Leggo su Wikipedia che una ministra dell’attuale governo è laureata all’Università Commerciale Luigi Bocconi. Visto che alcuni ministri sfoggiano lauree in università telematiche, mi ritrovo a pensare al significato di “commerciale”. Tanto tempo fa, quando c’erano gli istituti professionali, le “commerciali” formavano segretari/e, ed erano un gradino sotto i licei. Per me, la Bocconi è la Bocconi, non l’Università Commerciale Luigi Bocconi, e quindi immaginavo qualche furbesca assonanza con “la Bocconi” a mascherare un’università dove, pagando s’intende, si ottengono facili lauree, apparentemente prestigiose. E invece no. La Bocconi si chiama proprio “Università Commerciale Luigi Bocconi” e il suo motto è: Knowledge that matters.

Mi ispirai proprio alla Bocconi quando proposi un corso di laurea magistrale in inglese, all’Università del Salento: Coastal and Marine Biology and Ecology. La Bocconi aveva iniziato ad offrire corsi di laurea in inglese e copiai l’idea. Quel corso, poco seguito dagli studenti locali, attirò studenti dagli Usa, dalla Germania e da altre parti del mondo. Benissimo l’inglese, quindi. Il significato di quel motto è: Conoscenza che conta. Vale a dire: qui acquisirete la conoscenza che vale. Mi ricorda un po’ la frase cara a molti fisici: Nella scienza c’è solo la fisica, il resto è collezione di francobolli.

Ci sono branche della conoscenza che hanno una grande opinione di se stesse e pensano di venire “prima” delle altre, come l’America first di Donald Trump. Prima ci siamo noi, gli altri dopo. Oppure il Deutschland über alles dei tedeschi, sopra a tutti. Ma torniamo alla conoscenza che conta, della Bocconi. In effetti hanno ragione. Una laurea alla Bocconi conta. Il nostro paese ha avuto moltissimi bocconiani alla guida dei ministeri di maggior rilievo. A salvare il paese, dopo il disastro dell’ultimo governo Berlusconi, è stato chiamato Mario Monti, presidente della Bocconi. Mario Draghi, per gestire i fondi ottenuti da Giuseppe Conte, destinati in gran parte alla transizione ecologica, ha messo su una squadra molto bocconiana, aprendo la strada alla vittoria elettorale di Giorgia Meloni, dove alcune punte di diamante sono bocconiane, a compensare i diplomati e i laureati in università telematiche.

Il motto della Bocconi genera due domande: quali conoscenze contano, per attuare la transizione ecologica? Quale mancanza di conoscenze ha reso necessaria la transizione ecologica? La parola “transizione” suggerisce il transito da uno stato di cose indesiderato ad un altro, desiderabile. L’aggettivo “ecologica” suggerisce il transito da uno stato dove l’ecologia non trova posto ad uno dove è rilevante: lo stesso concetto espresso da Francesco con l’Enciclica Laudato Si’, dove chiede la conversione ecologica. La conversione, prima, e la transizione ecologica, poi, sono necessarie perché abbiamo disegnato lo stato di cose attuale senza tener conto dell’ecologia, causando un degrado ambientale che sta avendo conseguenze catastrofiche a livello sociale ed economico.

Fare economia senza tener conto dell’ambiente, pensando solo al commercio, non è buona economia: si generano costi a medio e lungo termine che non sono compensati dai guadagni a breve termine iniziali. I costi del degrado ambientale e climatico sono enormi, sia in termini economico finanziari, sia in termini sociali e geopolitici. Aver ignorato l’ambiente (oggetto di studio dell’ecologia) non è stata una buona scelta nell’indirizzare le conoscenze che “contano”, focalizzate esclusivamente al commerciale spiccio, senza tener conto delle conseguenze ambientali delle imprese.

All’Università Commerciale Luigi Bocconi non ci sono corsi che forniscano sufficienti conoscenze su come sia fatto e come funzioni l’ambiente. Chi esce da quei corsi di laurea non conosce la biodiversità e non sa come funzionano gli ecosistemi. Non sono conoscenze che contano. Il che non sarebbe poi una tragedia se i laureati commerciali di Bocconi fossero affiancati da chi ha queste conoscenze: mica si può sapere tutto! Il problema è che chi ignora l’ecologia viene chiamato a prendere decisioni che influenzano lo stato dell’ambiente e, visto che loro sono convinti di avere la conoscenza che conta, non ritengono necessarie altre conoscenze.

E ora siamo al capolavoro. Visti i danni generati dall’ignoranza sulla struttura e la funzione degli ecosistemi, chi si chiama ad attuare la transizione ecologica? Ma è chiaro! I laureati alla Bocconi! Sono loro a possedere la conoscenza che conta.

Gli scienziati, a migliaia, avvertono che questo modo di gestire l’economia porta a gravi costi ambientali, sociali ed economici, di solito sostenuti da chi gestisce la cosa pubblica. Quello che abbiamo guadagnato con imprese non sostenibili non basta a copire i danni rivenienti da quelle stesse imprese. Con un piccolo dettaglio: chi ha guadagnato dall’aver causato danni non viene chiamato a pagarli. Il riscaldamento globale ha responsabilità talmente diffuse che è difficile identificare i responsabili che, inoltre, avendo accumulato enormi profitti sono in grado di “influenzare” le decisioni politiche. Le convenzioni internazionali sulla sostenibilità sono invariabilmente disattese e le scadenze si rimandano di decennio in decennio. Nessuno, poi, ha intenzione di iniziare politiche volte alla sostenibilità mentre gli “altri” non lo fanno.

Propongo un motto per le università dove si insegna come funzionano gli ecosistemi: Knowledge that really matters. Senza queste conoscenze si fanno seri guai, anche al commercio.

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