Televisione

Corrado Augias e l’addio (con polemica) alla Rai: cade l’ultimo mattone dello storico servizio pubblico

Da Telefono Giallo a Le Storie – Diario Italiano, il congedo dell’elegante, posata e intramontabile colonna Rai che ha fatto la storia. Solo che oggi, al netto della naturale lottizzazione, sembra mancare una banda Guglielmi o il tocco Bernabei per il nuovo corso

di Davide Turrini

“Questo governo incompetente mi ha spinto via”. Un altro pezzo storico della Rai se ne va su un altro canale. Comunque la si pensi, la fuga dell’88enne Corrado Augias verso l’arcipelago Cairo editore, dirimpettaio privato sul tasto numero sette del telecomando, sancisce la smobilitazione definitiva dell’intero pacchetto culturale-politico degli ultimi quarant’anni di servizio pubblico. Nouvelle vague tv nata, molto anima e core, sotto il cavolo creativo della Rai3 di Angelo Guglielmi – Augias viene da lì, come del resto Fazio –, ma anche legata a doppio filo dalle fondative radici democristiane. Mamma Rai che si fa cuginetta di terzo grado, insomma. Parente ormai irriconoscibile di quella cifra estetica ed etica che ha dipinto le traiettorie dei palinsesti dagli approfondimenti giornalistici pre talk ai varietà comici in seconda serata o perfino quei gioielli antesignani di tanto pattume crime da rotocalco tv contemporaneo come quel Telefono Giallo che rese noti al pubblico tv proprio Augias, la futura conduttrice del cult Chi l’ha visto?, Donatella Raffai, e che vedeva tra gli autori nientemeno che Franca Leosini.

Un passo indietro proprio per l’esordio di Augias in tv. Telefono giallo era davvero uno squarcio proibitissimo da film del terrore sui grandi misteri irrisolti di cronaca nera italiani. Il conduttore in piedi, gli ospiti seduti e quel telefono giallo in mezzo allo studio che poteva squillare da un momento all’altro. Chi sa parli. E ogni tanto lo squillo arrivava. E lo spettatore, ovviamente, saltava sulla poltrona. Non c’erano ancora i social e l’esclusività di una gola profonda in diretta tv che poteva “parlare” faceva prima di tutto spavento. Ustica, Orlandi, Carlotto, Mostro di Firenze (ancora in ipotetica azione, siamo negli anni ottanta) furono solo alcuni dei casi affrontati. Lo spiega bene Augias nell’intervista rilasciata al Corriere di oggi: “Non abbiamo soldi per fare gli sceneggiati, ma ti darò una trasmissione che sarà il nostro sceneggiato”, gli disse Guglielmi affidandogli la storica conduzione di Telefono Giallo.

Insomma, Augias è stato prima di tutto questa cosa geniale qui: un elegante, razionale alto signore alle prese con orrorifici schizzi di sangue della storia. Sulla scia del successo di Telefono Giallo, Augias costruisce grazie alle interviste esclusive del programma Babele quello che poi strutturerà in maniera definitiva nel 2003 con Le storie – Diario italiano: l’idea di un posato, colto e solido conduttore-divulgatore in una striscia di approfondimento culturale, qui definitivamente posizionato all’ora di pranzo. Nel mezzo – gli anni Novanta – ci sono la scappatella infausta a Telemontecarlo dell’allora Montedison e l’impegno da parlamentare europeo da indipendente con il PDS dal 1994 a 1999. Insomma, Viale Mazzini anni duemila ha il volto di questo aggraziato signore, britannico nell’aplomb, dalle ottime letture, che non sbraita mai, sorta di figura fondamentale per una tv che offre un serio servizio pubblico tra arti e lettere.

Poi è chiaro, Augias non ha mai nascosto il suo orientamento politico e l’evo berlusconiano ne ha accentuato la radicalizzazione di pensieri e parole. Del resto, come dire, è la lottizzazione bellezza. I partiti che vincono passano all’incasso. Ma questa volta, in questo balletto del “non mi mandano via, sono io che me ne vado” si chiude un’epoca, forse in affanno, forse in ulteriore trasformazione, ma pur sempre un pezzo robusto e significativo di storia del servizio pubblico, per nulla simile al caso Fazio, anzi proprio al contrario, relegata a fasce con basse entrate pubblicitarie, che si esaurisce. E qui viene il bello, anzi il brutto, per la Rai. Pur nella ovvia contrapposizione politica della logica lottizzata la nuova destra al potere non ha pronta la sua banda Guglielmi, ma nemmeno il tocco Bernabei, o anche solo un Augias più conservatore. Tra il vecchio usato sicuro e l’ipotetico nuovo c’è il vuoto. Pagato, come sempre, dai contribuenti.

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