nordafricano d’altronde è un rapporto di lunga data, il gasdotto sottomarino Transmed che collega i due paesi, fu costruito nel 1978. Si sospetta che proprio il ruolo avuto da Eni nel paese che i francesi consideravano il loro cortile di casa, possa essere all’origine dell’omicidio di Enrico Mattei, avvenuto nel 1962. L’Italia e il suo braccio energetico qui hanno ed hanno sempre avuto grandi interessi. Una partnership rilanciata a gennaio con la firma tra rispettivi governi e aziende di accordi (il “piano Mattei”) per aumentare ulteriormente le forniture. Oggi Eni (controllata al 30% dal ministero dell’Economia) è la prima compagnia petrolifera internazionale per presenza nel paese.

Ma adesso c’è un nuovo problema. L’Algeria sostiene, come ha sempre fatto, Hamas, posizione ribadita con chiarezza anche subito dopo l’attacco dello scorso 7 ottobre. Un anno fa proprio ad Algeri fu firmato l’accordo di riconciliazione tra i leader di Hamas e quelli dell’altro fronte (laico) palestinese Al Fatah. Dall’Algeria arrivano in Italia circa 30 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Se fosse comprato ai prezzi di mercato vorrebbe dire pagare ogni anno alla statale Sonatrach una decina miliardi di euro. La cifra reale è certamente più bassa ma il gruppo Eni non rende noti i termini degli accordi (e così non è neppure possibile sapere quando ci guadagna). Tuttavia la classe dimensionale della cifra è quella dei miliardi di euro e chissà che un po’ di questi soldi non finiscano a finanziare anche milizie palestinesi. Per carità, quando si parla di petrolio e gas districarsi senza restare impigliati da qualche parte nel labirinto geopolitico è quasi impossibile. Finché queste fonti rimarranno prevalenti, una completa coerenza tra proclamati valori e scelte dettate dalla necessità è impercorribile quasi per chiunque. Certo, se la situazione in Medio Oriente dovesse degenerare più di quanto non lo è già e paesi simpatizzanti con la causa palestinese impegnarsi più attivamente, per Roma sarebbero problemi seri.

Tuttavia è interessante notare come i giornalisti di tante importanti testate italiane su questa gigantesca incongruenza non spendano una sola parola. Prontissimi a stigmatizzare le parole del presidente turco Recep Tayyip Erdogan quando definisce Hamas “gruppo di liberazione” o impegnatissimi a passare al setaccio qualsiasi cartellone o cartellino presente alle manifestazioni per la Palestina che dimostri un qualche sostegno per l’organizzazione paramilitare. Su Corriere, Repubblica o La Stampa è tutto un fiorire di condanne senza appello di chiunque provi timidamente a d accennare una contestualizzazione delle circostanze in cui si sono sviluppati gli episodi di violenza del 7 ottobre. Le loro pagine ospitano le invettive di opinionisti che si spingono a giustificare bombardamenti indiscriminati sui civili di Gaza per “estirpare il male”. Dei nostri rapporti con l’Algeria non parla nessuno. In fondo incrinare i rapporti con il paese nordafricano significherebbe gettare il paese in una crisi energetica ed economica che, non sia mai, potrebbe finire per toccare anche loro. Per di più Eni è uno dei più importanti e munifici inserzionisti italiani, possiede l’agenzia stampa Agi ed è uno dei grandi hub del potere italiano. E, come diceva il Manzoni in riferimento a Don Abbondio: “Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare”.

Enigate

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