Tanta carne al fuoco in questo novembre appena iniziato che ci lascia alle spalle una Festa del Cinema di Roma ricca di opere prime. Una è Suspicious Minds, ora anche in sala, ma in concorso ad Alice nella Città. In un hotel romano una coppia di ventenni ne incrocia una di quasi cinquantenni. La ragazza e il marito della donna rimangono casualmente bloccati in ascensore per alcune ore e all’apertura delle porte un gioco di gelosie incrociate e sospetti accompagnati dalla lenta ricostruzione in flashback montano tutta la vicenda in un quasi thriller sotto l’ombra del tradimento. La regia di Emiliano Corapi fa il suo senza particolari invenzioni, ma dal buon cast con Francesco Colella e Thekla Reuten (la coppia sposata), più Oscar Matteo Giuggioli e Amanda Campana (la coppia giovane), è proprio l’ultima attrice, toscana di 25 anni, a emergere con magnetismo e convincente levità. Già buono il suo lavoro su una ragazza trasgressiva in Space Monkeys di Aldo Iuliano, l’interpretazione della Campana stavolta le è valso il Premio Rb Casting alla Miglior Giovane Interprete Italiana.

Sempre a Roma, ma in concorso ufficiale ha partecipato Holiday, ultima fatica di Edoardo Gabbriellini che si è cimentato in un teen/legal drama incentrato su questa ragazza scarcerata dopo due anni di detenzione per il brutale omicidio di sua madre e dell’amante. Al suo fianco l’ambigua amica di sempre e un padre cuor di leone. La sceneggiatura scorre all’inverso, su una dinamica di rimandi temporali un po’ come il Memento di Nolan, e per questo la storia si ricostruisce con mistero e gradualità. Alla produzione partecipa Luca Guadagnino, e resta pure onorevole il tentativo di uscire dal seminato, magari non riuscitissimo perché a volte la narrazione si attorciglia. La direzione degli attori però è molto asciutta, e tutto sommato l’uscita evento di pochi giorni ne rispecchia un’ipotizzabile predisposizione all’intrattenimento da piattaforma.

L’opera prima del momento rimane comunque C’è ancora domani, esordio di Paola Cortellesi dietro la macchina da presa ancor più luminoso del previsto. Non solo per i 7 milioni di euro (ad oggi) incassati ai botteghini e i sold out del suo generoso tour nelle sale italiane, ma per aver preso uno spunto ambientale ed estetico dal neorealismo. La vicenda della sua Delia si svolge infatti nel dopoguerra romano in prossimità del referendum tra Monarchia e Repubblica, dove si votò anche per l’Assemblea Costituente di una nuova Italia con il nostro primo suffragio universale.

Cortellesi fonde con maestria dramma e commedia, del resto la sua lunga esperienza televisiva da comica e poi brillante al cinema le hanno dato una tale caratura sui tempi, che anche da regista riesce a trasferire al suo cast nel suo “set gentile”. Con questa elegia femminista ante-litteram utilizza un linguaggio attualissimo e musicale in tutti i sensi facendoci pensare a Spike Jonze o a certe atmosfere da Mai Dire Gol con un romantico Vinicio Marchioni. Ma dal freddo David Emanuela Fanelli a nuove leve come Romana Maggiora Vergano e Francesco Centorame, passando per gli aguzzini patriarcali Mastandrea e Colangeli, ogni attore è sopraffino. La regista/protagonista riesce a commuove facendo ridere di cuore. E un po’ sfacciatamente ma soprattutto a grande sorpresa come i comici che saltano sulle sedie, con questo suo lavoro si piazza tra Cenerentola e Miseria e nobiltà. Alla Festa del Cinema XVIII ha vinto ben 3 premi. E chissà che non sia solo l’inizio.

Un altro italiano in sala è il Comandante di Edoardo De Angelis. Tratto da una reale vicenda accaduta durante la Seconda Guerra Mondiale, il regista partenopeo ci infila in un sommergibile italiano insieme al suo equipaggio capeggiato da Pierfrancesco Favino, qui il Comandante Salvatore Todaro. È una storia che si scolla dal fascismo con l’umanità degli soldati/marinai e della legge del mare. Ci parla di comprensione degli uomini dietro l’esser nemici, e di un grande atto di pietas assente dai libri di storia. Produzione importante con un cast di facce profondamente incisivo, costituisce ottima prova per un regista abituato ad altri registri narrativi e produttivi che mai si era cimentato in questo genere. Uscito il 31 ottobre, ha macinato 1,7 milioni d’incasso, e insieme alla Cortellesi stampa un sorriso bello grosso sul cinema nostrano.

E giungiamo al momento di Martin Scorsese. Giù il cappello per questo monumento vivente. Dopo la reunion di amici capricciosamente costosa per il crime The Irish Man, il Maestro ci regala un western crepuscolare sporco di sangue e petrolio. Il suo Killers of the Flower Moon si rifà all’omonimo romanzo di David Grann basato su una storia vera, ambientandolo negli Usa di 100 anni fa. Racconta la genesi moderna dell’ultima conquista capitalistica, cannibale, degli americani bianchi a spese dei fortunosamente arricchiti Nativi Americani, gli Osage. DeNiro e DiCaprio di nuovo insieme dopo tantissimi anni dipingono sulle loro facce invidia e ferocia per il potere rappresentato dal denaro, mentre la nuova stella è Lily Gladstone. Chissà se l’Academy si piegherà alla sua grandezza o lo snobberà per la sua urgenza scomoda.

Prodotto da Apple+ intanto nelle sale del pianeta ha totalizzato 120 milioni di dollari al box office. Il consiglio è di (ri)vederlo in lingua originale sottotitolato, magari al primo spettacolo perché dura 3 ore e mezza, è molto impegnativo e vi stimolerà discussioni e riflessioni da condividere tra aperitivo e cena. Ma vi disseterà e vi sfamerà di grande cinema come poche cose ultimamente.

Visto che è un grande estimatore di cinema nipponico, chissà se Scorsese lo ha visto Foto di famiglia di Ryôta Nakano. E cosa ne penserebbe. Ad ogni modo, pur in sala già da alcuni giorni, vi consiglio vivamente una caccia al tesoro e di sala cinematografica per questo gioiellino di positiva umanità che ritrae in tutti i sensi la vicenda e i sogni della famiglia Asada. Masashi, il figlio minore e creativo fotografo, inventerà dei modi originalissimi, prima per farsi un nome con l’arte compositiva della fotografia e poi utilizzandola per restituire ricordi ai terremotati giapponesi del 2011. Tra relazioni fraterne, genitoriali e matrimoniali di sana verità, è una di quelle storie che restano nel cuore. Datato 2020 ma arrivato da noi soltanto adesso grazie alla distribuzione Officine Ubu, possiamo collocarlo tra le migliori cose attualmente nelle sale italiane.

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