L’indagine Mafia e appalti è la pista palestinese della strage di via d’Amelio. È con questo paragone che Fabio Repici, avvocato di Salvatore Borsellino, ha spiegato alla commissione Antimafia il suo parere sul dossier del Ros dei carabinieri. “L’analisi di una mole di documenti significativa, che ho portato alla vostra attenzione, mi consente di dire, serenamente, che la causale mafia-appalti la possiamo definire una sorta di pista palestinese su via D’Amelio se vogliamo richiamare il tentativo di depistaggio avvenuto per la strage alla stazione di Bologna“, ha detto il legale, proseguendo la sua audizione a Palazzo San Macuto.

“Propaganda mistificatoria su Mafia e appalti” – A indicare l’interesse di Borsellino per il dossier su Mafia e appalti come unico movente dietro alla strage di via d’Amelio è stato, durante la sua lunga audizione, Fabio Trizzino, marito di Lucia Borsellino. L’avvocato, che rappresenta i figli del magistrato ucciso il 19 luglio 1992, condivide dunque la stessa convinzione di Mario Mori, l’ex generale del Ros processato e assolto per la cosiddetta Trattativa tra pezzi dello Stato e Cosa nostra. Come ha raccontato Il Fatto Quotidiano, però, i buchi neri sul dossier dei carabinieri sono stati ampiamente chiariti in passato. E in ogni caso Mafia e appalti non basta per giustificare l’accelerazione del piano di morte per Borsellino. Come non basta per rispondere a molte delle domande rimaste inevase sul periodo delle stragi. Anche Repici ne è convinto. “Dissento anche dal mio assistito Salvatore Borsellino, secondo cui il dossier mafia-appalti potrebbe esere stata una concausa“, ha spiegato l’avvocato. “Io dico – ha aggiunto – che non è stata neanche una concausa: pensare che un generale e un tenente colonnello dei carabinieri si siano tenuti questo segreto fino al 1997 è una cosa inenarrabile. Quando per la prima volta Mori e De Donno tirarono fuori le indagini mafia-appalti, fu per legittimi interessi difensivi”. Il riferimento è al fatto che i due carabinieri aspettarono più di cinque anni dopo la strage per riferire dell’incontro avuto con Borsellino il 25 giugno all’interno della caserma Carini di Palermo: dissero che fu organizzato per discutere di quell’indagine sugli accordi tra Cosa nostra, l’imprenditoria e la politica. “La propaganda mistificatoria della realtà su Mafia appalti – ha sostenuto Repici – è la stessa che nel 1992-93 nascondeva la completa informazione sui curricula di quegli uomini: mi ha lasciato enormemente impressionato quando appresi che un noto geometra della provinca di Caltanissetta, Giuseppe Li Pera (uno dei principali indagati in Mafia e appalti ndr), era tornato a fare l’imprenditore, destinatario di sequestri di beni arrivato a confisca nel 2022 o 2023. La cosa che mi ha impressionato è che in quegli anni, nel 2018 al momento del sequestro, Li Pera aveva avviato collaborazione con una società fondata dall’ex colonnello De Donno e con principale colaboratore Mori. Percorsi che in origine avevano avuto un indirizzo, trovavano nuova connessione a decenni di distanza”.

“Nessun fascicolo su Mutolo nella borsa di Borsellino” – Non è l’unico passaggio in cui il legale ha smentito alcune affermazioni fatte da Trizzino in Antimafia. Il marito di Lucia Borsellino, per esempio, aveva sostenuto che il giudice tenesse il fascicolo con le dichiarazioni del pentito Gaspare Mutolo nella sua valigetta il giorno della strage. “Il 5 novembre del 1992 – ha spiegato Repici – l’autorità giudiziaria di Caltanissetta fece un’attività formale con la quale fu repertato il contenuto della borsa di Borsellino, scomparsa dall’auto il 19 luglio ’92 e rinvenuta, non si capisce bene come, nei giorni precedenti nell’ufficio di Arnaldo La Barbera. Naturalmente nella borsa non venne rinvenuta l’agenda rossa ma il dato che mi permetto di segnalare è che è un dato fuori dalla realtà, anzi contrario alla realtà, il fatto che nella borsa ci fosse un fascicolo relativo a Gaspare Mutolo”. Come è noto, infatti, nella borsa era presente l’agenda marrone che Borsellino usava come rubrica telefonica, un mazzo di chiavi, le sigarette e un costume ancora bagnato. “Il contenuto della borsa è quello repertato e l’unico elemento mancante era l’agenda rossa”, ha continuato Repici che “questo dato è pacifico”.

“Sull’agenda rossa trascuratezza e omissioni” – L’agenda rossa era un diario che Borsellino aveva cominciato a usare dopo la strage di Capaci: vi appuntava le sue opinioni relative alle indagini e chissà cos’altro. Non faceva mai vedere a nessuno il contenuto di quell’agenda, dalla quale non si separava mai. Repici ha insistito particolarmente sulla scomparsa dell’agenda rossa dalla valigetta di Borsellino, subito dopo la strage. “La sottrazione dell’agenda rossa è stata la principale spinta dell’impegno di Salvatore Borsellino e di chi ha collaborato con lui nel tentativo di sottrarre, al buio delle investigazioni, elementi importanti”, ha spiegato l’avvocato del fratello del magistrato, aggiungendo che quella “sull’agenda rossa” è stata “la frazione di accertamenti sulla strage più vittima di trascuratezza e omissione da parte degli uffici giudiziari”. Per Repici “tutto ciò che sappiamo sulla sparizione dell’agenda rossa, per paradosso, lo sappiamo grazie all’iniziativa di privati cittadini”. Il riferimento è al lavoro di Angelo Garavaglia Fragetta, tra i fondatori del movimento Agende rosse, che ha messo insieme tutti i frame dei video girati in via d’Amelio dopo la strage, realizzando un filmato che mostra in diretta i movimenti della valigetta di Borsellino. Il legale ha quindi invitato la commissione a indagare sulla scomparsa dell’agenda: “A distanza di 31 anni dalla strage di via D’Amelio non è stata fatta da alcuna autorità una integrale acquisizione di tutta la documentazione relativa ai minuti e alle ore successive alla strage di via D’Amelio”, ha detto Repici. Che poi si è rivolto ai membri della commissione: “Potreste essere voi la prima istituzione del Paese a riuscire a raccogliere in modo integrale tutta la documentazione video di quanto accadde in via D’Amelio”.

Secretato il seguito dell’audizione – La questione della scomparsa dell’agenda rossa dal luogo della strage ha da sempre animato l’attività di Salvatore Borsellino. “Una vera verità e giustizia sulle stragi che hanno insanguinato la storia del nostro Paese non può prescindere dal fatto che vengano messi in luce quali apparati hanno sottrattato l’agenda rossa di Paolo Borsellino, hanno cancellato il contenuto dei dischi del database di Falcone e hanno sottratto i documenti contenuti nella cassaforte di Carlo Alberto Dalla Chiesa“, ha detto il fratello del giudice ucciso in via d’Amelio. “Da questi fatti bisogna partire se davvero si vuole una vera verità e una vera giustizia e non una verità di comodo, confezionata per nascondere all’opinione pubblica altre terribili verità che mancano alla storia del nostro Paese o per l’esigenza di ripulire la storia del nostro Paese a vantaggio dell’una o dell’altra parte politica”. L’audizione di Repici e Borsellino proseguirà nei prossimi giorni. L’avvocato ha anche chiesto di secretare la parte finale della sua relazione, la cui data sarà ufficializzata nel prossimo ufficio di presidenza della commissione.

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